Drama storico/sentimentale
(È la continuazione di Lovers... non so perché siano stati divisi e denominati diversamente: è sempre lo stesso film/drama, e quindi riporto qui la recensione che avevo scritto per Lovers, arricchita di alcune considerazioni nate riguardandolo.)
Rivedendolo, ho apprezzato moltissimo la recitazione di tutto il cast: davvero di altissimo livello, credibile, intenso, mai fuori posto. Ma soprattutto mi ha colpita ancora di più Nam Goong Min, capace di reggere da solo intere scene con sfumature emotive ricchissime. Ogni suo sguardo, pausa o gesto è calibrato in modo magistrale: un’interpretazione che, a distanza di tempo, mi ha conquistata ancora di più.
Nel drama ho intravisto tre ispirazioni o rimandi da cui gli sceneggiatori hanno attinto.
La prima ispirazione (molto evidente fino al terzo/quarto episodio) è il colossal Via col vento. È un chiaro rifacimento coreano del film del 1939, con la differenza della guerra — civile in Via col vento, di difesa dall'invasione cinese qui. Ritroviamo la storia d’amore, l’eroina che da frivola civetta diventa una donna matura, capace di proteggere chi ama, riconoscere il vero amore, sacrificarsi per gli altri. Una trasformazione che passa attraverso la catarsi della sofferenza vissuta sulla propria pelle.
Il secondo richiamo riguarda proprio il personaggio principale, Lee Jang Hyun, interpretato da un Nam Goong Min che avevo già apprezzato nella sua versione gigionesca in Chief Kim, divertente e dissacrante. Qui invece ci troviamo davanti a un personaggio che rimanda a Schindler’s List. Come Oskar Schindler, anche lui parte come uomo cinico e apparentemente senza scrupoli, ma il contatto con la sofferenza disumana delle persone lo trasforma: fa emergere la grandezza della sua umanità e lo spinge a mettere in gioco vita e risorse per salvare altri esseri umani. È lui il vero eroe del drama: una sorta di Schindler coreano.
La terza citazione non rimanda a un film preciso, ma alla Storia — quella con la S maiuscola — delle nazioni e dei popoli schiacciati da purghe e sofferenze inenarrabili in nome di una visionaria idea del “bene del popolo”. Dalla Rivoluzione d’Ottobre alle dittature staliniste, dalle applicazioni del marxismo in Russia e Cina fino ai regimi che ancora oggi si fondano su ideologie umanistiche o religiose assolutizzate. Nel drama la sceneggiatura sottolinea come queste visioni — con parole come “lealtà”, “pietà filiale”, “benevolenza”, “fiducia” — diventino strumenti di potere, utili solo a chi comanda, e finiscano per opprimere le persone e il popolo.
È un filmone che, come Guerra e Pace, è lungo, molto prolisso, con scene in cui i personaggi parlano con una lentezza esasperante, come se stessero scegliendo le parole in quel preciso momento. All’inizio infatti l’avevo droppato… poi, con calma (vista la quantità di attori eccellenti, mezzi e fotografia messi in campo), l’ho ripreso. E sono arrivata fino in fondo.
Rivedendolo, ho apprezzato moltissimo la recitazione di tutto il cast: davvero di altissimo livello, credibile, intenso, mai fuori posto. Ma soprattutto mi ha colpita ancora di più Nam Goong Min, capace di reggere da solo intere scene con sfumature emotive ricchissime. Ogni suo sguardo, pausa o gesto è calibrato in modo magistrale: un’interpretazione che, a distanza di tempo, mi ha conquistata ancora di più.
Nel drama ho intravisto tre ispirazioni o rimandi da cui gli sceneggiatori hanno attinto.
La prima ispirazione (molto evidente fino al terzo/quarto episodio) è il colossal Via col vento. È un chiaro rifacimento coreano del film del 1939, con la differenza della guerra — civile in Via col vento, di difesa dall'invasione cinese qui. Ritroviamo la storia d’amore, l’eroina che da frivola civetta diventa una donna matura, capace di proteggere chi ama, riconoscere il vero amore, sacrificarsi per gli altri. Una trasformazione che passa attraverso la catarsi della sofferenza vissuta sulla propria pelle.
Il secondo richiamo riguarda proprio il personaggio principale, Lee Jang Hyun, interpretato da un Nam Goong Min che avevo già apprezzato nella sua versione gigionesca in Chief Kim, divertente e dissacrante. Qui invece ci troviamo davanti a un personaggio che rimanda a Schindler’s List. Come Oskar Schindler, anche lui parte come uomo cinico e apparentemente senza scrupoli, ma il contatto con la sofferenza disumana delle persone lo trasforma: fa emergere la grandezza della sua umanità e lo spinge a mettere in gioco vita e risorse per salvare altri esseri umani. È lui il vero eroe del drama: una sorta di Schindler coreano.
La terza citazione non rimanda a un film preciso, ma alla Storia — quella con la S maiuscola — delle nazioni e dei popoli schiacciati da purghe e sofferenze inenarrabili in nome di una visionaria idea del “bene del popolo”. Dalla Rivoluzione d’Ottobre alle dittature staliniste, dalle applicazioni del marxismo in Russia e Cina fino ai regimi che ancora oggi si fondano su ideologie umanistiche o religiose assolutizzate. Nel drama la sceneggiatura sottolinea come queste visioni — con parole come “lealtà”, “pietà filiale”, “benevolenza”, “fiducia” — diventino strumenti di potere, utili solo a chi comanda, e finiscano per opprimere le persone e il popolo.
È un filmone che, come Guerra e Pace, è lungo, molto prolisso, con scene in cui i personaggi parlano con una lentezza esasperante, come se stessero scegliendo le parole in quel preciso momento. All’inizio infatti l’avevo droppato… poi, con calma (vista la quantità di attori eccellenti, mezzi e fotografia messi in campo), l’ho ripreso. E sono arrivata fino in fondo.
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