This review may contain spoilers
Cliché su cliché, trama noiosa, unica salvezza Song Joong Ki: abbandonata senza rimpianti.
Sono arrivata al sesto episodio di My Youth (la serie è ancora in corso) e ho deciso di interrompere la visione. Mancava ancora metà strada per arrivare alla fine, ma la sensazione era chiara: non valeva la pena investire altro tempo.
La trama mi è sembrata un lungo "copia-incolla" di elementi già visti e rivisti in tanti altri drama. Il continuo ritorno al passato per spiegare le sofferenze del protagonista non aggiunge nulla di originale: il ragazzo segnato da un’infanzia tragica (madre suicida, padre assente che lo abbandona dopo aver sfruttato i suoi soldi, una sorellastra da crescere sulle sue spalle, debiti da saldare nonostante fosse minorenne) è un cliché portato all’estremo.
Il tutto si intreccia a una storia d’amore che fatica a decollare: lei rifiutata dal protagonista a vent’anni, ricompare dieci anni dopo, lo tiene sulle spine per episodi interi e si dichiara soltanto quando lui scopre di avere una malattia rara che minaccia la sua vita. Una costruzione narrativa che, più che emozionare, risulta stanca e artificiosa.
I dialoghi mancano di spessore e la direzione della storia sembra smarrita, senza un contenuto forte che regga il melodramma. L’unico motivo che mi ha trattenuta fino al sesto episodio è stata la presenza di Song Joong Ki, attore che apprezzo e che, pur facendo un lavoro dignitoso, non riesce a salvare una sceneggiatura così debole.
In definitiva, ho già dedicato sei ore a questa visione e non intendo investirne altre. Non consiglio la serie: è noiosa, priva di originalità e con uno sviluppo forzato che non lascia nulla.
La trama mi è sembrata un lungo "copia-incolla" di elementi già visti e rivisti in tanti altri drama. Il continuo ritorno al passato per spiegare le sofferenze del protagonista non aggiunge nulla di originale: il ragazzo segnato da un’infanzia tragica (madre suicida, padre assente che lo abbandona dopo aver sfruttato i suoi soldi, una sorellastra da crescere sulle sue spalle, debiti da saldare nonostante fosse minorenne) è un cliché portato all’estremo.
Il tutto si intreccia a una storia d’amore che fatica a decollare: lei rifiutata dal protagonista a vent’anni, ricompare dieci anni dopo, lo tiene sulle spine per episodi interi e si dichiara soltanto quando lui scopre di avere una malattia rara che minaccia la sua vita. Una costruzione narrativa che, più che emozionare, risulta stanca e artificiosa.
I dialoghi mancano di spessore e la direzione della storia sembra smarrita, senza un contenuto forte che regga il melodramma. L’unico motivo che mi ha trattenuta fino al sesto episodio è stata la presenza di Song Joong Ki, attore che apprezzo e che, pur facendo un lavoro dignitoso, non riesce a salvare una sceneggiatura così debole.
In definitiva, ho già dedicato sei ore a questa visione e non intendo investirne altre. Non consiglio la serie: è noiosa, priva di originalità e con uno sviluppo forzato che non lascia nulla.
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