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Noia e buoni sentimenti
La serie racconta una relazione di coppia alle prese con la perdita dell’udito, con attori bravissimi che riescono a rendere la sofferenza personale di un giovane intelligente e talentuoso, che proprio alla fine del liceo comincia a perdere l’udito.
All’inizio, la chiusura del protagonista verso le relazioni affettive e amicali è comprensibile: la fase di shock e il percorso di accettazione sono reali e naturali. Tuttavia, la sceneggiatura esagera, trasformando il personaggio in un individuo morbosamente problematico. Tutti intorno a lui si sacrificano per capirlo e supportarlo, ma il suo egocentrismo doloroso rischia di compromettere i legami più preziosi.
Anche il personaggio femminile soffre per questo: la sceneggiatura non le offre dialoghi capaci di alleggerire la tensione con un po’ di humor, limitandola invece a farla piangere e annullarsi dietro le farneticazioni del protagonista.
L’happy ending c’è, ma il percorso per arrivarci è estenuante: dialoghi ed eventi procedono con una lentezza esasperante. Avendo conosciuto personalmente persone con problemi di udito, il ritratto della serie appare eccessivamente melodrammatico e poco realistico rispetto a come queste persone vivono, lavorano e costruiscono relazioni.
In sintesi, Silent è un lavoro ben recitato, ma la sceneggiatura appesantisce eccessivamente un tema che poteva essere trattato con maggiore verità e leggerezza.
All’inizio, la chiusura del protagonista verso le relazioni affettive e amicali è comprensibile: la fase di shock e il percorso di accettazione sono reali e naturali. Tuttavia, la sceneggiatura esagera, trasformando il personaggio in un individuo morbosamente problematico. Tutti intorno a lui si sacrificano per capirlo e supportarlo, ma il suo egocentrismo doloroso rischia di compromettere i legami più preziosi.
Anche il personaggio femminile soffre per questo: la sceneggiatura non le offre dialoghi capaci di alleggerire la tensione con un po’ di humor, limitandola invece a farla piangere e annullarsi dietro le farneticazioni del protagonista.
L’happy ending c’è, ma il percorso per arrivarci è estenuante: dialoghi ed eventi procedono con una lentezza esasperante. Avendo conosciuto personalmente persone con problemi di udito, il ritratto della serie appare eccessivamente melodrammatico e poco realistico rispetto a come queste persone vivono, lavorano e costruiscono relazioni.
In sintesi, Silent è un lavoro ben recitato, ma la sceneggiatura appesantisce eccessivamente un tema che poteva essere trattato con maggiore verità e leggerezza.
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