
finale confuso poco soddisfacente
per essere un mini drama non è affatto male: gli attori recitano in maniera più che decente e per quanto mi riguarda trovo i protagonisti maschili molto gradevole alla vista. la musica lascia un po' il tempo che trova ma non è la parte più importante di questo spettacolo. trucco e parrucco sono molto più che sufficienti e anche le ambientazioni si difendono bene per quanto ci troviamo sempre in ambienti chiusi. inizialmente anche lo svolgimento era intrigante ma verso la fine ci siamo persi parecchio. parliamo della ragazza che inghiotte degli scorpioni o giù di lì che non si sa bene da dove sia uscita questa cosa. sembra andare tutto a catafascio e improvvisamente tutti i santi o quasi tutti i santi finiscono in gloria quasi come se ci fosse un deus ex machina ad aggiustare ogni problema. tutto si aggiusta negli ultimi cinque minuti il che è veramente affrettato anche per un mini drama di queste dimensioni. se non avessero pasticciato così il finale avrei assegnato volentieri anche un 8 e anche così sette e mezzo forse è un po' eccessivo.Was this review helpful to you?

pedestre, tranne gli effetti speciali
fortunatamente è molto breve perché se fosse durato di più non credo sarei riuscita a finirlo. la storia è talmente trita e ritrita che sembra un omogeneizzato, tra l'altro ci lascia in sospeso in attesa di una seconda stagione che a questo punto spero non facciano mai. i cosiddetti colpi di scena sono qualcosa di penoso e non mi stupirei se in futuro ci venissero a raccontare che in realtà il fiore è la ragazza. gli attori sono pedestri, al punto che mi domando se siano effettivamente degli attori professionisti o gente presa dalla strada o dalle accademie al loro primo lavoro. inoltre gli attori non sono neanche particolarmente carini per cui neanche da questo punto di vista ci si salva. tra tutti quanti hanno una sola faccia: monolitica. l'espressione dei sentimenti, questa sconosciuta. assolutamente bocciato e sconsigliato. l'unica cosa che si salva sono gli effetti speciali, abbastanza carini per il genere e per il tipo di lavoro. aggiungiamoci che gran parte delle scene sono buie perché comunque stiamo parlando di un mondo di vampiri e quindi si presume che stiano in stanze buie candele e quant'altro insomma tutta l'ambientazione è abbastanza penosa e di cattivo gusto. terribile.Was this review helpful to you?

innocua commediola con risvolti paranormali
simpatica fresca e innocua romcom senza troppe pretese. La parte paranormale non viene spiegata e non si capisce bene la logistica della faccenda. Ad ogni modo i due protagonisti sono carini e nella parte e anche le spalle recitano bene. i personaggi sono cliché e anche le situazioni, ma la serie si lascia guardare senza fastidio. Buona per un paio d'ore di relax a patto di non cercare logica. Quella manca proprio. Come d'obbligo in questo tipo di commedia, il lieto fine e la punizione dei cattivi ci lasciano un buon sapore in bocca.nulla da segnalare sul fronte della colonna sonora: potabile.Was this review helpful to you?

Divertente, un po' più lento dopo la metà
Protect the Boss è una serie in 18 episodi da un’ora circa ciascuno. Si tratta quindi di un drama piuttosto corposo, forse troppo, per quello che viene raccontato. Siamo nell’abusato ambiente degli uffici di una grande società gestita a livello familiare, nella quale tra l’altro non si capisce molto cosa facciano gli impiegati e i dirigenti, visto che paiono sempre più impegnati a persegui(ta)re l’anima gemella o a farsi le scarpe l’un l’altro piuttosto che a svolgere un qualsivoglia lavoro.I cliché abbondano, come spesso accade nei drama: si va dal presidente-padre violento ma sotto sotto amorevole, ai traumi infantili, passando per gelosie e complotti dei familiari, per finire allo stereotipo del ricco figlio di papà che si innamora della povera e grezza segretaria campagnola. Eppure, nonostante l’apparenza, le vicende non sono così scontate, perché su questa trama se ne vanno ad innestare altre che aggiungono sale e pepe a questa minestra che, altrimenti, risulterebbe molto insipida.
Invece, l’agorafobia del protagonista Heon Ji Cha, mirabilmente interpretato da un giovane Ji Sung, rende la prima metà del drama molto interessante, specie per il rapporto che viene a crearsi con la sua muova segretaria, l’energica Eun Seol No, che l’attrice Kang Hee Choi è riuscita a rendere al meglio, e che lotta con lui per guarirlo da questa malattia debilitante che non gli consente di prendere posto a testa alta nel consiglio di amministrazione, cosa cui peraltro egli non aspira, ma che il padre desidera. Siamo in Dramaland, quindi soprassediamo sul fatto che una ragazza qualsiasi possa agire da psichiatra dopo aver letto qualche libro, e riuscire a guarire il giovane in pochi mesi.
Le lotte intestine nella famiglia sono un altro asse portante della serie, coi genitori che cercano di spingere i figli in posizione predominante, facendo di tutto per scalzare la supremazia del presidente e scongiurare l’ascesa del figlio anticonformista. Peccato per loro, che i ragazzi finiscano ben presto per fare amicizia e opposizione alle trame genitoriali, mentre si innestano giochi di innamoramenti a formare un quadrilatero che ci metterà un po’ ad assumere forma definitiva.
Nel frattempo, si parla molto di fondi neri, evasione di tasse e così via, non mancando di rimarcarne l’illiceità. Peccato che gli evasori della nostra allegra società se la cavino sempre con qualche centinaio di ore di servizi sociali. Potenza dell’essere importanti e del sapere come impietosire il prossimo presentandosi su una sedia a rotelle…
Ma quella che veramente scalda il cuore di questa serie altrimenti piuttosto anonima è la grande amicizia che si viene a creare tra la protagonista, la sua compagna di stanza e Na Yoon Seo, ricca e viziatissima figlia di mammà, che passa dall’essere un’antagonista ad un’amica sincera. Queste tre ragazze ci faranno ridere e piangere con loro.
La serie procede senza troppa suspense a passo lento e sicuro, ma lento. Troppo spesso nei drama accade, come qui, che le situazioni diventino ripetitive, che le vicende sembrino ristagnare, mentre gli ostacoli posti sulla strada della coppia principale si moltiplicano a dismisura, uno dopo l’altro. Passata la metà dell’opera, finite le risate che le situazioni iniziali ci avevano strappato, arriva un generale rallentamento che ci porta a chiederci perché abbiano dovuto insistere a fare 18 puntate quando avevano materiale per 15. Un racconto più condensato sarebbe stato scintillante, mentre così la seconda metà risulta un po’ appannata. Peccato.
Perché, allora, ho assegnato un voto tutto sommato alto? Perché, come già detto, l’amicizia delle ragazze è qualcosa che scalda veramente il cuore. La lunghezza della serie ha consentito di descrivere crescite caratteriali importanti in diversi personaggi, primo fra tutti il protagonista, che di crescita da fare ne aveva veramente tanta. Ma, soprattutto, per l’interpretazione che ne ha dato Ji Sung. Di questo stupendo attore, magnifico qui a 30 anni e ancora meglio in altri drama a 40, non si può che dire bene: la sua recitazione è sempre impeccabile, le sue micro espressioni, il linguaggio del corpo, qualcosa di sublime. Se non mi credete e ancora non l’avete fatto, andate a guardare Kill Me, Heal Me, dove recita la parte di un uomo con personalità multiple. Non due o tre, ma sette, e le interpreta tutte…
Finita questa parentesi di adorazione per Ji Sung, bisogna riconoscere che l’intero cast ha lavorato benissimo, sia pur a tratti con qualche esagerazione nella mimica, ma non bisogna dimenticare che si tratta di una commedia, e quindi qualche smorfia è pur consentita. Se eccezione c’è stata, è da applicarsi a Jae Joong Kim, che ha interpretato il ruolo di Moo Won Cha, cugino, antagonista e amico del protagonista, un ragazzo bellissimo ma dalla mimica piuttosto legnosa. Purtroppo chiunque si trovi a recitare al fianco di Ji Sung è destinato a subire paragoni impietosi.
Il commento musicale che cade a proposito, i begli abiti di tutti (tranne che della povera protagonista!) le ambientazioni ben curate e una cinematografia sul pezzo contribuiscono a rendere questo drama una serie da vedere per tutti coloro che non vogliano azione a tutti i costi e non si lascino scoraggiare dalla lentezza.
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Magnifico affresco, recitato benissimo
Haechi è una perla che non sapevo di perdermi. Non è per chi preferisce grandi storie d’amore e svolgimenti veloci con combattimenti iper coreografati. Chi, invece, ama un buon intrigo politico, superbamente recitato, troverà qui pane per i suoi denti. L'importante è non richiedere una gran storia d'amore, perché qui non c'è. Togliamoci subito il sassolino dalla scarpa: la coppia principe/damo non decolla, e non solo perché la protagonista, Go Ara, sì è infortunata durante le riprese ed è passata dall'essere un'ardita combattente ad una statica dama di corte. Il fatto è che di questa pseudo storia d'amore non si sentiva il bisogno e dà l'impressione di essere un ripensamento posticcio, messo lì per accontentare coloro che se non vedono due sdolcinatezze non ritengono di aver visto un drama. La seconda coppia, che si sviluppa fra gli antagonisti, formata dal principe Milpoong ed una avventuriera, non riesce a catturare il cuore a causa della malvagità dei protagonisti. Povero il Re dei pitocchi che è innamorato di questa donna, assolutamente indegna del suo amore.Ciononostante, ho dato il massimo dei voti perché a queste escursioni romantiche viene fortunatamente dedicato poco schermo e tutto il resto è riuscito ad incollarmi alla sedia meglio dell’attak.
Le vicende che si raccontano, pur se probabilmente molto romanzate, sono quelle del principe Yeoning, che diverrà nel 1724 uno dei più grandi re del suo paese. Si narra quindi la lotta del giovane principe, avversato da tutti perché la madre era plebea, per conquistare il trono prima, e mantenerlo ed effettuare le necessarie riforme poi, e della contemporanea lotta contro lo psicopatico principe Milpoong.
L'attore che interpreta il protagonista, Jung Il Woo, ha saputo veramente rendere al meglio un personaggio tormentato, di altissimi ideali, ma troppo spesso schernito e osteggiato da una nobiltà chiusa nelle proprie arretrate convinzioni, più dedita a mantenere lo status quo che a pensare al bene del paese.
Ciononostante, la palma d'oro va a Jung Moon Sung, interprete del folle principe Milpoong, che per questa sua prova ha vinto anche un premio. La vena di sadica follia, le manie di grandezza, la determinazione, la paura, l’insicurezza e anche l'amore, cosa non è riuscito a trasmettere! L'abbiamo odiato tutti, nonostante in certi momenti non si sia potuto fare a meno di provare pietà per lui.
La povera Go Ara, come detto prima, si è infortunata durante le riprese e ha visto il suo personaggio declassato da guerriera a damigella… e di sicuro non ci ha guadagnato nel cambio. Ho avuto l’impressione che la sua interpretazione fosse migliore nelle scene movimentate, piuttosto che in quelle statiche.
Rimarchevoli anche le interpretazioni di Kwon Yool e Park Hoon, ma in realtà tutto il cast ha recitato ben sopra il minimo edittale. Al netto delle immancabili forzature, sicuramente imposte dalla regia, e comunque recitate al meglio, il comparto recitazione è promosso in generale col massimo dei voti.
Molti personaggi, complice la lunghezza del drama, vengono abbondantemente sviscerati e assistiamo a crescite e cambiamenti importanti. Il re riesce alla fine a conquistarsi rispetto e appoggio anche dagli avversari politici, e non può che essere vero, perché altrimenti non sarebbe restato sul trono per 52 anni. Anche questo è motivo di grande soddisfazione nella visione del drama.
E che dire di ambientazioni e costumi? E’ una serie ad alto budget, e si vede. Il cast è numeroso, anche le scene di combattimento sono ben popolate, ma i costumi sono bellissimi, una vera gioia per gli occhi! Ottimi anche il comparto trucco e parrucco e la sapiente cinematografia, insomma, una festa visiva molto appagante.
Contribuisce all’ottima riuscita anche il commento sonoro, forte di alcune canzoni commoventi e, soprattutto, di diversi pezzi strumentali che ben sottolineano i vari momenti topici, e ce ne sono tanti!
In definitiva, un drama molto ben realizzato, che sarà maggiormente apprezzato da chi non comincia a dire che si annoia al decimo minuto del primo episodio: non è una serie per tutti, ma solo per chi apprezza l’intrigo intelligente, la costruzione lenta e sicura, il crescere di rapporti e amicizie.
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La seconda stagione non è più una commedia
Ci colleghiamo direttamente alla fine della stagione precedente, ma i toni sono completamente diversi. Là dove nella prima serie il focus stava nei difficili rapporti tra i due protagonisti principali, ora si innesta una componente di complotto e mistero. Non si ride più e, in compenso, acquisiamo una trama un po' più complessa ma, purtroppo, composta quasi esclusivamente da cliché.Le indagini continuano a essere piuttosto superficiali, le vicende affrettate anche a causa della brevità degli episodi, i colpi di scena ampiamente prevedibili, non saprei dire se perché abbondantemente telefonati o perché, dopo aver visto tanti drama, ormai so già che cosa aspettarmi.
Gli attori principali continuano a comportarsi bene, sono una coppia abbastanza plausibile e recitano in modo dignitoso. Anche i personaggi secondari tutto sommato fanno la loro parte, mentre purtroppo altrettanto non si può dire dei malvagi i quali vengono costretti non si sa se dalla sceneggiatura o dalla regia a produrre delle orribili risate che tolgono loro qual si voglia credibilità.
Musiche e cinematografia continuano a brillare per anonimità, mentre in questa seconda serie i costumi subiscono un netto miglioramento.
In sunto un titolo che vale la pena di vedere per concludere le vicende iniziate con la serie precedente, ma che non brilla in nessun comparto.
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Tragicommedia divertente
Diario di uno psicopatico è una black comedy, con molti elementi thriller sapientemente mischiati con situazioni e personaggi umoristici.Yoo Dong Shik subisce ogni tipo di mobbing nella società di brokeraggio dove lavora, e anche fuori da lì si fa mettere i piedi in testa da chiunque. Accusato ingiustamente di una débâcle finanziaria, dopo aver subito una brutta parte dal padre, decide di gettarsi dalla cima di un palazzo, ma perde il coraggio e, discendendo, assiste non visto alla scena di un uomo che sta uccidendo un barbone. Su luogo raccoglie un libriccino rosso e fugge in strada per chiamare la polizia che, mentre sta per telefonare, lo investe! Yoo Dong Shik perde la memoria e, leggendo il diario dell’assassino, crede di essere lui stesso un serial killer, ma il suo subconscio si ribella alla nozione.
La cosa genererà non poche situazioni sia tragiche che umoristiche, anche perché attorno al nostro cominciano a gravitare Shim Bo Kyung, una poliziotta figlia d’arte il cui padre ha subito una grave caduta otto anni prima ed è rimasto cerebroleso, e l’enigmatico Seo In Woo, rampollo dei proprietari della società in cui il nostro lavora. Completa il quadro Jang Chil Sung, un ex gangster che prende l’aspirante serial killer sotto la sua ala.
Occorre prima di tutto ribadire che si tratta di una tragicommedia, che a volte ha addirittura i toni della farsa, in questo aiutata dall’incredibile mimica di Yoon Shi Yoon, vero mattatore del drama. Le indagini non vengono condotte secondo manuale, le coincidenze si sprecano, i capintesta delle società fanno il bello e il cattivo tempo come l’imperatore del Catai, la plausibilità va a farsi una nuotata nelle fogne… E allora? E’ una commedia, non si prende sul serio e non va presa sul serio. Molte opere che si spacciano per thriller seri commettono lo stesso tipo di errore (vedi Defendant). Siamo qui per guardare le castronerie del protagonista, non per fare le pulci alla polizia. Come commedia l’opera funziona alla grande e riesce a mantenere l’attenzione dello spettatore e a divertirlo, pur inframezzando diverse verità che fanno pensare, specie a quelli che possono essere i rapporti interpersonali e gli scopi della propria vita. Non solo: gli elementi umoristici e drammatici sono sapientemente fusi, tanto da farci dimenticare che, in effetti, ogni tanto qualcuno ci rimette le penne. Ripeto: è una commedia, il suo scopo non è farci provare simpatia per le vittime.
Particolarmente azzeccati i momenti in cui il protagonista, appassionato di film thriller e d’azione, entra in ‘modalità film’, interpretando nella vita spezzoni delle opere che ha visto, operazione mentale che gli è di aiuto in molte circostanze: in quel momento si vede una cassetta col titolo del film che entra nel videoregistratore.
Tutta la serie si gioca sul dualismo del falso serial killer, il broker formato zerbino, e il serial killer vero, magistralmente interpretato da Park Sung Hoon. Emblematica una scena in cui il broker gioca in una escape room con armi finte e il vero killer si trova nella ‘sua’ stanza dei giochi, con la sua collezione di armi varie.
L’intelligente e spietato gatto (il figlio del presidente) porterà avanti col topo (l’amnesico broker) un gioco crudelissimo che avrà come posta la libertà di quest’ultimo e la vita dei suoi cari, senza badare a chi sacrificherà nel frattempo. Il carismatico killer sembrerà avere la meglio per molto tempo, ma anche i più insignificanti topolini, se messi all’angolo, potranno andare alla riscossa, specie se supportati da una rete di amici pronti ad aiutare.
Nel corso del drama Yoo Dong Shik, il falso killer, acquisirà finalmente un po’ di fiducia in se stesso, pur senza tradire del tutto il suo animo gentile. La poliziotta Sim Bo Kyung a sua volta riuscirà a liberarsi dalla sudditanza psicologica verso l’immagine del padre, diventando una brava profiler. E il cinico serial killer? Beh, non si può fare a meno di provare un po’ (molto poca) di simpatia per lui: in fondo, se il padre non fosse stato a sua volta abusivo, forse le cose sarebbero andate in maniera diversa. Defendant, ricorda qualcosa? Ad ogni modo, i cattivi fanno la fine che si meritano, e questo ci lascia un buon sapore in bocca.
L’ottima interpretazione del cast nella sua totalità è sicuramente uno dei punti di forza di questo drama. Se Jung In Sun, la poliziotta, è un’attrice misurata e convincente, il killer di Park Sung Hoon è esemplare: crudeltà, cinismo, fascino e carisma sono sapientemente dosati in modo da rendere il ritratto di una persona calcolatrice e disturbata, ma apparentemente normale. Come già detto, è però Yoon Shi Yoon il mattatore della serie: la sua interpretazione costantemente sopra le righe ben rende l’idea che l’uomo di strada può avere di come sia un folle: esagitato, bipolare, maldestro, inopportuno e perché no, simpatico. I suoi cambiamenti repentini d’espressione colgono sempre di sorpresa e il suo sorrisino crudele o lo sguardo intenso di quando fa sul serio sono terribilmente inquietanti. Sia la parte drammatica che l’umoristica sono ben affidate alla sua incredibile mimica. Anche Heo Sung Tae, l’ex gangster, contribuisce non poco a farci ridere con la sua incrollabile devozione per il protagonista.
La buona riuscita dell’opera è sicuramente aiutata dall’ottimo commento musicale, forse non molto vario, ma che sicuramente sa ben sottolineare sia i momenti più drammatici che quelli più ridicoli. La cinematografia, poi, è molto attenta e curata.
In sunto, a patto di non cercare il massimo della coerenza e plausibilità, un ottimo drama che vi farà ridere e anche pensare. E’ una commedia, e il suo lavoro lo fa benissimo. Ce ne fossero! E vado immediatamente a cercare altri lavori interpretati dagli attori protagonisti. Meritano.
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A vederlo dopo Unnatural ci perde
Non è che sia una brutta serie, affatto, però ha un piglio decisamente troppo scanzonato. Proprio perché viene listato come contenuto correlato a Unnatural, ci si aspetterebbe la stessa serietà. Invece i protagonisti spingono molto sull'umorismo, benché non manchino in effetti scene tristi e tragiche. Grande importanza viene data anche a temi di un certo spessore, di denuncia sociale, e si pone l'attenzione con una certa insistenza sul fatto che in Giappone non esisterebbe la protezione testimoni. Il sistema di polizia del paese viene in qualche modo fortemente criticato, così come certe convenzioni sociali e il maschilismo non troppo sottile.Però purtroppo le indagini in sé non sono molto attendibili e molto spesso si risolvono per coincidenze. Dal punto di vista della solidità delle investigazioni proprio non ci siamo. Avrei preferito un approccio molto più serio, però questa è una mia opinione personale. Si potrebbe ritenere più importante fare passare il messaggio di denuncia sociale di cui si parlava prima, usufruendo di un mezzo che non sia troppo pesante per lo spettatore. Vedendo le cose da questo punto di vista il prodotto è sicuramente riuscito perché non si può negare che intrattenga e faccia il proprio dovere.
Innegabilmente gli attori sono stati bravi, sia nelle espressioni che nelle manifestazioni di fisicità, portate avanti con manifesta energia. I rapporti fra i protagonisti sono stati abbastanza sviscerati, considerata la relativa brevità della serie. Il progressivo sviluppo dell'amicizia fra il duo principale ha fatto da buon collante alle vicende.
Il commento musicale ha ben accompagnato le azioni anche se le ambientazioni per le strade cittadine hanno peccato forse un po' di presenza di comparse, traffico e quant'altro. A volte si aveva l'impressione che le strade fossero state svuotate apposta o che si trattasse addirittura di set cinematografici. Poco credibile, anche se comprendo che girare in mezzo al caos sarebbe stato impossibile.
Purtroppo c'è anche il problema del boss finale che è stato piuttosto deludente, così come tutta l'ultima puntata che non mi è piaciuta affatto, sia perché ci ha fatto un brutto scherzo a metà, sia soprattutto perché non mi è piaciuta l'impostazione filosofica dei discorsi tra poliziotti e malviventi. Mi è parsa superflua e in qualche modo dannosa ai fini della storia.
Insomma un ottimo prodotto, che però per vari motivi, volendo anche di scarsa importanza, non mi ha soddisfatto appieno.
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Argomento controverso, ottimo drama ma a volte poco rispettoso dei problemi altrui
Suicidio è una parola terribile. Per alcuni un peccato inescusabile, sempre, per altri quella che sembra l’unica via di uscita da una situazione insostenibile, qualsiasi sia la motivazione.Chi si avvicini a questo drama con problemi personali inerenti l’argomento, farebbe bene a procedere con estrema cautela, perché il togliersi la vita è l’argomento pivotale di tutta la serie, e per come la vedo io, non è sempre trattato nel modo migliore.
Tutto verte infatti intorno alla lotta quotidiana di una piccola squadra speciale di Grim Reapers, tristi mietitori, angeli della morte, shinigami o come vogliamo chiamarli, il cui compito è di impedire il successo agli aspiranti suicidi. Questo perché, nelle premesse di questo drama, l’anima che rinuncia volontariamente al dono della vita finirà all’inferno e vedrà recidere tutti i legami che la collegano alla sua esistenza, senza possibilità di incontrare nuovamente quelle persone nelle reincarnazioni successive. A questa squadra formata dalla energica Goo Ryun e dal suo sottoposto Im Ryung Goo, si unisce per sei mesi un giovane apprendista, Choi Joon Woong, una ragazzo alla perenne ricerca di un lavoro, finito in coma per aver cercato di salvare un aspirante suicida.
Nel corso delle 16 puntate di questa serie ci sarà presentata un’ampia casistica di motivazioni per le quali gli esseri umani (e in un caso addirittura un cane) possono decidere di togliersi la vita. La squadra di prevenzione suicidi riuscirà a prevenirli, ma il focus del drama verte spesso sull’esposizione a chiare lettere di come un comportamento apparentemente non decisivo possa causare conseguenze devastanti in chi ne viene colpito. Bullismo scolastico, cyberbullismo, cattivi rapporti al lavoro, pettegolezzo… tutte cause apparentemente “leggere”, forse, in confronto ad altre più pesanti, come possono essere la rovina finanziaria della famiglia o la perdita di un bambino o una persona cara. Ma per chi le vive da dentro non esiste gradazione di dolore, solo il proprio personale inferno e gli aguzzini vanno messi di fronte alla proprie responsabilità.
Purtroppo, a prescindere dale cosiddette soluzioni che vengono trovate per dissuadere gli aspiranti suicidi, ho trovato a volte un approccio troppo semplicistico al problema. Sostanzialmente è come se ti venisse detto: è tutto nella tua testa, datti una mossa che tutto passa. Ma chi si dibatte in certe reti, fino ad arrivare a pensare di togliersi la vita, difficilmente riuscirà a liberarsi da solo: ha bisogno di aiuto esterno, così come ne hanno i protagonisti di queste vicende. Molto probabilmente, avrà bisogno anche di uno psicologo e, salvo difetti nella mia memoria, di aiuti psicologici in questo drama non se ne vede l'ombra. Eppure, in un paese che ha uno dei più alti tassi di suicidi al mondo, la salute mentale dovrebbe essere una priorità. Il fatto che il problema venga glissato completamente mi fa sospettare che esista un forte stigma contro la malattia mentale, la vergogna sociale di non essere all'altezza. E, in questo, il drama ha peccato di mancanza di coraggio, per cui per me rimane semplicemente un prodotto di intrattenimento che però, in taluni casi, potrebbe addirittura fare più male che bene.
Gli attori sono stati tutti molto bravi. Kim Hee Sun è stata un’ottima protagonista, sia in abiti moderni che in costume, un’eroina dolente dagli occhi espressivi. Rowoon e Yun Ji On sono stati due ottime spalle (perché sinceramente il giovane apprendista non mi è sembrato avere questo ruolo così preponderante, tale da poter dire che è il protagonista maschile). Discorso a parte per Lee Soo Hyuk che, pur non essendo prevalente, possiede comunque un carisma tale da spiccare anche in parti non principali. Anche gli altri attori di contorno, le figure dolenti cui sono stati dedicati via via gli episodi, hanno fatto un ottimo lavoro.
Ho apprezzato molto che una puntata sia stata dedicata alla tragedia delle comfort women, un crimine contro l’umanità per cui i giapponesi ancora oggi rifiutano di scusarsi e che, come il negazionismo della shoah, da alcuni è ancora non creduta.
I costumi sono stati molto soddisfacenti, sia nelle parti moderne che in quelle ambientate secoli fa. Le musiche hanno ben sottolineato l’azione e il comparto tecnico ha fatto, a mio parere, un ottimo lavoro.
Ho purtroppo percepito un poco di stanchezza a causa della ripetitività dell’azione: un susseguirsi di casi umani da salvare, mentre i rapporti tra la protagonista e il Grim Reaper interpretato da Lee Soo Hyuk fungevano da collante, invero non troppo efficace. Anche il coma del ragazzo è stato sfruttato abbastanza poco… insomma per la mia percezione la maionese è rimasta un pochino slegata, ma senza togliere molto al gusto della preparazione. Il finale potrebbe lasciare la possibilità della realizzazione di una seconda serie e, pur essendo soddisfacente, non posso dire abbia terminato la serie col botto.
In sunto, un drama piuttosto cupo, anche se condito con abbondanti dosi di speranza e qualche sorriso per le interazioni degli abitanti dell’altro mondo, coi suoi parallelismi con quello dei viventi. Ottimo lavoro, che avrebbe potuto essere anche migliore. Ma, ehi, ce ne fossero!
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Pochi conflitti per una storia molto convincente
Questo drama è stato per me una piacevole sorpresa. Della bravura di Dilraba non dubitavo perché l'avevo già vista diverse volte in precedenza, ma non mi aspettavo che Yang Yang, oltre che bello da paura, fosse anche così bravo. E devo anche riconoscere che praticamente la totalità degli attori e personaggi di spalla e di contorno ha fatto un lavoro egregio. Molti personaggi tra cui sicuramente i principali hanno conosciuto una piacevole evoluzione, ed è stato veramente gradevole vedere il procedere della relazione fra i due protagonisti. Entrambi sono stati caratterizzati come persone molto verosimili, con pregi e difetti. Reali. Grandi assenti le lunghissime incomprensioni tanto care ai drama, che dividono i protagonisti per decenni... Qui, dopo un inizio un po' burrascoso, le cose filano lisce. Con nostro grande piacere.Per quanto riguarda la storia, non si può dire che abbia conosciuto uno svolgimento particolarmente aggressivo. Le conflittualità sono state obiettivamente poche, eppure ciò non ha minimamente inficiato il valore dell'intrattenimento di questa serie. L'unico appunto che forse si può fare è il fatto che nelle prime puntate l'attenzione si focalizzi tutta su un videogioco, mentre nel prosieguo questo aspetto viene praticamente a sparire. La seconda parte infatti è molto più dedicata all'impresa aerospaziale, forse un po' troppo, perché la carriera di Dilraba, che pure prosegue, passa un poo' in secondo piano.
E qui veniamo a quella che è forse un po' la nota dolente di questa serie: la grandeur dell'autocompiacimento cinese per le proprie imprese. Ma, dico io, basta guardare un film americano per incappare in autocompiacimenti di livello anche superiore, che francamente hanno stufato da mo'.
Più che altro, si ha l'impressione che questo drama, che utilizza attori già adulti e che sembra rivolgersi a un pubblico non prettamente di ragazzine, voglia affrontare il discorso delle convenzioni sociali e dell'importanza che ha per il grande paese lo spirito di sacrificio di coloro che lavorano nei campi scientifici.
Ma il mio pensiero è: se è così importante avere degli scienziati, degli ingegneri aerospaziali così bravi e preparati, perché non pagarli un po' di più in modo che non siano costretti ad abbandonare la professione per cercare uno stipendio più dignitoso per la famiglia? D'accordo lo spirito di sacrificio, ma il merito andrebbe ricompensato.
Detto questo, occorre rilevare come ci siano state diverse scene piuttosto... diciamo accattivanti, con baci bollenti e conversazioni suggestive che hanno reso diverse puntate abbastanza birichine, molto più di come siamo abituati guardando le opere cinesi. Bisogna riconoscere che Yang Yang sa come baciare davanti alla macchina da presa e i suoi sguardi e le sue espressioni sono materia per sogni bagnati. Non so se sia doppiato, ma se questa è la sua voce, tanta roba. Sarà che ho visto questa serie d'estate, ma per certe scene ci vuole un ventaglio. O un ventilatore. E un ghiacciolo. La chimica fra questi due è esplosiva, sono di una naturalezza incredibile, sembrano fatti l'uno per l'altra. Non c'è possibilità di elementi di disturbo né per lui né per lei: i vecchi amori di entrambi non hanno mai avuto alcuna possibilità e infatti sono spariti ben presto, rimessi a posto con poche secche parole.
Anche le musiche sono state molto gradevoli, ci sono stati dei pezzi strumentali molto piacevoli e molto ben utilizzati nei momenti in cui servivano, e anche le canzoni opening ending e insert si sono lasciate ascoltare molto volentieri.
In sunto, un dramma molto piacevole che, proprio perché prodotto di intrattenimento così lineare, gentile e simpatico, a mio parere regge benissimo una seconda visione, anche solo per vedere l'interazione di questi due, così teneri.
Non aspettatevi colpi di scena e scintille ad ogni episodio, perché le scintille di questo drama le fanno i due protagonisti che, già da soli, riescono a rendere questo lavoro indimenticabile. Aggiungiamoci tutto il contorno, che è fatto molto bene, e abbiamo un drama assolutamente da non perdere.
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Interessante, ma un po' ripetitivo
Sentimenti contrastanti per questa serie. A differenza di molte altre, le ambientazioni e i costumi sono molto più poveri, perché si svolge fra gente abbastanza comune e non in regge e palazzi. Quindi quella parte di spettacolo che deriva da questi elementi non è molto presente.Gli attori sono bravi, fanno tutti più o meno il loro dovere, ma senza gridare al miracolo. Purtroppo in buona parte, e il protagonista più di tutti, sono pesantemente ritoccati in viso. Questo povero Tim Yu, di nemmeno 30 anni, perfino sotto il cerone sembra una ex diva. Bocca e gote sono così alterati che mezza faccia fatica a muoversi, ed è costretto a recitare con gli occhi. Che tristezza.
Ho gradito molto il commento musicale, con alcuni pezzi molto belli e azzeccati. La storia in sé sarebbe molto più piacevole se non si trascinasse troppo nella parte centrale. Ok, c’è un mistero da scoprire, ci troviamo in un luogo dove avvengono omicidi misteriosi, e il nostro detective indaga. Muore qualche persona, ci si sposta e si ricomincia. E così via. Troppo ripetitivo. Ho seriamente rischiato di abbandonare la visione, ma ho perseverato e ne sono contenta perché si è molto sollevato nel finale. Ci sono stati alcuni colpi di scena che mi hanno sinceramente sorpreso, e non accade spesso.
La serie può ritenersi relativamente abbastanza conclusa, ma diverse situazioni sono passibili di ulteriori sviluppi e il comparire di un nuovo personaggio negli ultimi secondi parrebbe foriero di una seconda serie. Se la faranno la guarderò, sperando che mantengano il cast.
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Commediola molto gradevole
Commedia frizzante, molto ben recitata dagli attori principali, compresi i gatti. Gli amanti dei felini non potranno che adorare quest'opera. E' un drama peso piuma, fatto apposta per ridere, e si ride parecchio, di gusto. Intendiamoci, niente di nuovo sotto il sole, ma niente fatto con garbo, e splendidamente interpretato dalla coppia principale.Specialmente Xiao Kai Zhong è riuscito a calarsi nella parte del "principe gatto" altezzoso pigro e scostante ma, sotto sotto, affezionato alla sua padrona, in maniera eccelsa, complici anche i tratti del suo viso particolarmente adatti al ruolo. Tian Xi Wei ha anch'essa contribuito molto alla buona riuscita, interpretando splendidamente il suo ruolo di ragazza spumeggiante, un po' egoista, insicura, ma alla fine molto innamorata. Ottima interpretazione di entrambi, con una menzione per Zhang Guan Sen, convincente spalla del generale Miao, mentre Sun Xi Zhi, fratello minore del protagonista e rivale in amore, purtroppo poco pervenuto.
Abbiamo detto che è un peso piuma, quindi non possiamo aspettarci il meglio dalla trama. Né ci sono risparmiati diversi momenti "cringe", dove l'umorismo, ahimè, appare involontario. L'apparenza dei cattivissimi della serie lascia un po' a desiderare, in effetti, ma è superabile, così come gli effetti non troppo speciali. Sappiamo già che fa parte del pacchetto della maggior parte delle opere. Meno superabile è l'uso disinvolto che viene spesso fatto delle abilità e limitazioni del generale Miao. Le sue peculiarità, specie nella seconda parte del drama, sono spesso poco coerenti con le premesse. Il set di regole che governa le sfere e le loro proprietà sembra a volte piegarsi alle necessità della trama. Peccato. E' l'unico motivo, assieme al cast secondario piuttosto dimenticabile, per cui ho tenuto il punteggio sul molto buono anziché sull'ottimo.
Questa breve serie è una sciocchezza, fatta probabilmente con pochi mezzi, e senza tante pretese, ma svolge ottimamente il suo compito che è di farci ridere e, nel finale, anche commuovere. Non è fatta per offrirci un world building convincente o la totale coerenza. Il lieto fine, in un lavoro del genere, è d'obbligo.
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Attaccati alla sedia senza scampo!
Un titolo validissimo, con tanti punti di forza e pochissimi deboli.Partiamo, per una volta, dai punti deboli. E’ vero, i costumi maschili sono piuttosto belli, e gli uomini in divisa sono un vero schianto. Ma sul serio. Però gli abiti femminili sono spesso piuttosto anonimi e cambiati abbastanza raramente, e questo è un peccato, perché si nota tantissimo. D'altronde, probabilmente dipende anche dal periodo storico.
Ci sono, specialmente verso la fine, alcune situazioni piuttosto discutibili, in quanto a logica. E, soprattutto, c’è una pesante propaganda politica, della quale però non dovremmo lamentarci più di tanto, visto che nei film americani ce n’è altrettanta, se non di più (in effetti, mi dà molto fastidio anche quella).
Detto questo, si tratta di una serie che, per una volta, si svolge nella giusta lunghezza, spiegando quello che deve essere spiegato, ma senza dilungarsi in sotto-sotto trame e filler noiosissimi e inutili. E che storia! L’intrigo, i giochi di intelligenza e astuzia e, soprattutto, la tensione, mi hanno tenuta inesorabilmente incollata alla sedia. Ci sono stati un paio di episodi da infarto, ma tutta la serie si mantiene con costanza su un livello molto alto di interesse. Soprattutto, gli attori sono stati magnifici.
La protagonista Zhang Jing Yi è stata veramente brava, considerato poi che è giovanissima e non ha tantissima esperienza sulle spalle. Anche il bellissimo Evan Lin ha dato vita ad un personaggio molto credibile, specie tenendo conto che, anche lui, è molto giovane e non ha ancora partecipato a molte produzioni. I vari personaggi di contorno sono stati efficacemente presentati, compresi i cattivi della situazione. Un piccolo appunto: certe risate falsissime hanno disturbato un po’.
Ma la vera anima della serie non può che essere Chen Xing Xu. Bello, sì, ma questo è decisamente il meno. La parola più adatta a descriverlo è “mattatore”. Complice un personaggio a tutto tondo, tutto sommato facile da amare pur con una partenza piuttosto dubbia, ha saputo interpretare con eccezionali sfumature tutte le sfaccettature del suo carattere complesso, spaziando dal deciso comandante al giovanotto scanzonato, passando per il disperatamente innamorato e l’amico fedele. Soprattutto, il suo personaggio rimane umano pur possedendo un'intelligenza e un'astuzia quasi leggendari. Perché perfino lui, qualche volta, può essere colto di sorpresa e commettere sbagli.
Una serie che probabilmente in futuro riguarderò.
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Cede un po' negli ultimi episodi, ma in generale magnifico
Le mie recensioni non sono mai professionali, perché non ho alcuna esperienza nel mondo dello spettacolo. Posso solo dire cosa mi piace e cosa no, e qui di cose da farmi piacere ne ho trovate tante. Tante, ma non tutte.Premesso che si tratta di una chiacchierata per l’intero drama, senza distinguere tra prima e seconda stagione, la prima cosa che salta agli occhi è la perizia artistica del comparto tecnico. Dalle curatissime ambientazioni, ai costumi, alle acconciature, passando per le luci, le inquadrature, gli stacchi, le transizioni, la qualità dei combattimenti, le acrobazie (spesso eseguite dagli attori principali, non da stunt!), tutto grida qualità di massimo livello. Tanto di cappello al comparto tecnico/registico che ci ha regalato cotanta gioia per gli occhi.
Altrettanta, se non di più, è la gioia per l’interpretazione che il cast ha saputo dare. L’intero cast è stato splendidamente scelto e diretto, e ha recitato per la massima parte in modo mirabile, dalle comparse ai protagonisti principali. L’unico difetto che ho potuto trovare, a livello di recitazione, è stato in alcune scene di pianto a occhi asciutti. Ma anche lì, sarebbe bastato mettere due goccine prima del cambio di inquadratura, come probabilmente è stato fatto per altri, quindi è veramente colpa dell’attrice?
Zhao Lusi sta crescendo bene. La adoro e sono abituata a vederla in parti brillanti, in cui veramente eccelle, e inizialmente pareva fosse così anche qui. E invece, che attrice drammatica! E’ riuscita a consegnare alle emozioni del pubblico un personaggio complesso e contraddittorio, depresso e ribelle, affamato d’amore e orgoglioso, intelligente e ingenuo, vendicativo e affettuoso. Non dimentichiamo che ha solo 23 anni.
Ma chi veramente mi ha rubato il fiato è Leo Wu. Sono ormai lontani i tempi di Nirvana in fire, quando già interpretava Fei Liu in maniera eccellente. Per forza: questo ragazzo di soli 22 anni recita almeno da quando ne aveva 7, una filmografia impressionante già alla sua giovanissima età. E si vede, eccome! In questo drama è riuscito a esprimersi a un livello che non avrei mai potuto nemmeno immaginare, nemmeno dopo averlo amato in The long ballad. Siamo veramente oltre, le microespressioni di Leo sono qualcosa di sublime. La devozione, la furia, la disperazione, lo squilibrio che riesce ad esprimere anche solo con gli occhi sono da manuale e oltre, perché sono filtrati dalla sua personalità e dal suo mobilissimo viso. Un viso che, diciamocelo, non ha una bellezza classica, ma che proprio per questo manifesta una virilità e un fascino duraturi e profondi. Aggiungiamoci un corpo statuario e chiudiamo il cerchio. L’unico appunto che posso fare a Leo è il suo modo di camminare un po’ teso. Ma vogliamo parlare della fisicità delle sue acrobazie?
La performance degli attori, splendidamente costumata, ambientata e diretta, è ancor più accentuata da un commento musicale incredibile. Già The long ballad aveva una serie di melodie e canzoni fuori dell’ordinario, ma qui, pur senza avere Charlie Zhou Shen, troviamo tutta una serie di musiche di sottofondo che fanno a gara nel sottolineare le scene più pregnanti del drama. E ce ne sono a iosa.
Finiti gli apprezzamenti entusiastici, occorre rimarcare come Love like the galaxy sia un drama che si focalizza, almeno in parte, sul passaggio dall’infanzia all’età adulta, con la presa di coscienza del fatto che esista un mondo al di fuori della nostra personalissima percezione del nostro ego. Comprendere le motivazioni di chi ci sta di fronte è fondamentale per capire noi stessi, anche se queste motivazioni sono tenute nascoste o espresse nel modo più sbagliato.
In quest’ottica, il personaggio di Cheng Shaoshang ha bisogno di gran parte dei 56 episodi per crescere e superare i danni apportati alla sua psiche da un’infanzia in cui fu trascurata e lasciata a se stessa a crescere come un’erbaccia. E’ vero, commette spesso gli stessi errori, è orgogliosa e difficile al perdono, ma non si può mettere in relazione la sua età anagrafica (all’inizio ha 15 anni) rispetto alle sue coetanee, che sono state seguite ed educate. Poi, se vogliamo fare un confronto, buona parte di quelle signorine di buona famiglia è cresciuta molto peggio di lei. Certo, bisogna prendere come atto di fede che possa permettersi di fare il predicozzo a tutti senza mai subirne le conseguenze. E’ sempre dappertutto più del prezzemolo e, diciamocelo, il prezzemolo non sta bene proprio con tutto.
Curioso che, secondo il libro da cui è tratta la storia, Cheng Shaoshang sarebbe una ragazza moderna la cui anima viene trasportata nella protagonista quando, all’inizio, è malata/morente nella capanna lontano da casa. Gli aneliti di libertà e autodeterminazione che prova e le sue competenze tecniche sarebbero in quel caso molto più spiegabili rispetto a quello che si vede nel drama, con buona pace di tutti i commentatori misogini. Chissà perché hanno completamente cassato il lato isekai di questa storia.
Zisheng è un personaggio molto tormentato. La sua infanzia più che difficile l’ha reso una macchina da guerra e da vendetta, pur senza cancellare del tutto il suo lato romantico. L’amore per Cheng Shaoshang gli mette un po’ i bastoni fra le ruote, lo svolgersi delle vicende lo costringe a scelte quasi impossibili, per cui oltre a essere incolpato da tutti si autoflagella. Ma la sua lealtà e il suo amore sono incrollabili, un uomo veramente tutto d’un pezzo.
Chi mi ha davvero stupito è la famiglia imperiale, molto rilassata e per certi versi giocosa, rispetto a tante altre già viste in altri lavori, una famiglia in cui, contrariamente al solito, c’è amore e rispetto. Inaudito.
Sappiamo che il focus di questa produzione non sono le grandi imprese guerriere anche perché le battaglie che ci vengono presentate sono in realtà poco più di scaramucce. Ben poche volte ci viene presentato un vero esercito, molto più spesso ci si scontra fra drappelli di opposte fazioni. I combattimenti sono però molto ben coreografati. Ma ancor più bello è quello, fondamentale, che non ci mostrano: quando Zisheng parte per la tangente e si abbandona al massacro, ci viene mostrata una gran parete illuminata dietro cui ombre scure si muovono e schizzano sangue sulle finestre di carta bianca, col solo commento musicale. Da togliere il fiato.
Mi è difficile assegnare un voto a questo drama, perché l’ultima dozzina di puntate è stata piuttosto deludente. Per certi versi, si sono avvertiti pesanti tagli e salti di scene, per cui alcune cose, che sarebbe stato auspicabile vedere, ci vengono raccontate con poche parole di dialogo fra i personaggi. Ci mettono, per così dire, davanti ai fatti compiuti. D’altro canto, altre vicende e situazioni vengono trascinate fin troppo. Ci sono un paio di circostanze in cui si impreca sulla stupidità dei personaggi, situazioni pericolose facilmente evitabili, lunghissimi discorsoni di buoni e cattivi sull’orlo del baratro (sì, anche qui ci sono i soliti dirupi) e, soprattutto, l’estrema stupidità di un guerriero che rimane a guardare con le mani in mano una persona disarmata che sta per dare fuoco a tutto, assieme ad altre persone, anche loro immobili ad aspettare cosa?
D’accordo, sono i soliti risvolti “dramatici” che però, in una produzione per altri versi così grandiosamente curata, stonano e spiccano ancora di più. Aggiungiamoci che, dopo diverse scene piuttosto lente, non abbiamo neppure la grazia di vedere un matrimonio, ma ci limitiamo a sospirare tutti in fila guardando le stelle, e non si può fare a meno, come spettatori, di sentirsi un po’ ingannati. Presi in giro.
Era così anche nel libro originale? Chissà. Ma, visto che hanno cambiato così tante cose, potevano darci almeno la soddisfazione. Parere personale.
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Tratto dal webtoon “Weak Hero” di SeoPass e Kim Jin Seok, di cui sarebbe una specie di prequel, questo drama in 8 episodi da 40 minuti ciascuno è un concentrato di violenze brutali, che può essere guardato su diversi livelli.
In estrema sintesi, possiamo dire che Yeon Shi Eun, uno studente modello minuto e apparentemente poco atletico, si trova a battersi contro compagni prepotenti e piccoli delinquenti con astuzia, intelligenza e uso di armi non convenzionali (da ora in poi, in casa mia solo biro statiche, quelle a punta retrattile sono bandite). Apparentemente apatico e dedito completamente allo studio, si apre però con Soo Ho, un ragazzone abile combattente, e con Beom Seok, anche lui vittima di bullismo e di un padre potente e abusivo. Le iniziali vittorie, però, saranno vanificate da piccoli screzi all’interno del gruppo che, gonfiati al di là di ogni proporzione, finiranno per sfociare in tragedia.
Quello che ci viene presentato, fin da subito, è un ambiente scolastico malsano, dove una piccola cricca di prepotenti si fa branco per divertimento, per sfogare le proprie frustrazioni, per delirio di onnipotenza o, semplicemente, per invidia: il capobranco che ottiene il terzo premio in matematica vuole farla pagare al protagonista, Shi Eun, che è arrivato primo. Costui si aggira con occhi spenti e faccia apatica, chiuso nella sua bolla di studio e auricolari ma, dopo aver richiesto invano di essere lasciato in pace, se attaccato reagirà con violenza e astuzia, usando le nozioni imparate, la psicologia, e ogni mezzo a portata di mano. Il bullo costringe Beom Seok a drogare Shi Eun per fargli sbagliare un esame, ma le cose non vanno proprio come previsto. Così il capobranco, frustrato e umiliato, mette in mezzo un cugino semi-delinquente coi muscoli, ma anche Shi Eun si appella all’atletico Soo Ho, e allora si intromette un piccolo malvivente di quartiere, e poi…
Da un sassolino è nata una frana rovinosa che rischia di trascinare tutto con sé. In questa lotta dei ragazzi contro altri ragazzi e contro un piccolo capoccione, la polizia ha inizialmente poca importanza: già stupisce che intervenga quando chiamata, però poi, almeno in principio, non può procedere per mancanza di prove e i ragazzi, ancora una volta, sono lasciati a cavarsela da soli fin quasi alla fine.
L’assenza o lo scarso aiuto degli adulti sono un tema ricorrente. Parte dei combattimenti avviene a scuola, ma non c’è mai un insegnante in classe o, se c’è, non si intromette, addirittura esce, e ci si aspetta che torni coi rinforzi ma… no. Intanto, mentre si consumano scontri feroci, i compagni si accalcano alle pareti senza intervenire in alcun modo. E ogni tanto qualcuno va all’ospedale ma, per vari plausibili motivi, nessuno finisce mai nei guai con la giustizia.
Ma quando poi i nostri tornano malconci a casa, cosa trovano? Shi Eun ha una madre assente che fa l’insegnante e che vede praticamente solo nelle lezioni online e un padre a cui pare interessi solo sapere che arriva primo nelle gare scolastiche. Soo Ho vive con la nonna e lavora duro per mantenersi, tanto che di giorno dorme in classe. Beom Seok ha un padre adottivo che lo picchia e lo bastona con una mazza a golf, oltre ai vecchi compagni di scuola che non aspettano altro che di riempirlo ancora di botte. Molti ragazzini vengono sfruttati da un piccolo delinquente, che prima li irretisce con un giro di scommesse truccate e poi li sfrutta. Le situazioni descritte sono di disagio anche pesante e raccontano di giovani vite che non sembrano avere un posto per tirare il fiato. Lo spettatore ansima con loro.
In questo girone infernale, che dà sì l’impressione di essere un po’ esagerato, ma per certi versi forse neanche troppo, il vissuto dei vari personaggi, le motivazioni che li spingono, le molle neanche tanto nascoste che li fanno scattare, tutto è sciorinato davanti ai nostri occhi senza maschere e senza veli, in tutta la sua bruttura.
Weak hero Shi Eun non è debole. Non è neppure un eroe. Non sarebbe neppure particolarmente violento. E’ solo un ragazzo che avrebbe voluto a continuare a rimanere isolato a studiare, chiuso nella sua apatica bolla di auricolari e libri, e che più volte ha chiesto agli aguzzini di smettere. Inutilmente. Guardati dall’ira della persona paziente... Tanto più appaiono spenti gli occhi di Shi Eun in principio, quanto più energico e squilibrato appare alla fine quando, in un crescendo di disagio, ripicche, rivalità, vendette, agguati, violenze sempre più selvagge, si consuma una tragedia annunciata.
Fermati. Questa esortazione, più volte pronunciata da diversi personaggi, è sempre caduta su orecchie sorde. Soo Ho, il ragazzone ex lottatore, saggio e di buon cuore, non avrebbe certo voluto combattere fino alla fine. Lo stesso Beom Seok, talmente vittimizzato in ogni circostanza da non riuscire nemmeno più a riconoscere gli amici dai nemici, sicuramente avrebbe preferito vivere una vita più tranquilla. L’unico ragazzo che davvero non si può comprendere e perdonare è Jeon Young Bin, il capobranco che perpetua la spirale di violenze sempre più terribili perché non riesce ad accettare di essere, ogni volta, sconfitto.
Ma sarebbe sbagliato addossare a lui tutta la colpa. I genitori che non lo puniscono a dovere nemmeno dopo che è stato beccato con una droga pericolosissima e mettono tutto a tacere, non hanno colpe? Il potente padre adottivo di Beom Seok, che lo umilia e lo pesta continuamente, è innocente? I genitori assenti o troppo impegnati per curarsi della quotidianità dei figli sono incolpevoli? L’intero sistema scolastico che non sorveglia e che, salvo rari casi, gira la faccia dall’altra parte, accontentandosi di un rispetto di facciata e di un riscontro numerico per catalogare i ragazzi, è esente dal peccato?
Pur nella sua esagerazione, l’intera vicenda può essere interpretata come un urlo di denuncia non solo contro la violenza e il bullismo ma, e soprattutto, verso l’assenza, se non la connivenza, degli adulti che tali comportamenti dovrebbero reprimere e scoraggiare.
Resta da parlare degli attori. Ebbene, uno dei motivi per cui Weak Hero Class 1 è così sconvolgente, è proprio la performance degli attori, che non sembrano nemmeno recitare. L’atmosfera è spietata, la tensione continua, i visi, gli occhi, i gesti, le posture: tutto sembra vero. Le spalle e i personaggi secondari hanno recitato ad un buon livello e Park Ji Hoon, nell’interpretare il protagonista, ha fatto un lavoro magistrale, ma anche il Soo Ho di Choi Hyun Wook e il Beom Seok, interpretato da Hong Kyung, tengono agevolmente il passo. Le interazioni fra questi tre personaggi sono molto ben sviluppate e la crescita dell’amicizia fra Shi Eun e Soo Ho viene ben esplorata. Un commento musicale più che adeguato, con l’opening [i]Hero[/i] di Meego a fare da apripista a un’esplosione di emozioni, e una cinematografia sapiente, completano l’opera di demolizione che questo drama farà della vostra tranquillità.
Per quanto mi riguarda, ne vale la pena.
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