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  • Last Online: Nov 19, 2025
  • Location: italia
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Hwa Jung, the Princess of Light korean drama review
Completed
Hwa Jung, the Princess of Light
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by baraonda
Oct 6, 2025
50 of 50 episodes seen
Completed
Overall 6.0
Story 5.0
Acting/Cast 5.0
Music 6.0
Rewatch Value 1.0

Anche gli imperatori piangono.

Il drama coreano che avrebbe voluto raccontare i sofisticati giochi di potere della corte imperiale, ma finisce per somigliare più a una riunione di condominio gestita da nobili smemorati. Tutti complottano, nessuno sa perché, e il verbale dell’ultima puntata è sparito insieme alla logica.
Si parte in grande stile: sguardi taglienti, tradimenti cesellati e cappelli così monumentali da meritare un titolo nobiliare. Poi, lentamente, tutto deraglia in un labirinto narrativo dove i personaggi svaniscono, le alleanze cambiano come il meteo e l’imperatore passa dalle lacrime disperate alle condanne capitali nel giro di un’inquadratura. Diagnosi: bipolarismo narrativo acuto.
Il primo imperatore ha una moglie, un figlio e, probabilmente, un harem: il classico ecosistema domestico/imperiale che sparisce all’improvviso, senza un addio né un comunicato ufficiale. Nessuno se ne accorge, nessuno chiede spiegazioni. Forse sono evaporati in un incidente di sceneggiatura.
Poi c’è la protagonista, data per morta, che ritorna come se niente fosse: nessuno le domanda “Scusa, ma dov’eri finita?”. Forse era in vacanza in un’altra dimensione narrativa, o intrappolata in una sottotrama scartata in post-produzione.
E naturalmente c’è l’innamorato devoto, l’uomo che la chiama “Vostra Grazia”, la osserva da lontano come una reliquia sacra e sviene se le sfiora il polso. Un amore così puro da sembrare un corso di galateo tenuto in un monastero zen.
Quando finalmente pensi di aver capito qualcosa… bam!: nuovo imperatore, nuovi intrighi e nuovi malintesi cosmici. La trama si piega su se stessa come un origami di seta impazzito, e la politica diventa un esperimento di fisica quantistica mascherato da melodramma storico.
Dopo cinquanta episodi, lo spettatore non sa più chi comanda, chi è morto, chi è risorto o chi semplicemente ha cambiato pettinatura. Una sola certezza: la “politica splendida” del titolo si è trasformata in un carnevale barocco, dove nessuno balla, ma tutti piangono con eleganza e citano Sun Tzu come se fosse un poeta romantico.
I bambini crescono, ma gli adulti restano identici, fatta eccezione per due baffi e una spolverata di barba, giusto per dire “è passato del tempo”.
In definitiva, Splendid Politics non è solo un drama: è un’esperienza mistica di smarrimento collettivo, un labirinto di sete, lacrime e logiche invisibili.
Non si guarda per capire, ma per perdersi con stile.
La splendida politica era solo un sogno… e noi, gli inconsapevoli consiglieri di corte.
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