Lentissimo, claustrofobico thriller
Cosa non mi trova concorde con l’alto punteggio di questa serie TV?La sensazione che ho avuto è che regia e sceneggiatura fossero troppo concentrate sulle performance degli attori, che spesso sembravano gigioneggiare nei loro ruoli in modo eccessivo. La storia, invece di scorrere naturalmente, si basava quasi esclusivamente su dialoghi a volte davvero cervellotici e poco credibili.
Vedere continuamente quella manciata di personaggi chiacchierare, depistarsi tra loro e verso lo spettatore è diventato per me soporifero e pesantissimo da seguire, soprattutto considerando che guardavo con i sottotitoli italiani dialoghi coreani che talvolta potevano essere tradotti male.
Alla fine ho abbandonato la visione prima di completarla, guardando solo l’ultimo episodio. Non ho però alcuna voglia di rivederla.
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Le prime 2 puntate un po' troppo cupe, fanno venire voglia di abbandonare la visione, gli ultimi episodi da metà 14 al tutto il 15 e una parte del 16 tirati per le lunghe ... andavano compattati, io odio che un dialogo di 2 minuti sia rarefatto e occupi 25 minuti ...
L'ho rivisto a distanza di tempo e mi è piaciuto ancora molto, ho capito meglio alcuni personaggi.
Il padre/presidente della Jangga è un po' troppo cattivo, neanche davanti alla sua propria fine/morte ... neanche davanti alla possibile morte del figlio minore per opera del primo figlio, smette di esercitare un potere tossico/diabolico/ossessivo ... beh : fumettisticamente parlando regge, come letteratura o cinema un po' meno.
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Azione, thriller, commedia, romanticismo, mistero, bullismo al liceo
tutto lì dentro ma scritto con competenza e prendendo sul serio il bullismo.La serie parla di lingotti d'oro nascosti nel liceo e l'agente del NIS (Seo Kang Joo) ha dovuto trovarli mentre era sotto copertura come studente. La sua insegnante (Jin Ki Joo in un'esilarante interpretazione eccellente) diffida di lui e cerca di smascherarlo causando conseguenze molto divertenti.
Ci sono tre agenti del NIS che supportano Seo Kang Joo a svolgere la sua non facile missione.
Il cattivo della serie è la presidente della scuola (Kim Shin Rok che è specializzata in personaggi cattivi).
Il messaggio forte che la serie, divertente e mai noiosa, passa è che per educare i giovani e permettere loro di essere eccellenti protagonisti della loro vita, ci vogliono ADULTI che senza compromessi e false paure li accompagnino con fiducia e verità ad affrontare la realtà.
È una serie interessante e la consiglio.
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Alla fine non ho capito dove andasse a parare.
Vista.Niente di che.
Alla fine mi lascia un senso di amarezza.
E' molto curata a livello di immagini e gli attori sono belli e patinati.
L'attore protagonista sul quale continuo a leggere lodi sperticate, a me non dice un granché, non solo qui, ma anche in altri drama che ho cercato di guardare ... cmq "de gustibus".
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Bellissima serie
All'inizio non mi stava convincendo per la lunghissima interruzione con un flash back che non finiva più.Poi invece mi è piaciuta moltissimo. Storia ben raccontata, attori bravi e convincenti. Trama interessante, parla del condizionamento della società da parte dei media e della lotta tra chi detiene potere e finanza e chi ha una coscienza e non vuole rinunciarne. Ben raccontata anche la relazione tra madre in carriera (che ha perso la sua anima per tenere un ruolo prestigioso e la figlia abbandonata insieme al padre perché peso per la sua corsa) e la figlia che nel tempo, senza mai rinunciare alla sua anima, la salva dalla deriva e la riporta a sé stessa.
Bellissima anche la figura del vecchio, padre adottivo per protagonista, che lo accoglie, lo conforta e gli dà gratuitamente una casa e una famiglia dentro la quale ricostruirsi.
I giovani qui sono messi in luce come protagonisti della rinascita morale dei propri genitori, a prezzo di sacrificio personale, lacrime e sangue.
Da rivedere!
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visto 3 volte ...
è sempre una gioia vedere kdrama scritti, recitati e con attori tutti centratissimi nella loro parte, così ben fatti.Mette al centro una storia d'amore e di amicizia con radici profonde, che nasce dalla stima e dal desiderio del bene per la vita e il destino dell'alto.
Spesso riguardando kdrama che mi erano piaciuti, ne ho notato i limiti, qui non c'è nulla che non mi convinca.
Naturalmente è una commedia, ma descrive la bellezza di quei giovani che spendono la loro vita per ideali, impegnandosi seriamente nello studio, nel discernimento e nelle scelte di vita difficili, senza farsi sconti.
Descrive la nascita di un vero amore che non è solo attrazione chimica, ma incontro tra due menti, tra due anime con il loro vissuto, i drammi e le ferite che la storia ha inferto nelle loro famiglie.
Gli attori sono uno spettacolo, sia per la recitazione, sia per la loro bellezza. In particolare il quartetto centrale.
La protagonista sembra Nefertiti, il rettore dell'Università è uguale al nostro Francesco Pannofino ... consigliata caldamente, TOP!
P.S. Mancano pezzi di traduzione, ma si capisce tutto cmq
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Commedia brillante sul matrimonio, scritta benissimo, stra-bella! Fotografia magnifica e attori bravissimi, anche gli attori-bambini recitano benissimo.
Racconta del matrimonio di quattro coppie più una, quella dei sensali.
Sceneggiatura accurata con colpi di scena e giochi d'incastro ben congegnati.
Non capisco come abbia un punteggio mediocre.
Grazie per i sottotitoli in italiano ... da vedere e rivedere!!
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Bellissima e divertente storia d'amore
Su cui si innesta la vicenda di un re che è il padre del protagonista.Questo re mi ha ricordato il "Don Giovanni" di Mozart, che come lui, fino alla fine, ha tutte le possibilità per correggere la sua brama/ossessione per il possesso del trono (potere massimo e indiscusso su tutti e su tutto), che potrebbe condurlo all'Inferno e dare valore alle persone che ha intorno, dal figlio ritrovato, agli amici che gliel'hanno preservato, alla moglie che era annichilita dalla perdita del figlio.
E invece NO, come il don Giovanni, alla fine, anche lui, sprofonderà nell'inferno che ha creato con le sue scelte e le sue azioni malvage.
In parallelo c'è la vicenda del figlio, che avrebbe dovuto essere eliminato, e della di lui morosa che procede con gag e tempi comici molto belli: l'attore principale è veramente divertente e carismatico, riesce a far ridere e a dare un senso di leggerezza a una storia d'amore in cui si gioca fino in fondo.
E' supportato dall'attrice principale, che con la sua faccina tonda, ma molto espressiva, è un'ottima spalla.
Tutti gli altri interpreti sono simpatici e bravi. Il cattivo di turno, innamorato della stessa donna del protagonista, è un attore bellissimo, più del ML, ma le ragioni del cuore sono misteriose e la FL sceglie quello meno bello, ma decisamente più simpatico.
A me è piaciuta e certo è tra quelle che vorrei rivedere, perché, alla fine, la storia racconta che chi fa il bene si salva e chi fa il male si danna. E nella realtà è proprio così.
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E' un film d'amore che racconta
come si costruisce un Matrimonio in cui il divorzio non è contemplabile.I nostri eroi fin dall'inizio sono attratti l'una dall'altro. Questo nel primo episodio. Poi un fatto li obbliga obtorto collo, lui per il denaro promessogli dal nonno, lei per sostenere un suo idol un po' sfigato, con i soldi e il potere del moroso, a condividere 6 mesi di fidanzamento.
Sono due temperamenti e due mondi diversissimi, uno centrato sul denaro, sul prestigio, sulla gestione del potere, l'altro sull'empatia, sulla carità verso i più deboli, sulla semplicità di vita, che si scontrano e s'incontrano, che si guardano e si scoprono diversi dal pregiudizio che li aveva bloccati all'inizio.
Eppure, attraverso scontri senza risparmio di colpi, dall'inizio a tutta la durata del loro fidanzamento, alla fine si conoscono, prendono le misure dell'impegno di una vita "per sempre" fino alla vecchiaia, in cui la parola divorzio non è contemplabile.
E si sposano, e fanno figli e sono rispettosi delle famiglie di provenienza.
Rubo a un critico cinematografico la descrizione di un buon modo per riconoscere un film sentimentale e vacuo dalla grande storia d’amore: "sta nei dettagli, nelle sfumature, nel cambiamento dei personaggi e del cuore. Questo è un film di sfumature e cambiamento, anche se la storia sembra abusata".
I due attori principali sono centratissimi, lui è veramente un uomo-virile (finalmente, ma non solo per i baci, di cui tutti i commenti parlano, ma per come affronta la vita professionale e la vita sentimentale), lei è veramente femminile, non bellissima, ma dolce e ferma allo stesso tempo. Una che non fa sconti, perché sa bene di valere, quindi fidanzamento casto (wow ... e non sono nemmeno cristiani ... ;-) )
I 16 episodi sono di 42-45' al massimo e quindi il film scorre velocemente, anche se c'è (sic) come quasi sempre, il riproporre pezzi di già visto, come flash-back.
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Una visione deterministica che non evolve, ribadita fino allo sfinimento.
Ho deciso di droppare la serie dopo quattro episodi, tornando solo sul dodicesimo per capire come avrebbero gestito il percorso del personaggio principale. Devo riconoscere che Dear X è un prodotto confezionato in modo impeccabile, pensato per valorizzare al massimo la bravissima Kim Yoo-jung e un cast che funziona davvero bene. La regia, l’estetica e il ritmo sono curati e professionalmente solidi.Il problema, per me, è altrove.
La trama e soprattutto la sceneggiatura mi sono sembrate un esercizio di marketing narrativo: più che raccontare una storia complessa, sembrano costruite per dimostrare che Kim Yoo-jung – solitamente a suo agio in ruoli luminosi e positivi – può sostenere anche personaggi oscuri, negativi, “maledetti” fino al midollo. E questo, chiariamolo, lei lo fa: è brava, credibile, magnetica.
Il peccato è che, per mostrarci quanto sia convincente nel ruolo della “dannata senza redenzione”, la serie punta tutto su un unico concetto ripetuto in modo quasi claustrofobico: se nasci con una genetica sbagliata e genitori pessimi, sei destinato a fare male per tutta la vita, a prescindere da chi ti tende una mano o prova a volerti bene gratuitamente.
Una visione deterministica che non evolve, non si sfuma e, anzi, viene ribadita fino allo sfinimento. Personalmente trovo questo approccio narrativo povero, fatalista e incapace di generare vero coinvolgimento emotivo. Dopo un po’, è chiaro dove si andrà a parare e nulla prova davvero a mettere in discussione quella premessa.
In conclusione: Dear X non fa per me. Riconosco la qualità del pacchetto e la performance della protagonista, ma non la consiglierei, soprattutto a chi cerca una storia che esplori il male con profondità, ambiguità e possibilità di cambiamento, e non come una condanna genetica scritta in partenza.
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Una promessa mancata
Our Golden Days parte con un’intensità sorprendente. Fino al dodicesimo episodio ero completamente conquistata:“Sono arrivata all’episodio 12 — ne mancano ancora 38 — ma già posso dire che questa serie mi sta piacendo moltissimo. Non capisco davvero il punteggio così basso che ha ricevuto finora.”
La storia iniziale è forte e commovente. Seguiamo un capofamiglia sessantenne in crisi, che dopo la pensione non riesce a trovare un nuovo lavoro per sostenere la moglie, i tre figli adulti e la madre novantenne. Sullo sfondo di una Corea dove giovani e anziani faticano a tirare avanti, la serie racconta le difficoltà economiche e personali con un realismo che colpisce.
Accanto a lui, le vite di tre amici universitari ormai adulti si intrecciano mentre cercano di conciliare sogni, responsabilità e desideri. Nei primi episodi tutto è scritto con cura: dialoghi intelligenti, ottime interpretazioni, personaggi complessi, profondamente umani, e una famiglia che funziona davvero.
- genitori presenti,
- sacrificio reciproco,
- cura degli anziani,
- figli trattati con rispetto,
- quotidianità credibile e piena di calore.
Tanto che già allora mi sentivo di consigliarla senza esitazioni, rammaricandomi persino per i problemi della traduzione italiana (con frequenti errori maschile/femminile in diversi episodi): “NOTA PER I TRADUTTORI: riguardate gli errori, ce ne sono tantissimi…”
Proprio questa solidità iniziale rende ancora più evidente ciò che accade dopo.
Dopo il dodicesimo episodio, infatti, la serie cambia improvvisamente tono. Il rapporto tra Ji-Hyeok e suo padre — fino a quel momento costruito su rispetto e comprensione reciproca — si spezza in modo artificiale.
Il padre diventa rigido e incapace di ascoltare.
Il figlio, pur volendogli bene, smette di comunicare del tutto.
È una frattura che non nasce dai personaggi, ma dalla sceneggiatura: un conflitto imposto dall’esterno per creare tensione, e si sente.
Procedendo verso il ventesimo episodio, la freschezza iniziale evapora:
- scene ripetute,
- discussioni interminabili,
- reazioni esagerate,
- assenza di progressione narrativa.
La serie scivola lentamente in un melodramma stanco e ripetitivo, svuotando di senso i valori familiari e la delicatezza emozionale che l’avevano resa così speciale all’inizio.
A quel punto, arrivare al ventunesimo episodio è quasi un atto di resistenza.
La caduta qualitativa è troppo evidente, e la sceneggiatura non riesce a sostenere la lunghezza del drama.
Our Golden Days avrebbe potuto essere un weekend drama splendido: famiglia realistica, protagonisti interessanti, dialoghi maturi, vera umanità.
Ma la mancanza di coerenza nei conflitti e il progressivo abbandono della dimensione più autentica rendono la seconda metà sempre più pesante.
Droppare non è stato un capriccio. È stata una scelta inevitabile dopo un inizio davvero “dorato”.
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A Broken Promise
Our Golden Days starts with surprising intensity. Up to episode twelve, I was completely won over:
“I'm at episode 12 — there are still 38 left — but I can already say that I’m really enjoying this series. I honestly don’t understand the low rating it has received so far.”
The opening story is powerful and moving. We follow a sixty-year-old family man in crisis who, after retirement, can’t find a new job to support his wife, his three adult children, and his ninety-year-old mother. Against the backdrop of a Korea where both young and old struggle to get by, the series depicts economic and personal hardships with striking realism.
Alongside him, the lives of three former university friends intertwine as they try to balance dreams, responsibilities, and desires. In the early episodes, everything is carefully crafted: intelligent dialogues, excellent performances, complex and deeply human characters, and a family dynamic that truly works.
- present and supportive parents
- mutual sacrifice
- care for the elderly
- children treated with respect
- a believable, warm everyday life
Back then, I already felt confident recommending it without hesitation, even regretting the issues with the Italian subtitles (with frequent masculine/feminine errors across several episodes):
“NOTE TO THE TRANSLATORS: please review the mistakes — there are so many of them…”
And it’s precisely this initial strength that makes what happens next even more evident.
After episode twelve, the series suddenly changes tone. The relationship between Ji-Hyeok and his father — until then built on respect and mutual understanding — breaks apart in an artificial way.
The father becomes rigid and unable to listen.
The son, though he loves him, stops communicating altogether.
It’s a fracture that doesn’t grow organically from the characters but from the script: a conflict imposed from the outside to create tension — and it shows.
Heading toward episode twenty, the initial freshness evaporates:
- repeated scenes
- endless arguments
- exaggerated reactions
- no real narrative progression
The series slowly slides into a tired, repetitive melodrama, draining the family values and emotional subtlety that had made the beginning so special.
At that point, reaching episode twenty-one becomes almost an act of endurance.
The drop in quality is too obvious, and the script simply can’t sustain the drama’s length.
Our Golden Days could have been a wonderful weekend drama: realistic family dynamics, interesting protagonists, mature dialogues, genuine humanity.
But the lack of coherence in the conflicts and the gradual abandonment of its authentic tone make the second half increasingly heavy.
Dropping it wasn’t a whim. It was an inevitable choice after such a truly “golden” beginning.
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ma che immensa noia e tristezza ...
(il blue, ovvero la depressione, la stava facendo venire a me) !!La storia si dipana tra gli abitanti di un'isola in cui tutti sanno tutto degli altri. Il collante che tiene insieme le persone è guadagnare denaro, sopravvivere lavorando come muli per denaro, il denaro è la fissa di tutti, pura sopravvivenza fisica.
I rapporti tra le persone sono di una povertà allucinante, stanno insieme bevendo, spettegolando, maledicendo le sfortune della propria vita, coltivando rancori e frustrazioni senza un orizzonte di perdono. Non hanno certezze morali di nessun genere. Ad esempio, davanti alla gravidanza di una coppia di liceali, l'unica soluzione che i genitori dei ragazzi propongono a figlia e moroso è l'aborto ... fanno il diavolo a quattro per far abortire il figlio di due ragazzini che si stanno impegnando a riscrivere la propria vita tenendo conto del proprio bambino. Loro, i nonni, continuano a definire il loro nipotino un "inutile fardello", sono talmente patetici e inconsistenti che solo la misericordia e determinazione dei loro figli li farà rinsavire.
Il primo personaggio che ho incontrato, il bancario con la figlia e la moglie negli USA, è di uno sfigato allucinante, inguardabile, passa buona parte della sua vicenda piangendo e tentando di turlupinare una sua vecchia fiamma, tanto che avrei voluto droppare subito, ma i meravigliosi ed entusiasti giudizi mi hanno trattenuta dal farlo. Lo ha salvato l'intervento dell'unico personaggio interessante e recitato benissimo da Lee Jung Eun, è la pescivendola Jung Eun Hee, che salva dalla banalità e inconsistenza buona parte della narrazione.
Alla fine ho fatto caso che tutte le coppie fino all'11esimo episodio sono raccontate con una lentezza, ma una lentezza e prolissità di particolari inutili che mi han fatto premere continuamente il tasto avanti ... lenti, piagnucolosi, inconsistenti ... la storia di una coppia che scoppia per la depressione di lei, ma la lei in questione è una sorta di "gatta morta" che vive la sua vita con sé stessa e le sue fisime al centro del cosmo, con un patetico spasimante che continua a inseguirla .... noooo tristezza e basta, attori bravissimi, ma sprecati ... paesaggi meravigliosi ma a corredo del "nulla" ... non la consiglio e il punteggio alto non me lo spiego per nulla.
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“Kimi wa Petto”: l’amore come comfort zone
Tratto dal manga di Yayoi Ogawa, Kimi wa Petto è diventato un piccolo fenomeno della cultura pop giapponese, con una prima versione televisiva nel 2003 e un remake nel 2017. Dietro la sua veste da commedia romantica moderna, la serie racconta però qualcosa di più inquietante: una forma di amore addomesticato, in cui la relazione serve a proteggersi dalla vita più che a viverla.Sumire Iwaya, giornalista redazionale in un importante quotidiano della città, che ha focalizzato la propria esistenza nella carriera lavorativa, accoglie in casa un giovane ballerino che le propone di diventare il suo “pet”. Non un partner, non un amante: un animale da compagnia umano, sempre presente e mai problematico. Quello che a molti appare come un gioco ironico sui ruoli di genere, in realtà rivela una profonda paura dell’altro.
Sumire non cerca un incontro, ma una "zona di conforto" in cui sentirsi amata senza mai rischiare davvero. Il rapporto con Momo diventa così un modo per evitare la vulnerabilità e il conflitto: un amore senza attrito, fatto di tenerezza controllata e dipendenza reciproca.
In questo senso, la serie riflette un tratto tipico dei nostri tempi: la tendenza a preferire relazioni che non mettano in crisi, come quelle con gli animali domestici, capaci di dare affetto incondizionato ma incapaci di restituire la fatica dell’alterità. È un sentimento rassicurante, ma anche sterile, perché privo della dimensione adulta dell’amore — quella che nasce dallo scontro, dal limite, dalla scoperta dell’altro come diverso da sé.
"Kimi wa Petto", forse senza volerlo, mostra questa deriva con straordinaria chiarezza. L’amore, per essere umano, dovrebbe contenere il rischio del dolore e dello scontro, la vertigine dell’incontro con l’altro. Quando lo si riduce a un rifugio, a una forma di auto-consolazione, non è più amore: è solo la sua imitazione più docile, e più triste.
Ho guardato i primi 5 episodi, l'ultimo e sinceramente, annoiata/infastidita, ho droppato il tutto.
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Partenza accattivante
con attori simpatici e promettenti.Ma la storia e la sceneggiatura sono (a mio parere) un flop.
La fantascientifica questione della psicomotricità, viene usata sempre per lo stesso caso, che ha uno sviluppo lento, con lungaggini ottenute con scene lentissime, continui flash back, visti e rivisti.
Al sesto episodio poiché mi stavo annoiando, sono andata direttamente all'ultimo, ma anche la fine mi è sembrata una stonatura, un non senso, una storia scritta male ... peccato, ma i 10 episodi che sto tralasciando non valgono il mio tempo.
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Poi si rivela la solita storia di lavoro = smania di potere = guerra di posizione = nessuna possibilità di coltivare relazioni umane, ancora prima che sentimentali ecc ecc ... il tutto si sfilaccia, anche come trama, verso il 4° / 5° episodio e tutto, dalla storia, alla lentezza delle scene, ai dialoghi inconsistenti, verbosi e noiosi ...
L'attrice principale è monocorde, sembra un'attrice che sta recitando, il belloccio di turno ha cucito addosso un ruolo di eunuco dedito alla sofferenza inferta da una tizia che ha visto per una notte e che non riesce a dimenticare ... ma perché? non si capisce ...
Boring e noia mortale ... meglio droppare e dedicarsi ad altro ...
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