
Commedia sciocchina per un paio d'ore di facile divertimento
Si tratta, come da titolo, di una commedia molto leggera dall'umorismo facile facile, a tratti anche ben poco politicamente corretto. Per ridere senza arrabbiarsi troppo bisogna prendere in considerazione il particolare clima politico e soprattutto la censura che in Cina impera.In questa prima parte della serie che consta di due stagioni la parte più importante è la particolare relazione della coppia principale, prima ancora che diventi veramente una coppia. Infatti, laddove lui è deboluccio e poco incline alle arti marziali, lei invece è fortissima e abbastanza manesca. Il nostro le prende a ogni tre per due e questo scambio dei ruoli, che vede il maschio così pesantemente sottomesso fisicamente alla donna, non può che suscitare diverse risate.
Purtroppo, e qui entrano in gioco le peculiarità della cultura cinese, ci sono un paio di situazioni che possono far arrabbiare le persone di mentalità un po' aperta. Per esempio, uno dei malviventi è un uomo chiaramente omosessuale, il quale viene pesantemente disapprovato e in qualche modo deriso. Passati sono ormai i tempi in cui in Cina si riusciva a far approvare dei drama dall'aria vagamente BL, camuffati da bromance. Visto l'incredibile successo che tali vicende avevano sul pubblico, i capi in testa cinesi sono corsi immediatamente ai ripari e ormai questo tipo di situazione non si riesce più a vedere. Al contrario, pare che non si possa perdere occasione per svergognare quella che viene chiaramente recepita come perversione.
Una delle indagini che viene condotta dalla coppia punta come colpevole ad una donna piuttosto in carne, abbandonata dal marito che l'ha derubata per scappare con una amante molto più snella e più bella di lei. Anche in questo caso il commento che si fa di striscio è che sarebbe colpa sua, perché se solo fosse stata più attraente il marito non l'avrebbe né derubata né tradita. Ora, è sotto gli occhi di tutti coloro che guardano drama quale possa essere l'ideale di bellezza femminile da quelle parti: le donne devono essere magre fin quasi e oltre il limite della patologia, a giudicare da certe serie che ho visto.
Detto questo, ed è dire già tanto, bisogna rimarcare come le vicende, al di là di una comicità basica, siano veramente piuttosto infantili. Le indagini non sono certamente neppure degne di questo nome e, almeno in questa prima serie, la relazione romantica è appena agli inizi.
D'altronde sono sì 28 episodi, ma di lunghezza variabile tra i 3 e i 5 minuti, per cui le vicende in realtà si svolgono in maniera piuttosto affrettata e non c'è tempo per un qualsiasi tipo di approfondimento.
Sia la coppia principale che il cast di supporto si sono comportati abbastanza bene, considerato il tipo di drama: è una commedia senza tante pretese. Le scene drammatiche però lasciavano un po' a desiderare.
Musica, ambientazioni, costumi e cinematografia non sono di prima categoria, e si vede. Insomma: è una serie abbastanza coerente nella sua mediocrità.
Mi ripeto: si tratta di uno show che si può guardare se si hanno due o tre ore di tempo a disposizione e non si vuole cominciare qualcosa di più impegnativo, tanto per farsi due facili risate. Simpatica, ma nulla di più. Esiste già una seconda stagione, la cui riuscita è al pari della prima.
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Commedia senza pretese, divertente, con spunti di riflessione
Prima di tutto occorre specificare che si tratta di una commedia senza aspirazioni di correttezza storica e/o di completa aderenza ad un pensiero logico. Certo, esistono dei momenti di tensione, e qualcuno ci lascia anche la pelle, ma alla fine dei giochi tutti i santi finiscono in Gloria, lasciandoci in bocca un sapore di dolce soddisfazione. Si resta contenti, insomma.Gli attori fanno la loro parte in maniera più che onorevole, pur senza farci gridare al miracolo, sia quelli principali, che le spalle e i secondari. Costumi e ambientazioni, pur senza essere sensazionali, sono gradevoli e adatti alla produzione. Anche la musica compie decorosamente il suo lavoro di accompagnamento delle vicende.
Ma quali sono queste vicende? C'è una macellaia, piuttosto manesca anzi, una vera bisbetica, che deve sposare uno scolaro arrivato secondo agli esami imperiali. Lei è onesta, ma ignorante e versata nelle arti marziali, lui è retto, coltissimo ma sottomesso e gracilino. Lui ne è innamorato sin dall'infanzia, lei non lo giudica nemmeno un uomo... Eppure finiranno per amarsi, ovviamente. Insieme, combatteranno corruzione e pericoli, assieme alle proprie paure e insicurezze, con l'aiuto di diversi compagni di viaggio, fino ad arrivare a scoperchiare le corruzioni di corte. L'asse portante di questa serie è il racconto di come, lentamente, la coppia che comincia la sua convivenza sotto i peggiori auspici riesca pian piano a comprendersi, scoprendo affinità sconosciute e perle nascoste nell'altro coniuge. Mentre le scoprono i personaggi, le scoprono anche gli spettatori, che iniziano così ad amare la coppia principale che, inizialmente, non pare offrire molte attrattive.
Diverse coppie secondarie formano un gradevole contorno alle varie vicende.
L'abbiamo detto, no, che è una commedia? In molti non hanno gradito che la protagonista fosse, almeno nella prima metà del drama, piuttosto violenta nei confronti del suo uomo, il quale in effetti viene spesso malmenato (e non solo lui). La violenza domestica non dovrebbe essere presentata come materia di sorriso, nemmeno se a commetterla è una donna, ma si ha comunque l'impressione che ad alcuni non andasse giù non tanto la violenza in sé, quanto il fatto che fosse una donna a suonarle a un uomo... Sarò troppo sospettosa, mea culpa.
Ad ogni modo, se nel corso del drama il nostro scolaro non mette su i muscoli, la protagonista subisce invece un graduale voltafaccia che la porterà ad essere molto meno prona a risolvere a suon di botte i suoi problemi. Ma non bisogna nemmeno farsi l'idea che la nostra eroina sia violenta gratuitamente: in fondo si è ritrovata, per intelligenza e capacità, a dirigere e portare avanti la macelleria suina di famiglia, di fatto proteggendo e mantenendo diverse persone. Il mondo degli affari è duro, e ancor di più se sei una ragazza: difficile rimanere a galla se non sai farti rispettare. E quando la macellaia prende il coltello, i bulli scappano per non lasciarci lo scalpo.
In definitiva, un titolo gradevole, la cui storia si svolge senza eccessive lungaggini e battute d'arresto, e che riesce a trattenere l'attenzione dello spettatore fino all'ultimo, senza rallentamenti e improvvise accelerate. Fluida. Un ottimo esempio di come, senza budget da capogiro né attori stellari, si possa fare un buon prodotto di intrattenimento, divertente e non privo di spunti di riflessione.
Ampiamente promosso.
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Un’occasione parzialmente sprecata
Park Jung Woo, un pubblico ministero di Seul, un bel giorno si sveglia in prigione, condannato a morte, senza sapere come ci sia arrivato perché soffre di amnesia. Comincia una lotta contro il tempo e contro nemici onnipresenti e letali per recuperare la memoria e scagionarsi da accuse terribili: avrebbe ucciso l’amatissima moglie e la figlia, e non se ne ricorda.L’inizio di questo drama è veramente scoppiettante: nel primo episodio succede di tutto e di più, l’adrenalina si spreca, è un’enorme promessa che fin da subito si teme sarà faticoso mantenere. Infatti, già negli episodi successivi, il ritmo cala, e tanto. Troppo. Non sarebbe grave, in fondo alla mia età il rischio infarto aumenta… Il problema è la ripetitività delle situazioni. E non solo quella: in questa serie assistiamo ad una sproporzione assurda, ancor più del solito, fra il potere attribuito ai cattivi e quello esercitabile dai buoni.
Per la stragrande maggioranza del tempo, il nostro carcerato e i pochi che lo appoggiano si dibattono senza sapere che pesci prendere. Il cattivo della situazione, lo psicopatico Cha Min Ho, sotto le spoglie del gemello Cha Sun Ho da lui ucciso, presidente di una importante compagnia commerciale, sembra padrone assoluto di ogni situazione e si diverte a fare il gatto che gioca col topo, ammazzando nel contempo qua e là buona parte di quelli che sanno della sua appropriazione di identità. Ad un certo punto questo folle si attribuisce un omicidio stradale commesso dalla moglie (del fratello) per farsi incarcerare nella stessa cella del protagonista. E poi ne uscirà. Che diavolo, succede tutti i giorni!
Pubblici ministeri, giudici, capintesta della prigione, poliziotti, tutti da lui sono corrotti e usati, insieme alle sue squadracce, contro Park Jung Woo e i suoi pochi amici. Perché tanto accanimento? Perché Park Jung Woo gli stava dando la caccia come assassino del fratello e di una serie di donne. Ma questo presidentucolo da strapazzo non è il presidente della Corea ma solo di una società, e il potere che pare smuovere è completamente sproporzionato alla sua persona. Sembra quasi che invece che in Seul l’azione si svolga in un terrario.
Le cose non migliorano quando si tratta di organizzare la fuga dalla prigione in cui Park Jung Woo è rinchiuso assieme ai suoi compagni di cella. La rocambolesca fuga, lungamente progettata e ripetutamente provata ogni notte dal nostro protagonista, è qualcosa di semplicemente assurdo. La cosa dura diversi giorni e nessuno o quasi si accorge mai di niente, i secondini non vedono o al momento decisivo decidono di non parlare per pararsi il posteriore, e così via.
Il nostro povero protagonista però deve soffrire fino alla fine e soffre veramente bene: Ji Sung è un attore maturo e splendido, che ben si presta alle scene di disperazione, anche se forse la regia l’ha spinto a gridare un po’ troppo. Si perdona molto al drama per via della sua interpretazione, veramente sentita, a volte addirittura troppo sentita, che arriva dritta al cuore dello spettatore. Non è solo disperato, è stranito, dubbioso, deciso, furioso, innamorato… Tutto l’intero spettro delle emozioni umane più probabilmente qualcuna che ha inventato da sé. Anche la figlia, interpretata da un’ottima Park Ha Yun, è veramente toccante. Quest’attrice in erba (classe 2009) è già in grado di dare molti punti a professioniste adulte. E d’altronde, sia pur senza aver mai recitato in ruoli da prima protagonista femminile, a causa dell’età, ha comunque già al suo attivo almeno una trentina di titoli. Si farà.
Uhm Ki Joon, che ha interpretato i due gemelli, è un altro attore navigato, che ha saputo rendere al meglio la follia del big boss, ma anche la sua tristezza e solitudine di fronte al suo essere sempre una seconda scelta rispetto al fratello maggiore. A questo proposito, ho trovato veramente eccessiva la figura del padre, che scopriamo averlo sempre picchiato (addirittura con mazze dal golf!) [i]per il suo bene,[/i] anche se non si capisce bene come potesse essere possibile la cosa. La tesi del drama è che sarebbero questi ripetuti maltrattamenti ad averlo trasformato in uno psicopatico, non a caso la mazza da golf sembra essere una delle sue armi preferite. Un [i] villain [/i]tormentato e tormentatore, che si ama odiare e si odia amare.
Di solito si parla delle scintille fra la coppia principale. Qui la coppia non è romantica, ma le scintille ci sono, eccome! Si avverte immediatamente la tensione quando i due protagonisti entrano nella stessa stanza. Le riprese ravvicinate sono da brivido, sguardi e espressioni parlano di istinti omicidi, sfide e promesse di vendetta. Standing ovation.
Sul fronte degli attori secondari, menzione d’onore va fatta per il gruppo dei compagni di cella del protagonista, che sono spesso il collante che tiene insieme delle vicende carcerarie piuttosto lunghe, ripetitive e noiose. Le interazioni del simpatico mucchio ci regalano qualche sorriso, necessario come l’aria in mezzo a tanta, spesso inutile, angoscia.
Molto meno bene, per quanto mi riguarda, il comparto femminile che, a parte la bambina già citata, vede principalmente l’avvocata Kwon Yu Ri, praticamente inutile ai fine della trama, e la moglie di Cha Sun Ho, che sembra provvista di un’unica espressione per tutto il drama, ma che almeno ha un suo perché.
Lo stesso appunto di mancanza di espressività si può addebitare a Oh Chang Seok, che interpreta Kang Joon Hyuk, pubblico ministero amico di Park Jung Woo. Proprio vero che con certi amici non c’è bisogno di nemici.
Occorre poi notare come, dopo tante angosce e peripezie, la sconfitta del big boss avvenga in modo poco soddisfacente, decisamente piatto. Ci si aspettavano scoppiettanti fuochi d’artificio e invece si finisce con un petardo bagnato. Finale lieto, ma decisamente brutto. Ottimo però il comparto musicale, con diverse canzoni gradevoli ma, soprattutto, con la sua indimenticabile sigla iniziale strumentale [i]Till the end[/i] di SAN E. E menzione d’onore per le riprese, veramente eccellenti.
Per tirare le fila, un’interpretazione magistrale da parte degli attori principali, che mi ha tenuta incollata davanti allo schermo anche quando la ripetitività di alcuni frangenti e, soprattutto, la richiesta di sospensione dell’incredulità davanti a certe situazioni esacerbate e assurde si facevano eccessive. Una storia elefantiaca, a volte tirata troppo per i capelli, ma ben girata e recitata, con un ottimo commento musicale. Ma una storia di uomini, non venite qui a cercare personaggi femminili di rilievo, perché non ne trovereste. Si guarda, e si guarda con piacere, ma ci si domanda quale capolavoro avrebbe potuto essere se solo non si fosse voluto spingere troppo il pedale su certe situazioni e si fosse tagliato su altre. Peccato.
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So che c’è stato chi si è lamentato della complessità della trama, che alcuni trovano inutilmente intricata. L’unica cosa che posso dire è che non è una serie che si possa guardare col cervello scollegato, perché esige tutta, o almeno la maggior parte della nostra attenzione. Solo allora si potranno apprezzare le sottigliezze della trama, dei colpi di scena, spesso preparati con molto anticipo, e la deliziosa complessità dei rapporti interpersonali. E’ vero, come dice uno dei personaggi, che l’ambiente legale è tutto sommato ristretto, almeno in questo drama. Chissà se è vero che intere famiglie in Corea si dedicano alla professione forense, ma non vedo perché no, visto che esistono dinastie simili anche in Italia. Con queste premesse, è facile che in una università legale si concentrino studenti e professori provenienti dalla stessa cerchia o addirittura dalla stessa famiglia.
Quella che inizia con un omicidio all’università di giurisprudenza si rivela ben presto una vicenda molto più intricata del previsto, con radici molto profonde e lontane nel tempo. La sceneggiatura sapiente ci porta per mano alla scoperta di varie verità, più o meno vere, più o meno false. I professori, ma soprattutto gli studenti della scuola, avranno il loro da fare per scoprire i retroscena di situazioni sempre più difficili e pericolose, tra accuse di omicidio e di crimini vari e assortiti, passando per frequenti minacce alla propria libertà e financo alla propria vita. In questi scenari i rapporti di amicizia e familiari verranno messi a durissima prova.
Le trame sono fitte e a volte chi pareva tirare le fila dei giochi si rivela essere in realtà nient’altro che una pedina. I buoni della situazione dovranno fare squadra per salvare la situazione e la pelle, ma fortunatamente la produzione ha ritenuto di concederci un lieto fine, senza lasciare troppi fili appesi. Soprattutto, il ritmo delle vicende è ben strutturato e se, arrivati alla fine, sembra che manchi qualcosa, è solo perché in questo universo si sta così bene che si sarebbe voluti restarci dentro molto più a lungo e già guardando la sigla finale ci si sente in crisi d’astinenza. Spero proprio che ne facciano una seconda serie, con gli stessi attori. Purtroppo, pur avendo avuto una buona accoglienza, quest’opera non ha ricevuto il massimo dei voti, che meriterebbe molto più di altre simili, ma non allo stesso livello.
Già, gli attori. Sia i principali che i secondari hanno fatto generalmente un buon lavoro, anche se alcuni personaggi, come la madre di Kang Sol (B), il malvivente Lee Man Ho interpretato da Jo Jae Ryong, o il politico Ko Hyeong Soo, interpretato da Jung Won Joong, sono forse un pelino troppo caricati. Specialmente riguardo al collerico politico, ci si domanda come possa essere arrivato così in alto, vista la sua completa mancanza di diplomazia, la tendenza agli scoppi di rabbia e all’esagitazione. Però come malvagio della situazione bisogna riconoscere che ha fatto un buon lavoro: lo si odia veramente.
Ma, soprattutto, l’attore principale Kim Myung Min (professor Yang Jong Hoon), ha saputo ben interpretare un personaggio inizialmente molto respingente, esigente, duro oltre i limiti della maleducazione e, francamente, molto pieno di sé. Ma sarebbe molto riduttivo fermarsi alla prima impressione e, infatti, ben presto il nostro rivela di essere un burbero benefico quasi da manuale. I suoi metodi, per quanto poco accomodanti, hanno lo scopo e l’effetto di costringere gli interlocutori, e specialmente gli studenti, a pensare, cercare soluzioni alternative, linee di pensiero diverse dall’ordinario. E, dallo svolgersi dei fatti, possiamo dire che, almeno ai fini del drama, i suoi metodi non convenzionali funzionano.
La protagonista Kang Sol (A), interpretata dalla bravissima Ryu Hye Young, ci viene presentata inizialmente come una studentessa mediocre, una completa outsider dell’ambiente, provenendo da una famiglia povera. Nonostante le difficoltà e i complessi che comparativamente la sua situazione genera, si riscatterà mettendo in campo acume e impegno, risolvendo più di una situazione. Kim Eun Sook, la sua professoressa di diritto civile interpretata dall’ottima Lee Jung Eun, ci riserverà più di una sorpresa. Sono sempre quelle insospettabili…
Diversi personaggi sono accuratamente approfonditi, ne conosciamo progressivamente i pensieri e i retroscena, e anche di alcuni dei delinquenti più incalliti vengono forniti particolari che li rendono, se non simpatici, almeno temporaneamente meno disprezzabili.
Mentre si dipanano le fila di un [i]whodunit[/i] da manuale, l’opera porta avanti una spietata critica del sistema sociale e giudiziario coreani. Siamo in una scuola di giurisprudenza, le citazioni di leggi e sentenze si sprecano, ma gli autori ci guidano all’interno di questi labirinti portandoci per mano a scoprire le intricatezze legali senza mai annoiare, anzi, lasciandoci la distinta impressione di aver imparato qualcosa.
L’azione è supportata da un comparto musicale veramente azzeccato. I crescendo che sottolineano le sequenze più tese e le musiche che accompagnano ricerche e scoperte sono da manuale, spesso sottilmente inquietanti, e ci sono diversi titoli molto gradevoli, come [i]X[/i] di Safira.K., [i]We are[/i] cantata da Lee Seung Yoon o, ancora, [i]Monitus[/i] e [i]Justitia[/i]. In realtà, tutto il comparto musicale è altamente suggestivo e dovrei citare ogni singolo pezzo musicale, non solo quelli cantati. Vengono utilizzati molti strumenti, come violini o, addirittura, quella che pare essere una spinetta.
Occorre poi citare la magnifica cinematografia che, con l’uso sapiente delle inquadrature, delle transizioni, dei movimenti della macchina da presa, dei colori, ha saputo creare un prodotto non solo intelligente, ma anche molto gradevole agli occhi.
In sunto, un’opera che mi sento di raccomandare a tutti coloro che non disdegnino di impegnare nella visione di un drama qualcosa di più del minimo cervello indispensabile. Se quello che cercate è una serie intelligente, che faccia pensare, gradevole da guardare e da ascoltare, non andate altrove: è qua.
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A mente fredda ne vedi i difetti
Signal è un k-drama del 2016 di stampo poliziesco/fantascientifico, in cui un profiler dal passato doloroso trova nel presente il walkie talkie di un poliziotto scomparso molti anni prima e, incredibilmente, parla con costui di casi irrisolti nel passato, cercando di risolverli, con risvolti anche pesanti nel presente.E’ un drama con tanti punti positivi, ma anche diversi negativi.
Positivi:
- La tensione.
Ci sono pochi momenti di stanca, di solito perché stanno facendo un flash back. Le indagini sono serrate, e concatenate tra di loro. I colpi di scena abbondano. La storia in sé è molto appassionante.
- La cinematografia.
L’azione si svolge in un continuo ping pong tra il passato e il presente. Sarebbe difficile seguire le linee temporali, ma il passato ha un filtro molto più giallo e le figure leggermente allungate, là dove il presente vira al blu. Le transizioni sono spesso improvvise, magistrali.
- Gli attori.
Lee Je Hoon, che interpreta Park Hae Young, il poliziotto profiler nel presente, è un attore coi controfiocchi. La sua interpretazione è stata fenomenale. Jo Jin Woong, cui hanno affidato la parte di Lee Jae Han, il poliziotto del passato, ha saputo dar vita a un personaggio dolente, ma deciso. Kim Hye Soo, che interpreta Cha Soo Hyun, una poliziotta innamorata di Lee Jae Han, ha avuto molti alti e alcuni bassi, alternando momenti da oscar a scene poco convincenti, forse a causa degli occhioni perennemente spalancati che, alla lunga, diventano poco espressivi. Ma le scene in cui viene rapita sono qualcosa di veramente sublime. Non oso pensare come possa essersi immedesimata per recitare così: da brivido. Jang Hyun Sung riesce a farsi detestare nella sua interpretazione del cattivo di turno, talmente odioso da rasentare il disgusto. Ottimo lavoro! Ma anche tutti i vari comprimari e secondari hanno fatto un lavoro coi fiocchi, bisogna veramente applaudire il cast in toto.
- La colonna sonora.
Molto belle e dolenti opening e ending, nonché le musiche di background, non invadenti ma ben correlate alle scene.
Negativi:
- I poliziotti.
Diciamo che in una specifica stazione di polizia ci sono solo un paio di poliziotti onesti e lavoratori, tutti gli altri sono pigri o incapaci, disonesti, venduti, addirittura criminali. Sembra che tutte le indagini siano pilotate in modo da dare all’immagine della polizia (e agli affari di un certo politico) il minor fastidio possibile. Alla lunga la situazione genera fastidio, è poco credibile, suvvia.
- Il walkie-talkie.
Non ci viene minimamente spiegato il funzionamento dell’apparecchio, che sarebbe rotto ma funziona senza pile e mette in contatto due persone separate da 15 anni. E lo stesso uso che se ne fa a volte è poco determinante, lo spettatore freme sulla sedia esclamando: ‘ma digli questo, ma fai quest’altro, ma perché non gli dici…’ e così via. Un oggetto con potenzialità così enormi sembra essere sottoutilizzato.
- I comportamenti poco logici.
Vabbeh, siamo in dramaland, non sarebbe nemmeno da dire. Citatemene uno che proceda con logica perfetta da parte di tutti i personaggi dall’inizio alla fine, che vado a vederlo subito.
- Il finale.
Senza fare spoiler, l’ultimo episodio è piuttosto confuso e il finale è aperto. Sono passati diversi anni, quindi difficilmente ci sarà un sequel, e l’impressione che ho avuto è che comunque non fosse previsto.
Il fatto è che un drama non è quantificabile in termini di punteggi positivi e negativi. Puoi ripensarci a mente più fredda, e trovarci a posteriori tanti difetti che, mentre lo guardavi, stavano in secondo piano o proprio non percepivi, perché eri troppo impegnata a goderti l’ottima interpretazione degli attori. Mentre lo guardavi eri completamente assorta nella concatenazione degli eventi, presa dall’azione, assorbita dalle indagini, arrabbiata coi corrotti, e così via. Questo è il valore dell’intrattenimento. D’altro canto, il fatto che si insista così tanto sulla corruzione della polizia e sulla denuncia dell’ingiustizia che vede ricchi e potenti cavarsela sempre qualsiasi nefandezza compiano, ha un valore intrinseco. Anzi, ci dicono chiaramente che non solo i potenti se la cavano, ma che incastrano al loro posto qualche poveraccio che non ha soldi, amicizie e potere. E la cosa ci da tanto fastidio, sì. Forse perché magari è la verità?
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Senza coesione
Partiamo dicendo subito che si tratta di un buon titolo, ma che sarebbe difficile definirne il genere. Non si può dire che sia un drama di azione, né un poliziesco, né che sia particolarmente psicologico, e certamente non umoristico. Vogliamo dire che è drammatico? Ma solo fino a un certo punto.Abbiamo questa strana agenzia che si occupa di cancellare i dati dai dispositivi elettronici delle persone che decidono di far scomparire alcune informazioni alla loro morte. Già qui, se vogliamo, si inizia a capire che la storia in sé pecca di plausibilità. Chi mai pagherebbe per fare una cosa del genere? E perché attendere la propria morte, quando se vuoi cancellare qualcosa puoi farlo in qualsiasi momento? La nostra agenzia è formata inizialmente solo da un disabile in sedia a rotelle, cui poi si aggiunge un giovane che vive di espedienti. Da quel momento i file, invece di essere cancellati, vengono praticamente sempre indagati per capire cosa ci sia sotto e aggiustare dei torti, tanto che alla fine le cose volgeranno in malo modo, almeno relativamente.
Otto episodi possono essere pochi o tantissimi, dipende da cosa ti fanno vedere. In questo caso assistiamo a una serie di casi, anche umani, completamente slegati fra di loro e tenuti insieme solo da un filo sottilissimo che è l'idea dell'agenzia di dele.life, che si occupa appunto di cancellare informazioni scomode su richiesta dei proprietari al verificarsi di certe condizioni.
D'accordo, assistiamo durante gli episodi al crescere del rapporto tra il titolare e il ragazzo tuttofare che viene assunto per aiutarlo. Il rapporto che diventa col tempo di reciproco rispetto e amicizia mentre entrambi si aprono l'uno verso l'altro potrebbe essere considerato il filo conduttore di tutto il drama, ma è un po' poco.
Quella che poi è veramente anomala è la qualità della cinematografia, veramente altissima, che sinceramente appare quasi sprecata per il tipo di serie che descrive.
Anche la performance di alcuni attori è di ottimo livello. Suda Masaki, già visto nella parte del cattivo in MIU 404, rende qui con molta efficacia l'interpretazione di un personaggio completamente diverso: è il ragazzo tuttofare che viene assunto per indagare se i clienti dell'agenzia siano o meno defunti. Yamada Takayuki, che interpreta il titolare invalido dell'agenzia, non mi ha però entusiasmato più di tanto, anche perché l suo personaggio è introverso e poco dimostrativo. Aso Kumiko, la sorella del titolare, chiude degnamente il trio degli attori principali, ma anche tutto il cast secondario, che recita in un solo episodio, si è fatto ben valere.
I misteri da risolvere sono a volte fin troppo prevedibili, ma ci sono alcune scene di azione molto ben girate, e non solo dal giovincello, ma anche dal titolare in carrozzella che riesce a insegnare a fior di bulli che un invalido non è necessariamente impotente, anzi.
La colonna sonora è molto varia e spazia per una moltitudine di generi musicali ben sottolineando l'azione.
Si tratta in sunto di un prodotto anomalo e, per quanto mi riguarda, riuscito soltanto a metà. Il fatto che manchi completamente una storia che faccia da filo conduttore alle vicende e che si rimanga alla fine dell'ultima puntata praticamente in sospeso, non riesce a dare allo spettatore o quantomeno a me un'idea di conclusione e di aver guardato qualcosa di significativo. È veramente un peccato, perché in realtà gli episodi visti uno per uno sono molto gradevoli e a volte anche molto profondi, ma rimane alla fine questo senso di insoddisfazione profonda per cui ci si sente quasi presi in giro.
Bella musica, bella cinematografia bravi gli attori, otto vicende e alla fine? L'aereo rolla e rolla sulla pista, si guarda fuori dal finestrino aspettando di decollare e partire, finalmente, i motori si scaldano e rombano e poi... si spengono. Fine del viaggio. Eh, no, diavolo!
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Carino ma affrettato
Un dio viene cacciato dai cieli e condannato a cucire abiti per consolare gli umani. Non è che impari molto dalla sua esperienza, ma ecco arrivare una cliente particolare che, dopo essere stata cliente, diverrà apprendista, e tutto cambierà.Diciamolo: il concetto non è male. In realtà mi aspettavo qualcosa di più dagli abiti, qualcosa di più glamour, elegante, scintillante, qualcosa di diverso. Invece, i vestiti prodotti da questa sartoria che traffica in emozioni sono indumenti normali, perché il loro valore, al di là dell’eventuale preziosità della stoffa, sta più che altro nelle emozioni di cui sono intessuti.
Ci vengono presentati, negli otto brevi episodi di lunghezza variabile, quattro diverse situazioni che vengono “risolte” con un abito consolatorio, di cui la prima e l’ultima riguardano la protagonista.
Il gelido sarto, Woven, acquista umanità fino ad apparentemente innamorarsi, ricambiato, della sua nuova assistente. E qui secondo me sta una delle pecche peggiori: la ragazza nei primi episodi esce da una relazione durata sette anni, venendo tradita e abbandonata dal fidanzato che sposa un’altra. Lei accarezza addirittura l’idea di ucciderlo e dopo un mese è già innamorata di un altro. Sì che, vuoi mettere, Woven è un dio e col viso di Lee Soo Hyuk, ma insomma!
I casi umani che ci presentano sono comunque ottima materia di riflessione ma questa miniserie, lunga poco più di un film, ci lascia in bocca il sapore di una pietanza non completamente riuscita. Forse manca qualche ingrediente, o forse aveva bisogno di una cottura più prolungata.
Perché, nonostante lo splendido comparto tecnico, lo studio dei colori e degli interni, che catturano l’occhio, nonostante l’ottima interpretazione degli attori che, con la sceneggiatura a disposizione, non avrebbero potuto obiettivamente fare di più, si avverte, come già detto, un’aria di incompiutezza. Perché lo sviluppo dei personaggi è troppo repentino e il finale, pur essendo un finale, è affrettato, poco credibile in base alle condizioni di partenza. Magari faranno una seconda stagione, chissà.
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E’ un prodotto di intrattenimento, e lo fa benissimo!
Ho letto di tutto e di più su questo titolo. Chi si lamenta della performance della protagonista, chi del protagonista, chi della chimica fra i due, chi della gestione dei flashback, chi della logica degli avvenimenti, e così via. Immagino sia così per ogni e qualsiasi drama. Io non sono molto abile a notare illogicità sottili e parto dal presupposto che quello che sto guardando, specie perché bazzica nel soprannaturale, sia un mero prodotto di intrattenimento. Da questo punto di vista, per quanto mi riguarda hanno fatto un lavoro ottimo. L’unico, vero, minus di tutta la serie è il fatto che non spieghino come siano nati questi sogni e che a volte siano poco coerenti con le (presunte) premesse. Fine. Ma non stiamo mica guardando una lezione universitaria di fisica nucleare!
Il concetto di base è interessante, anche se forse non completamente originale (raccontiamo storie da migliaia di anni…).
Lo svolgimento è ben condotto, senza battute di arresto e accelerazioni improvvise. C’è almeno un cruciale colpo di scena che non avevo minimamente previsto e mi ha fatto ballare di soddisfazione sulla sedia. La storia d’amore fra i protagonisti non prende mai il sopravvento sulle vicende, ma è ben integrata nella storia. Il fatto stesso che la linea temporale viaggi avanti e indietro non confonde, perché il tutto resta abbastanza lineare e perfettamente comprensibile. Il finale è soddisfacente. L’ambientazione nei tribunali è molto piacevole, anche se probabilmente non completamente realistica. Ma, ehi, mica è un documentario!
I costumi? Da donna ho notato particolarmente quelli degli uomini. E le lunghe gambe di Lee Jong Suk inguainate negli abiti scuri, sormontate dal resto, fanno la loro magnifica figura. Anche Jung Hae In, in divisa, specie quella scura, non lascia indifferenti. Lo stesso Lee Sang Yeob, pur se gravato da un personaggio antipatico, è di una innegabile eleganza.
Passando alla performance degli attori, non ho notato particolari deficienze, anzi. Il quartetto dei principali – il duo protagonista, il poliziotto e il legale cattivo – è riuscito a dare un’interpretazione convincente e non forzata. Non dico che siano da oscar, ma hanno sicuramente guadagnato la pagnotta. Anche diversi interpreti di personaggi secondari hanno fatto molto più del loro dovere, per esempio Kim Won Hae, nei panni dell’investigatore Choi, è stato veramente magnifico, Hwang Young Hee è stata una convincente madre della protagonista e, in generale, la serie dei caratteristi di contorno si è comportata alla grande. Non so perché in tanti ce l’abbiano con Bae Suzy. A me nel suo ruolo è piaciuta molto. Una ragazza gravata da un passato doloroso e dal perdurare di sogni sconcertanti e spesso minacciosi, non può che avere qualche stranezza.
I personaggi sono umani. Non ci sono supereroi, tizi imbattibili, che prendono sempre la decisione giusta, che vincono sempre, e così via. Le decisioni sono difficili, soppesate, sofferte, tanto più quando ne dipendono le vite delle persone. Il cattivo del mazzo è forse il più umano di tutti, un uomo tutto sommato tormentato, ma che non riesce mai a trovare in questo tormento la forza di fare la cosa giusta, o almeno quella meno errata. “Non sei qui perché la tua risposta era sbagliata. Se qui perché hai preteso che la risposta sbagliata fosse giusta.” Non sono solo i buoni a disprezzare il malvagio, vediamo più volte, nel corso del drama, che si fa schifo da solo. Che tristezza.
Resta da parlare del commento musicale. Ecco, sinceramente forse è l’aspetto più trascurabile. Le canzoni per il mio orecchio non sono particolarmente memorabili, e non ho ricordi di musiche di sottofondo che mi abbiano particolarmente colpito, a parte il crescendo orchestrale che sottolinea le parti più pregnanti. Un po’ poco per scriverne a casa.
In sunto, una serie che ho trovato godibilissima e che ho guardato tutta d’un fiato, a botte di una decina di episodi al giorno, visto che sono in ferie. Una serie da guardare e riguardare, che mi lascia con l’arduo compito di trovarne un’altra che sia almeno alla pari. Compito difficile, perché siamo veramente ai limiti superiori, qui.
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Divertentissimo ma non senza sugo
Un drama solo apparentemente peso piuma, che affronta con la comicità e la farsa l’eterna guerra dei sessi e la disparità di trattamento fra i generi. Ambientato per lo più in un mondo pseudo cinese antico, vede due città diametralmente opposte farsi la guerra.
In una comandano gli uomini, e le donne sono completamente sottomesse, e fin qui nulla di nuovo. Nell’altra città sono invece le donne a farla da padrone, e gli uomini non hanno alcun diritto. Le governanti e le ufficiali sono tutte donne, ed è veramente sconcertante vedere le case di piacere popolate di ‘musicisti’ maschi (piuttosto effeminati, in verità, e nemmeno troppo carini). L’applicazione agli uomini di tutte le violenze, limitazioni e pregiudizi che di solito sono riservati alle femmine genera una serie infinita di situazioni in cui non si può fare a meno di ridere, anche se a volte è riso amaro.
Ma, davanti a questo rovesciamento dei ruoli, non si può neanche evitare di vedere quanto sia assurda l’oppressione verso un sesso da parte dell’altro. Se è così fuori dalle righe applicato a un uomo, perché dovrebbe essere giusto se a subirlo è una donna?
In questo scenario, lo spietato erede del Signore della sconfitta città degli uomini viene a sposarsi nella città delle donne, con lo scopo non troppo nascosto di curare la sua malattia congenita al cuore e conquistare la città e le sue miniere. Dovrebbe sposare la seconda erede della Signora, ma la terza erede, viziosa e capricciosa, lo rapisce e se lo sposa.
Senonché la ragazza in realtà viene ‘sostituita’ dalla sceneggiatrice che ha inventato tutta la storia, e che si ritrova a vivere un personaggio secondario della sua sceneggiatura, da lei stessa destinato a morire per avvelenamento la notte delle nozze forzate! Ovvio che cercherà in tutti i modi di salvarsi la pelle e, nel contempo, di riportare in carreggiata la sua storia, che è stata deragliata dalla sua continua presenza in una trama che non la prevedeva.
Inutile dire che ciò genererà problemi, risate (e lacrime) a non finire. Risate? Addirittura sghignazzate sbattendo i pugni sul tavolo, direi. Questa almeno è stata la mia reazione. La sceneggiatrice vede ovviamente tutti solo come personaggi di carta, ma comincerà ben presto a cambiare idea.
Nel contempo, bisogna sottolineare come la storia, che nella prima metà si mantiene sul registro della più completa comicità, nella seconda parte viri verso situazioni più tese, a tratti anche tragiche, pur senza eccedere. E non credo di fare spoiler se dico che la storia ha un lieto fine.
Gli attori hanno fatto tutti un lavoro egregio. La coppia principale ha una chimica tale che si potrebbe credere lo sia anche nella vita reale. Gli occhi da cucciolo del protagonista sanno diventare all’occorrenza due schegge taglienti, il sorriso accattivante può tranquillamente divenire diabolico o stringersi in una maschera credibilissima di dolore o furore. Un’interpretazione, da parte di tutti gli attori principali, misurata ma espressiva. Fanno eccezione i loro servitori, cui è affidato un ruolo più comico e che per questo esagerano con la mimica facciale, e l'interprete di Pei Heng, che è sinceramente non pervenuto.
Non si può dire ci siano voli di fantasia sia nelle musiche, che nelle ambientazioni e costumi ma, in realtà, non si sente la mancanza di nulla. Il numero limitato di episodi assicura uno svolgimento delle vicende alla giusta velocità, senza inutili trascinamenti e senza l’introduzione di infiniti personaggi secondari che affosserebbero il ritmo con le loro inutili traversie. Non capita mai di sbottare: sì, va bene, ma i protagonisti? La trama? Tutto funziona col ritmo giusto e si giunge alla fine col desiderio di una seconda stagione, purché con gli stessi attori.
E’ un drama ‘apparentemente’ peso piuma, come detto in principio. Le situazioni che descrive spesso non sono logiche, bisogna ammetterlo. A volte tende alla farsa, non è esente da forzature e sicuramente il conflitto fra i due opposti stili di vita viene risolto in maniera troppo veloce e in modo non plausibile. Ma non è un drama storico, e il suo scopo non è descrivere una storia vera o plausibile. Non deve essere preso troppo sul serio, cercandovi chissà quali voli pindarici. Ci fa ridere, emozionare, e pensare. Direi che basta. Per quel che è il suo target e il suo scopo, è fatto egregiamente. Ce ne fossero! Edit: l'ho già riguardato, e continuo a ritornare sulle scene che mi sono piaciute di più. Decisamente un'impressione duratura: ha toccato tutte le mie corde.
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Commedia peso piuma ma piacevole
Si tratta davvero di una commedia a peso piuma. La trama ricorda decisamente almeno un film già visto e le situazioni sono spesso stiracchiate all'inverosimile. Molto si perdona perché si tratta chiaramente di una commedia romantica molto, molto leggera. Vista in questi termini fa egregiamente il suo dovere che è quello di divertirci e di farci passare qualche ora di spensieratezza. Si tratta chiaramente di un prodotto a basso costo, ma che ha saputo fare il meglio con il poco budget a disposizione. In drama di questo genere la logica molto spesso va a farsi benedire, così come in effetti succede anche qui. Il cattivo della situazione è abbastanza palese, stante anche il limitato numero dei personaggi in gioco. Non posso dire che il finale mi abbia completamente soddisfatto, e d'altronde certe cose succedono solo in drama Land. Quello che veramente fa scintille è il rapporto fra i due protagonisti. Il vero divertimento deriva dalla situazione in cui si trovano, in cui ciascuno dei due cerca di nascondere la propria identità all'altro. D'altro canto, la chimica fra i due protagonisti principali potrebbe reggere da sola un laboratorio di analisi. Questi due insieme fanno davvero faville e le scene di bacio sono spesso molto roventi, almeno per come siamo abituati a vedere nei drama cinesi. Niente casti bacetti sulla bocca stile asilo, qua! Se quello che cercate è qualche ora di spensieratezza e divertimento qui lo troverete di sicuro, a patto di scollegare prima il cervello e di non pretendere logica e originalità. Puro intrattenimento senza tante pretese. In quest'ottica è un lavoro riuscito. Certo non credo che lo riguarderei.Was this review helpful to you?

Commedia leggerissima, bisogna guardare la seconda stagione
Come da titolo, si tratta di un drama peso piuma, leggerissimo, che non ha pretese né aspirazioni, e va preso per quello che è: puro intrattenimento con un po' di romanticismo. E, trattandosi di una prima stagione, per sapere come va a finire bisognerà guardare anche la seconda. Rimaniamo in sospeso su tutte le questioni, ma tanto ormai è già disponibile il sequel, per cui è tutto a posto.Bisogna ammetterlo: non è che sia una commedia particolarmente brillante. Non si ride a crepapelle, ma ci sono diversi momenti e situazioni divertenti. La storia in sé è abbastanza carina, pur se zeppa dei soliti cliché a cui ormai siamo talmente abituati che non vale neanche più la pena di citarli. Ciononostante, la trama non è del tutto immediatamente prevedibile ed è abbastanza godibile. Piuttosto frequenti, rispetto ad altri drama, le scene di bacio fra i due protagonisti, che hanno una notevole chimica.
La musica è sufficiente e costumi e ambientazioni, trattandosi palesemente di un prodotto a basso budget, sono anche passabili. Pure il trucco e soprattutto il parrucco sono migliori di tanti scempi visti in produzioni più blasonate. Posso contare sulle dita di una mano le volte che ho notato qualche segno sui visi. E anche questo, in una produzione in costume, ha un bel peso.
I personaggi sono piuttosto normali per il genere. In questa prima serie il ML è diviso tra la necessità di obbedire agli ordini dell'imperatore (chissà chi è e dov'è?), salvarsi la pellaccia e conquistare e tenersi la donna che ama. Una buona prova, parlando della sua recitazione. Il SML è spesso piuttosto caricaturale nella resa del suo personaggio (presumo per ordini di regia), che parte come antagonista ma non è detto lo rimanga fino alla fine. Un personaggio ambiguo, ma inaspettatamente umano, che potrebbe essere ulteriormente sviluppato nella seconda stagione.
La FL offre una buona interpretazione piuttosto scoppiettante, ma non mancano le scene tristi e, specie nei primi episodi, le sue trasformazioni in gatto. Diciamocelo: un orribile gattaccio più brutto di Garfield, reso con una CGI da urlo (di dolore). Che, oltretutto, cammina su due zampe portando qua e là un corpo chiaramente sovrappeso e un muso che nulla ha di femminile e poco anche di felino... Talmente orribile da risultare tenero!
I personaggi di contorno, specie la servitù, sono nella norma del genere. Colpisce sfavorevolmente per l'irritazione che risveglia la SFL, una rompiscatole appiccicosa, ruolo che ricopre alla perfezione, riuscendo a rendere il suo personaggio piacevole come uno sciame di zanzare alla cena in spiaggia. Ottima interpretazione!
In definitiva, nulla di cui scrivere a casa, ma un buon prodotto per passare qualche ora in compagnia di una storia accettabile. E non dimenticate di guardare le scenette di fine puntata: molto carine e spesso divertenti.
E ora scusatemi, devo andare a cominciare la seconda serie.
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Attori non eccelsi, storia così così, necessita di sequel
Fortuna vuole che questo drama abbia episodi brevissimi, o non sarei riuscito a finirlo. Già così, sono arrivata alla fine a stento.Come da titolo, a me gli attori non sono piaciuti quel gran che. Specialmente il ragazzo che vede a colori, come attore non ha incontrato il mio gradimento, e nemmeno come aspetto. Troppo truccato (male), e neanche fenomenale nonostante il trucco.
Meglio il mono, molto più carino e soprattutto rifinito come attore, probabilmente anche per la maggiore esperienza.
La storia però non mi ha appassionato più di tanto. Peccato, perché avrebbe avuto un gran potenziale., siamo nel campo della semi-fantascienza, e tutto ci può stare, ma le vicende in sé sono poco coinvolgenti.
Lodevole lo sforzo nell'invenzione dell'ambientazione, molto originale, ma diverse cose sono state lasciate in sospeso (una su tutti: la madre del mono) e il fatto che la storia rimanga in sospeso è stato il colpo di grazia per questo esperimento. Dubito che, se ci sarà un sequel, lo guarderò.
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Adrenalina e un protagonista magnifico
Una produzione adrenalinica, che conosce pochissimi punti morti e una solida trama, per quanto forse leggermente troppo allungata nel finale. A parte la solita logica che vuole sempre permettere ai cattivi di fare il loro discorsetto e ai buoni di spiegare quanto sono stati furbi a incastrarli (spesso permettendo a detti cattivi di scappare), uno dei pochi punti negativi di questo drama risiede negli ultimi 10 secondi, che vorrebbero – forse – gettare una nuova luce su tutta la vicenda. Dicono tutto e niente. Dato che non esiste una seconda serie, propendo per il niente.Altra cosa fastidiosa è il fiorire gratuito di tante coppie negli ultimi 5 minuti, ma accettiamo la cosa in nome del lieto fine. Si tratta comunque di quisquilie.
La solida realtà è che questa produzione è sicuramente una tra le migliori che abbia mai visto. Il Big Boss finale non è che non possa essere mai sospettato, e in effetti l’idea viene, durante la visione, ma così come si sospetta di tantissime altre persone. Semplicemente, la storia è complessa e ben condotta a livello di sceneggiatura. Il commento musicale aggiunge pathos alle scene più pregnanti, è veramente ben fatto.
Ma, soprattutto, è la recitazione a rendere indimenticabile questa serie. Non solo Wallace Huo è molto piacevole da guardare, è un attore coi controfiocchi e i pappafichi. Sandra Ma ha recitato alla grande e Yin Zheng, per essere all’epoca praticamente un novellino, se l’é cavata benissimo. Anche gran parte dei comprimari e secondari ha recitato sopra la media, pur se qualche finto americano lasciava un po’ a desiderare. Alcuni possono aver trovato sconcertanti i dialoghi mezzi in inglese (non ottimo) e mezzi in cinese. Posso capire lo scombussolamento, ma essendo italiana per me sono tutti stranieri e, seguendo comunque i sottotitoli, la cosa non mi ha disturbata più di tanto.
Avendo seguito questa serie a botte di 10 episodi al giorno, mi sento ora in crisi d’astinenza. Le vicende si svolgono in maniera pressante, incalzante, senza lasciare allo spettatore il tempo di tirare il fiato, si arriva alla fine ansimando… L’unica cosa che veramente mi delude è il fatto che ci sia una stagione sola. Ho adorato il complesso di superiorità del bel Bo, che ne ha ben d’onde: un Q.I. di 180 non si trova ovunque. Pazienza. Dovrò cercare qualcosa di simile. Buona fortuna a me.
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Uno dei tanti isekai, ma non uno dei migliori.
Uno dei tanti drama peso piuma, pensato (?) per far ridere con molte situazioni oltre il limite della logicità e dell’assurdo, ma non completamente privo di spunti di riflessione (le ingiustizie sociali). Dev’essere una produzione a basso costo, perché le ambientazioni e i costumi non sono né memorabili né variati, e il commento musicale è scarno e ripetitivo, ma non è questo il problema peggiore.Gli attori, per la maggior parte, fanno un lavoro dignitoso, e naturalmente Zhao Lu Si è sempre una godibilissima garanzia. Il buon Xiao Zhan fa quel che può con la parte che gli è stata affidata e anche Gu Jia Cheng si è ben difeso. Anzi, per quanto non si possa gridare al miracolo, è stato una mezza rivelazione. Adatto alla parte, via.
No, gente, il problema grosso è che dopo quasi 40 episodi di piacevoli risate, a patto di essere un po’ di bocca buona, si precipita a fine serie in una spirale di tragedia che non ha niente a che vedere con tutto il precedente, e a nulla serve la risoluzione del guaio. Il problema ancor più grosso è che l’ultima puntata è completamente assurda e il finale, appiccicato con lo sputo, non spiega nulla, lasciando al povero spettatore uno sgradevolissimo sapore di tradimento. Avrebbero potuto risolvere la faccenda in mille modi diversi. Hanno scelto il più stupido e inutile, dando così il colpo di grazia a una serie già profondamente provata da diverse manchevolezze nella sceneggiatura e dal repentino cambio di registro nel finale.
Aggiungiamoci che le scene di combattimento sono, per la maggior parte, ridicole: i cattivi che abbattono le vittime con le spade sono qualcosa di raccapricciante. Per carità, non mi dispiace di averlo visto, e a tratti mi sono anche divertita parecchio, ma di sicuro non lo riguarderò. In ogni caso, è da vedere col cervello scollegato. Dello stesso filone, The romance of Tiger and Rose ne vale mille, però.
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This review may contain spoilers
Inizialmente si ride ma poi la sceneggiatura si perde
Un titolo che si è rivelato un po' una delusione. Insufficiente no, perché per la prima metà mi ha divertito abbastanza, ma di sicuro non mi sento di assegnare un punteggio altissimo. Parte inizialmente scoppiettando, una commedia degli equivoci in cui c’è la solita donna che si traveste da uomo per studiare medicina e potersi infiltrare nella casa della famiglia dove le hanno ucciso i genitori, per vendicare il torto subito. Ricordiamo che travestirsi da uomo, in queste circostanze, è passibile della pena di morte. Invariabilmente, i due personaggi principali si innamoreranno, con l’aggravante che il povero comandante darà di matto al pensiero di provare strani sentimenti per quello che crede essere un uomo.La storia si svolge nella casa di famiglia di un rinomato comandante dell’esercito che, ovviamente, è assurto ad alti gradi da giovanissimo ed è, altrettanto naturalmente, severo e soprattutto bellissimo. Nella prima parte del drama si ride abbastanza, sia pur senza vedere nulla di strepitoso, ma già a metà si comincia a scalpitare perché la farsa dell’identità nascosta della protagonista viene protratta troppo, e stufa. Quando finalmente la verità viene parzialmente rivelata, a due terzi del cammino, il giocattolo purtroppo si rompe del tutto: partono diverse puntate di noia, per arrivare poi ad un finale affrettato e talmente telefonato da gridare vendetta.
Nel contempo gli attori principali sembrano aver dimenticato, se pure mai l’han saputo, come si faccia a recitare. Le espressioni in qualche modo esagerate della commedia o della farsa dovrebbero lasciare il posto ad altre più misurate per gli episodi più drammatici ma, a maggior ragione, più espressive. Ciò purtroppo non accade. Il protagonista maschile pare reggere da solo, con la sua sola bellezza, non certo con la sua bravura, l’ultimo terzo della serie. Sun Qian si barcamena senza infamia e senza lode. Gli altri? In un modo o nell’altro, poco o del tutto non pervenuti. Fanno eccezione l’attendente del comandante e il dottore/mentore della protagonista. Soprattutto quest’ultimo è un eccellente caratterista, visto con la stessa bravura in Joy of life. Sinceramente qui pare quasi sprecato.
La sceneggiatura fa acqua da tutte le parti. Per tutta la serie qualcuno viene mandato a “indagare” da qualcun altro. Come, dove e con chi non è dato sapere. Diverse cose vengono lasciate in sospeso o si glissa con l’equivalente di “con l’imperatore me la vedo io”, specie per quanto riguarda il grave crimine del travestimento della dottoressa. Si sta sull’orlo della sedia per tutto il tempo aspettando l’irruzione delle guardie dell’imperatore, invano. Sarebbe stato forse più interessante vedere qualche minaccia esterna che non fosse strettamente legata agli avvenimenti del passato: il cattivo di turno, che era al corrente della mascherata, non sfrutta la cosa per nuocere alla famiglia del comandante, che odia, preferendo scegliere altre strade più “coreografiche”, ma meno sicure. La sua eliminazione, e la sua identità si era indovinata già da almeno una dozzina di episodi, non ha un briciolo di pathos, è troppo affrettata. Ci si aspetta già cosa accadrà e, in ogni caso, non viene spiegato come si sia arrivati a quel punto: come è stato scoperto costui?
Aggiungiamoci poi che non tutti i cattivi vengono adeguatamente puniti: un messaggio non proprio edificante. La crescita caratteriale dei personaggi a tratti non è molto credibile, i loro conflitti interiori generano spesso più moti di fastidio che di comprensione. Il fratello del comandante, cui è assegnato il canonico ruolo di disturbo della coppia principale, è tutto fuorché verosimile. I due cugini servono solo a farci provare dei moti di stizza per il tempo che ci fanno perdere quando sono sullo schermo. Buono il commento musicale, con alcune canzoni godibili e dei buoni pezzi strumentali, ma è un po’ poco per risollevare le sorti di questo titolo. A tratti, pare davvero che si regga sul bel faccino di Huang Jun Jie. Intendiamoci, un bel faccino che, quando sormonta i bei costumi della serie (belli ma pochi), magari con armatura e spada, smuoverebbe le montagne. E in regia lo sanno bene, visto che spesso possiamo godere di primissimi piani. Ma le sue doti di attore purtroppo non paiono, almeno in questo titolo, all’altezza del suo magnifico aspetto esteriore.
Le ultime puntate sono di una pesantezza estrema, la corsa al finale viene gestita in modo proprio pedestre, ho continuato a guardare solo perché erano proprio le ultime quattro e volevo vedere come andasse a finire. Quando un titolo ti diverte e appassiona, vorresti che non finisse mai. Se non vedi l’ora che finisca per passare ad altro vuol dire che c’è qualcosa che non va.
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