Cosa viene dopo l'amore? L'amore stesso e il rimpianto. Un racconto di solitudine...
Drama delicato e intimo, molto lento (non nell'accezione negativa) e introspettivo sul tentativo di elaborazione di una storia d'amore molto vissuta ma finita male, quindi incompiuta.
Il lavoro si sviluppa attraverso continui ricordi di una storia d'amore a Tokyo da parte di una coppia interrazziale ( lui giapponese, lei coreana) . 6 episodi da 50 minuti effettivi ciascuno. Un lavoro meditativo e profondo, non per tutti. È una storia che ha per protagonista maschile uno scrittore e per tema la narrazione come mezzo per comprendere e ricondurre l'esperienza personale.
E' una storia che finisce per mutuali incomprensioni. Una donna straniera senza appoggi o reti di supporto, con un senso di solitudine interiore che la divora, mentre cerca il proprio posto nel mondo scappa dal proprio paese, e uno scrittore con un trauma di abbandono materno che cerca di realizzare il proprio sogno districandosi tra un'infinità di lavori per potersi mantenere ma anche al tempo stesso lo alienano relegandolo in una condizione di solitudine incompresa a cui non riesce a dare voce.
Ognuno di loro è incompreso senza riuscire a parlarne e quest'assenza di dialogo onesto li porterà a perdersi in maniera tragica.
Le scelte di vita sono state rappresentate come dovute alla giovinezza anche se i due personaggi sono stati caratterizzati da comportamenti stereotipati intra culturalmente specifici: il ragazzo giapponese forte e profondamente silenzioso che non riesce ad esprimere i sentimenti e la donna coreana molto espansiva, teatrale e drammatica che narra il suo vero sentire nel silenzio della sua coscienza attraverso un dialogo interno.
Anche se il drama è made in corea, il taglio giapponese come gli interni, le tecniche di ripresa, i primi piani, le risposte emotive mi ha fatto controllare più volte che non si trattasse di un lavoro con regia e produzione giapponesi. Piacevolissime le riprese che riescono a creare differenze tra passato e presente. In Corea, nel presente del dramma, viste più aperte, spazi più grandi perché i due ex amanti sono ora adulti di successo e hanno una prospettiva migliore, disposizione degli oggetti nella scena in senso complementare o antitetico a seconda della condizione di distanza vs vicinanza dei due innamorati.
Tutto è studiato e ben congegnato, nulla è affidato al caso con una cura dettagliata e una linearità composta ed elegante: perché a volte LESS IS MORE. Le musiche sono lente , calme ma emotive e si fondono perfettamente con i piani di ripresa scandendo i vissuti e gli accadimenti di vita.
La narrazione passa dai vissuti interiori alle vicissitudini esterne con maestria e fluidità.
L'interpretazione dei due è davvero molto buona, Kentaro è un attore maturo con molta padronanza scenica ed espressiva, riesce a rendere il suo vissuto con uno sguardo e non c'era forse davvero nessun attore capace come lui di rendere la vena malinconica e il rimpianto, la sua potenza nello sguardo carico di rammarico, dispiacere, attesa tesa, composta e disperata.
La protagonista femminile è stata pure molto brava, ha imparato il giapponese per poter recitare in questo lavoro e non è cosa semplice, inoltre è stata assolutamente in grado di rendere la tenerezza, la sofferenza, la disperazione, l'aspettativa ferita.
Le voci fuori campo dei protagonisti che ricordano il passato caricandolo di significati maturati nel presente conferiscono ai personaggi più interiorità di quanto normalmente si veda.
La corsa , o joggin', come mezzo per rappresentare uno stato di inquietudine e senso di falsa padronanza della propria esistenza: lei corre simulando una fuga interiore, dapprima dal suo microcosmo coreano, stretto e asfittico, poi dalla sua relazione e infine dal Giappone, bella la metafora conclusiva del correre insieme, da fuga diventa viaggio, percorso comune di una coppia che corre con entusiasmo e fiducia incontro alla vita.
Si è parlato di questo lavoro come di un drama che porta in scena le difficoltà interculturali, ebbene non sono d'accordo : il tema è la SOLITUDINE, l'assenza di contatto intimo e autentico con le persone, con la famiglia, la ricerca del proprio posto del mondo, la realizzazione personale.
L'interculturalità presenta solo un contorno interessante quando parliamo di come organizzare un matrimonio o , forse, nelle modalità di risposta e gestione della relazione, nel modo di porsi, nelle dinamiche con gli altri ma non determina la fine della storia in sé.
Personalmente è un lavoro che consiglio, non è fine a se stesso e aiuta a immedesimarti e riflettere se hai avuto un'esperienza simile o hai interrotto una relazione per te importante senza aver smesso di amare. L'esperienza dipende molto dalle proprie, a volte lente, realizzazioni, comprensioni e mentalizzazione degli eventi.
Sono sei episodi e avrebbero potuto essere anche cinque, il sesto episodio è stato, almeno per me, un riempitivo inutile che è servito più a tenere sulla corda noi spettatori che ad aggiungere qualcosa se non dei confronti necessari che comunque potevano essere inseriti nel quinto episodio e chiudere il lavoro in modo diverso.
VENIAMO A CIO' CHE NON MI HA CONVINTO e che ha penalizzato la mia valutazione :
E' un prodotto di indubbia qualità artistica , solido e valido , tuttavia è molto orientato al passato, anche se ambientato nel presente e ritorna al passato con l'utilizzo di continui flashback che comunque non disturbano. Anche se viene vissuto e rielaborato nel presente manca lo snodo di giunzione col presente: che persone sono diventate questi due nei cinque anni dopo la fine?
Soprattutto lei, è rappresentata cinque anni fa con una personalità calda, solare, positiva, fiduciosa e ora è totalmente l'opposto, possibile che la fine di un rapporto determini uno stravolgimento così traumatico ? Diventa insofferente, chiusa, ostile, oppositiva, per nulla conciliante e gentile con le persone intorno a lei (che con la sua fine non hanno nulla a che fare). Non so se è l'attrice che è stata diretta male ma credo di sì.
Sempre lei, in un momento chiave nel quinto episodio, si rende conto che deve prendersi cura di sé e scappa da lui, lo vede semplicemente bere con una collega e si richiude in se stessa, arrivando a mentire a lui sulla sua situazione sentimentale per condannarli nuovamente all'infelicità e si chiude in macchina a piangere. PERCHE'? La sensazione è quella di dover necessariamente allungare il brodo perché le scene erano finite, perché non si capisce quale sia il reale motivo per cui una donna che comprende di doversi prendere cura di sé non chiuda e non vada in terapia o a risolversi da sola o se decide, confermando, di non riuscire a stare sola perché trascinarla così tanto e lasciare a lui tutta l'iniziativa. Emerge, almeno personalmente, l'idea di una donna fragile e capricciosa che vuole dimostrazioni continue che vadano a soddisfare un bisogno di approvazione e lealtà incondizionata, al limite del patologico. E lui che è stato noncurante e assente ha tutto un percorso di espiazione in sei episodi, eccessivo e paradossalmente viene riproposto SOLO, solo nelle iniziative per riprendere un percorso con lei, come se solo lui lo volesse davvero.
Finale, bello, significativo, non necessario ma una volta che gli autori hanno deciso di svilupparlo in questo senso necessitava di qualche scena in meno del passato e di orientarsi molto più al presente, quindi qualche scena che unisse passato e presente e chiudesse il racconto presentandoli nella loro attualità.
Anche se la chiusura non è triste personalmente mi ha lasciato strascichi di amarezza e tristezza che avrei preferito non avere.
Il lavoro si sviluppa attraverso continui ricordi di una storia d'amore a Tokyo da parte di una coppia interrazziale ( lui giapponese, lei coreana) . 6 episodi da 50 minuti effettivi ciascuno. Un lavoro meditativo e profondo, non per tutti. È una storia che ha per protagonista maschile uno scrittore e per tema la narrazione come mezzo per comprendere e ricondurre l'esperienza personale.
E' una storia che finisce per mutuali incomprensioni. Una donna straniera senza appoggi o reti di supporto, con un senso di solitudine interiore che la divora, mentre cerca il proprio posto nel mondo scappa dal proprio paese, e uno scrittore con un trauma di abbandono materno che cerca di realizzare il proprio sogno districandosi tra un'infinità di lavori per potersi mantenere ma anche al tempo stesso lo alienano relegandolo in una condizione di solitudine incompresa a cui non riesce a dare voce.
Ognuno di loro è incompreso senza riuscire a parlarne e quest'assenza di dialogo onesto li porterà a perdersi in maniera tragica.
Le scelte di vita sono state rappresentate come dovute alla giovinezza anche se i due personaggi sono stati caratterizzati da comportamenti stereotipati intra culturalmente specifici: il ragazzo giapponese forte e profondamente silenzioso che non riesce ad esprimere i sentimenti e la donna coreana molto espansiva, teatrale e drammatica che narra il suo vero sentire nel silenzio della sua coscienza attraverso un dialogo interno.
Anche se il drama è made in corea, il taglio giapponese come gli interni, le tecniche di ripresa, i primi piani, le risposte emotive mi ha fatto controllare più volte che non si trattasse di un lavoro con regia e produzione giapponesi. Piacevolissime le riprese che riescono a creare differenze tra passato e presente. In Corea, nel presente del dramma, viste più aperte, spazi più grandi perché i due ex amanti sono ora adulti di successo e hanno una prospettiva migliore, disposizione degli oggetti nella scena in senso complementare o antitetico a seconda della condizione di distanza vs vicinanza dei due innamorati.
Tutto è studiato e ben congegnato, nulla è affidato al caso con una cura dettagliata e una linearità composta ed elegante: perché a volte LESS IS MORE. Le musiche sono lente , calme ma emotive e si fondono perfettamente con i piani di ripresa scandendo i vissuti e gli accadimenti di vita.
La narrazione passa dai vissuti interiori alle vicissitudini esterne con maestria e fluidità.
L'interpretazione dei due è davvero molto buona, Kentaro è un attore maturo con molta padronanza scenica ed espressiva, riesce a rendere il suo vissuto con uno sguardo e non c'era forse davvero nessun attore capace come lui di rendere la vena malinconica e il rimpianto, la sua potenza nello sguardo carico di rammarico, dispiacere, attesa tesa, composta e disperata.
La protagonista femminile è stata pure molto brava, ha imparato il giapponese per poter recitare in questo lavoro e non è cosa semplice, inoltre è stata assolutamente in grado di rendere la tenerezza, la sofferenza, la disperazione, l'aspettativa ferita.
Le voci fuori campo dei protagonisti che ricordano il passato caricandolo di significati maturati nel presente conferiscono ai personaggi più interiorità di quanto normalmente si veda.
La corsa , o joggin', come mezzo per rappresentare uno stato di inquietudine e senso di falsa padronanza della propria esistenza: lei corre simulando una fuga interiore, dapprima dal suo microcosmo coreano, stretto e asfittico, poi dalla sua relazione e infine dal Giappone, bella la metafora conclusiva del correre insieme, da fuga diventa viaggio, percorso comune di una coppia che corre con entusiasmo e fiducia incontro alla vita.
Si è parlato di questo lavoro come di un drama che porta in scena le difficoltà interculturali, ebbene non sono d'accordo : il tema è la SOLITUDINE, l'assenza di contatto intimo e autentico con le persone, con la famiglia, la ricerca del proprio posto del mondo, la realizzazione personale.
L'interculturalità presenta solo un contorno interessante quando parliamo di come organizzare un matrimonio o , forse, nelle modalità di risposta e gestione della relazione, nel modo di porsi, nelle dinamiche con gli altri ma non determina la fine della storia in sé.
Personalmente è un lavoro che consiglio, non è fine a se stesso e aiuta a immedesimarti e riflettere se hai avuto un'esperienza simile o hai interrotto una relazione per te importante senza aver smesso di amare. L'esperienza dipende molto dalle proprie, a volte lente, realizzazioni, comprensioni e mentalizzazione degli eventi.
Sono sei episodi e avrebbero potuto essere anche cinque, il sesto episodio è stato, almeno per me, un riempitivo inutile che è servito più a tenere sulla corda noi spettatori che ad aggiungere qualcosa se non dei confronti necessari che comunque potevano essere inseriti nel quinto episodio e chiudere il lavoro in modo diverso.
VENIAMO A CIO' CHE NON MI HA CONVINTO e che ha penalizzato la mia valutazione :
E' un prodotto di indubbia qualità artistica , solido e valido , tuttavia è molto orientato al passato, anche se ambientato nel presente e ritorna al passato con l'utilizzo di continui flashback che comunque non disturbano. Anche se viene vissuto e rielaborato nel presente manca lo snodo di giunzione col presente: che persone sono diventate questi due nei cinque anni dopo la fine?
Soprattutto lei, è rappresentata cinque anni fa con una personalità calda, solare, positiva, fiduciosa e ora è totalmente l'opposto, possibile che la fine di un rapporto determini uno stravolgimento così traumatico ? Diventa insofferente, chiusa, ostile, oppositiva, per nulla conciliante e gentile con le persone intorno a lei (che con la sua fine non hanno nulla a che fare). Non so se è l'attrice che è stata diretta male ma credo di sì.
Sempre lei, in un momento chiave nel quinto episodio, si rende conto che deve prendersi cura di sé e scappa da lui, lo vede semplicemente bere con una collega e si richiude in se stessa, arrivando a mentire a lui sulla sua situazione sentimentale per condannarli nuovamente all'infelicità e si chiude in macchina a piangere. PERCHE'? La sensazione è quella di dover necessariamente allungare il brodo perché le scene erano finite, perché non si capisce quale sia il reale motivo per cui una donna che comprende di doversi prendere cura di sé non chiuda e non vada in terapia o a risolversi da sola o se decide, confermando, di non riuscire a stare sola perché trascinarla così tanto e lasciare a lui tutta l'iniziativa. Emerge, almeno personalmente, l'idea di una donna fragile e capricciosa che vuole dimostrazioni continue che vadano a soddisfare un bisogno di approvazione e lealtà incondizionata, al limite del patologico. E lui che è stato noncurante e assente ha tutto un percorso di espiazione in sei episodi, eccessivo e paradossalmente viene riproposto SOLO, solo nelle iniziative per riprendere un percorso con lei, come se solo lui lo volesse davvero.
Finale, bello, significativo, non necessario ma una volta che gli autori hanno deciso di svilupparlo in questo senso necessitava di qualche scena in meno del passato e di orientarsi molto più al presente, quindi qualche scena che unisse passato e presente e chiudesse il racconto presentandoli nella loro attualità.
Anche se la chiusura non è triste personalmente mi ha lasciato strascichi di amarezza e tristezza che avrei preferito non avere.
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