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Mr Canotta è tornato!
Recensito da: Effe IG: _Dramalia_Ed eccoci qui, signori e signore, con il nuovo capolavoro targato Dai Gao Zheng, conosciuto anche come il “cavallerizzo manzo”, il “limonatore imbizzarrito” o “Mister Canotta”.
Ebbene, il nostro eroe ci ha deluso oppure siamo di fronte al terzo drama più trash della storia? Lo stallone cinese per eccellenza non potrà mai deluderci e dunque, per la terza volta accanto a Chen Fang Tong come coprotagonista, ci porta in un racconto così trash che non riuscirete a non rimanere completamente soggiogati di fronte a tutti quei muscoli bagnati e appiccicaticci che sbatacchiano lei di qua e di là, mollano cazzotti ai cattivoni e sfilano grondanti di sudore di fronte ai nostri non più innocenti occhi.
He Yu Chen (lo stallone imbizzarrito) è un ex pugile professionista caduto in disgrazia a causa di incontri truccati nei quali viene abilmente incastrato dal fratello della protagonista. Lei è Bu Yan, un’ereditiera scacciata dalla famiglia perché rimasta incinta sei anni prima del nostro manzissimo Yu Chen, aka sperminator, che in un colpo solo, durante una notte di folle passione, è andato a segno per ben due volte, le quali portano i nomi dei gemelli Xiang Xiang e Sheng Sheng, un maschietto e una femminuccia. Il piccolo però nasce con una leucemia mieloide cronica e necessita urgentemente di un trapianto di midollo. Cosa fa la nostra scaltra eroina? Riappare di fronte al bel Yu Chen dopo sei anni di sparizione e lo convince a firmare un finto contratto di matrimonio che prevede una clausola: 10 milioni in palio per lui se riesce a ingravidarla un’altra volta. Io 10 milioni non li ho, ma posso farle 10 minuti di applausi perché, francamente, con il limonatore imbizzarrito figlierei pure io. Ma lei è un pizzico più pura di me (mica tanto eh…) e vuole farsi ingravidare per poter curare il figlio con il cordone ombelicale del terzo pargolo. Chiaramente però non può figliare con gente a caso ma deve farlo col padre naturale dei gemelli (un vero sacrificio…chissà che dispiacere per lei farsi rivoltare come un calzino da uno come lui, si percepisce proprio la sua disperaahahahahh. Basta, la smetto.). Qui iniziano una serie di tentativi di seduzione che va bè, trash del trash. Ma se vi dicessi che mi è dispiaciuto vedere lui sballottolarla a destra e a sinistra e finire pure per darsi da fare sul serio, mentirei spudoratamente, e a me mentire proprio non piace. Il nostro Yu Chen, tamarro come non mai, con tanto di catenozza al collo, canotta e jeans skinny strappati, quindi accetta e firma il contrattino. I due vanno a convivere e ovviamente iniziano i guai. Da una parte il villaggio che non sopporta la riccona ereditiera che si è accaparrata il manzo, al centro l’oca innamorata di lui che fa di tutto per far finire male la nostra protagonista ninfomane, e dall’altro lato la famiglia proprio di Bu Yan che si conferma essere un tantino disfunzionale. Il padre infatti è il responsabile della morte di quello di Yu Chen, il fratello è colui che ha incastrato il limonatore negli incontri di boxe clandestini mentre l’ex di Bu Yan riappare come ciliegina sulla torta deciso a farsi perdonare di punto in bianco. Come farà mai il nostro scapolone tornato alla ribalta dopo anni a far cambiare idea a Bu Yan sugli addominali di Yu Chen? Corteggiandola? Ma certo che no! La rapisce, la ricatta, le avvelena il padre, mente sulla gravidanza, la molesta…insomma, una strategia perfetta che chiaramente, confrontata con lo stallone cinese, Re indiscusso delle spremute d’agrumi, perennemente in canotta e con i muscoli in vista, fallisce miseramente. C’è da stupirsi? Ma assolutamente no. In tutto ciò ovviamente c’è anche questo bambino bisognoso del trapianto di midollo. Secondo voi Yu Chen quanto ci mette ad accorgersi di essere il vero padre dei gemelli? Non se ne accorge, bravi. Non importa quante volte lui pensi al fatto che i gemelli siano nati esattamente dopo la notte di passione con Bu Yan avvenuta 6 anni prima, non importa nemmeno quante volte ragioni inutilmente sull’assurda richiesta di lei che riappare all’improvviso pretendendo di essere montata come un mobile dell’ikea proprio da lui e solo da lui. Insomma, non c’è niente da fare, non ci arriva finché non glielo urlano all’alba della 29esima puntata su un totale di 30. Che poi anche qui, io forse al suo posto un pochino mi sarei risentita, insomma, appari dal nulla, mi tratti come fossi il tuo inseminatore personale, non potevi semplicemente dirmi prima che ero padre e che mio figlio era pure malato? Nonostante ciò, lui integerrimo non si arrabbia ma anzi si scusa ripetutamente con lei. E bom. Noi comunque muti perchè lo fa con una maglietta di rete trasparente e francamente va bene tutto, la trama, il pathos eccetera ma la verità è che la consapevolezza di poterci grattugiare il parmigiano su quegli addominali prevale su qualsiasi altra ragione. Il bambino ad ogni modo si salva grazie ad un donatore non meglio identificato che improvvisamente appare e il terzo pargolo non serve più. Ma siamo certi che lo sforneranno a breve perché sperminator chiaramente non perdona e Bu Yan nell’ultima inquadratura sulla barca è palesemente pronta a diventare il nuovo sponsor Ikea. Quindi niente, 8 anche a questo tripudio di trash senza senso alcuno a cui normalmente avrei dato un 2 perchè sì, se c’è Dai Gao Zheng io me ne frego, come Achille Lauro. Me ne frego della trama assurda, della recitazione inesistente di ogni singolo attore sul set, delle insensate scene di lui che lancia lei praticamente ovunque (la donna più strattonata dell’universo), dei lampadari bassi a cui costantemente qualcuno va addosso, me ne frego anche della durata degli episodi (15 minuti circa di cui 5 almeno sono occupati da titoli di testa e coda), me ne frego degli outfit di lei che veste solo con centrini, merletti, scarpe con la zeppa anni 90, bigiotteria delle peggiori gioiellerie di Caracas e gonne fino alla caviglia inguardabili abbinate ad altrettanto inguardabili golfini color pastello. Insomma me ne frego di tutto e voto solo gli addominali del mio stallone e i limoni di Sicilia belli spremuti in una giornata di caldo torrido…Antò, fa caldooooo!
Sono di parte? Sì. Me ne importa qualcosa? Ovviamente NO.
Guardatelo, discepoli del manzismo. Non ve ne pentirete.
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Una novità rinfrescante in un panorama di drama un po’ tutti uguali
Recensito da: Jade IG: _Dramalia_Questo drama è sostanzialmente stato diviso da me in tre fasi.
La prima è quella del: “Ma che cazzo sto guardando?!”
Per tre puntate piene, ho vissuto in un incubo di cui non vedevo la fine. Odio profondamente gli horror, non li guardo, mi fanno dormire male la notte e non mi sanno di niente. Non ho mai capito la gente che li guarda per divertimento, assolutamente inconcepibile per me. Perciò, quando ho iniziato questo drama, la mia prima reazione è stata quella di toglierlo e rifugiarmi sotto le coperte, con tutti gli arti al sicuro sotto al piumone, perché i mostri sotto al letto non mi prendessero. La seconda è stata di maledire chi mi aveva costretta a vederlo (sì, lo so che stai leggendo questa recensione, dico a te!). La terza mi ha visto impegnata a non farmi venire un infarto, col cappuccio tirato sopra alla testa come protezione. Vi dico questo in caso siate dei fifoni come me, che mi spavento facilmente per queste cose, ma poi riesco a guardare gente sbudellata senza battere ciglio. Se siete della mia stessa parrocchia, vi consiglio di affrontare le prime tre/quattro puntate col vostro orsetto del cuore stretto al petto, ma vi prometto che se riuscirete ad andare avanti, il drama vi regalerà una profondità e un incredibile quantità di lacrime. Non so se si possa dire che io vi abbia invogliati, ma non posso mentire. Dunque dicevo che la prima parte, oltre a essere un horror, è anche abbastanza incasinata e non si capisce niente. Io personalmente brancolavo nel buio, un po' come i personaggi di questa storia.
In una notte perpetua, in una stradina losca e senza lampioni, con la pioggia che flagella un quartiere popolato da quattro gatti e un cane, inizia la nostra storia perigliosa, fatta di mostri, ingenui protagonisti e un misterioso negozio di lampade, con all’interno un altrettanto misterioso proprietario. Kim Hyun-min è un uomo dalla vita incolore, proprio come il luogo crepuscolare in cui vive, ogni sera scende dall’autobus e incontra una donna con una grossa valigia ad aspettarlo. Lei non parla, non si muove, rimane sotto la pioggia a guardarlo aspettando qualcosa, e lui ogni sera la ignora e torna al suo appartamento solitario, finché un giorno non offre il suo ombrello alla misteriosa donna. I due si recano all’appartamento di lui insieme e lei lì sembra commettere un tremendo omicidio. E come inizio non è neanche troppo orribile, se non che altri fatti altrettanto strani si verificano. L’adolescente Hyung Joo-Woong ogni sera si reca al negozio di lampade a comprare una lampadina per la madre al ritorno da scuola, e ogni sera torna a casa con l’ansia e la paura che l’attanagliano per i loschi incontri che fa lungo la strada. Questi incontri sono “estranei”, almeno è quello che le dice Jung Won-young, il gestore dagli occhiali sempre sul naso, che le raccomanda di fingere che non stia accadendo niente di strano e di ignorarli il più possibile. Ora, dico io, dire una cosa del genere a una ragazzina non è che sia proprio un consiglio rassicurante e non ha fatto altro che aumentare la tensione anche in me, che mi prendevo infarti ogni volta che questa poveraccia incrociava uno di questi “estranei”. In tutto ciò si inserisce anche un’infermiera di terapia intensiva, Kwon Young-ji (Park Bo-young), che pare riuscire a vedere i mostri in questione e ne è giustamente terrorizzata. Insieme ad essi abbiamo anche un altro adolescente, una donna dai tacchi rossi e una scrittrice che si trasferisce nel quartiere, oltre a un detective che non si sa bene che cosa combini e alla madre dell’adolescente che non esce mai di casa. Sono tanti personaggi, ma i dialoghi sono pochissimi e nella prima parte quasi assenti. Ora, mi direte voi, ma questa gente cosa fa? Bella domanda. In questo posto è sempre notte, ci sono i mostri e pare di stare in un film dell’orrore a metà tra “The Ring”, con tanto di Samara, e uno a caso di Hitchcock. Non si capisce perché questi non si trasferiscano e neanche per quale assurdo motivo continuino a comprare lampadine a iosa che puntualmente si fulminano. Sembra infatti che sia la luce a tenere lontani i mostri e che senza di essa i protagonisti subiscano le peggiori pene dell’inferno.
Arriviamo dunque alla seconda parte, chiamata anche: “Ho bisogno di risposte!”
Sì, perchè le puntate 5-6 sono incomprensibili. Non si capisce più niente, non si sa se gli “estranei” siano cattivi, se non lo siano, se siano tutti morti, come funzioni quel mondo incasinato e soprattutto cosa diamine abbiano a che fare l’infermiera e il detective con tutto ciò. Le risposte ovviamente non arrivano neanche per sbaglio, lasciando lo spettatore a scervellarsi come un matto per trovare un senso logico a tutto ciò, quando sembra non averlo. In compenso però smette di essere un horror. Lentamente si capisce che i mostri non sono affatto mostri, ma anime errabonde che non sono passate oltre, rimanendo in quello che è a tutti gli effetti una specie di limbo per i non morti, ovvero coloro che sono in terapia intensiva in coma. Queste persone vagano nel crepuscolo, senza sapere cosa gli sia successo, senza poter tornare indietro, soffrendo di quei dolori che li hanno costretti in ospedale. Tutti vivono lì e il proprietario del negozio di lampade è colui che possiede le lampadine della loro vita, la speranza, la forza di volontà che può permettere loro di tornare indietro. Ma col cavolo che viene spiegato subito! Quindi, ringraziatemi per avervi dato delucidazioni, perchè io sono rimasta fino alla puntata sette a brancolare nel crepuscolo con questi disperati, confusa da morire.
Finalmente poi approdiamo alla terza parte, chiamata anche: “Lacrime a iosa.”
Se gli ho dato un titolo del genere, potete immaginare che le storie di queste persone vengono rivelate. Ognuno di loro è lì in seguito a un incidente tremendo in autobus. Erano tutti passeggeri e a causa di un malfunzionamento dei freni, il mezzo si è schiantato nel fiume, trascinandoli tutti sul fondo. La maggior parte sono finiti in coma, ma alcuni sono morti. Coloro che hanno perso la vita cercano in qualche modo di costringere coloro in coma a risvegliarsi, e qual è l’unico modo per farlo? Trovare la propria lampadina nel negozio illuminato di propria volontà e risvegliarsi. Ora, le storie di questi personaggi sono tremende, mi hanno spezzato il cuore e fatta piangere tantissimo, quindi io vi consiglio di avventurarvi nella visione di questo drama solo ed esclusivamente se avete il pelo sullo stomaco, perchè è estremamente complesso, profondo e toccante. Se all’inizio ero fortemente scettica, alla fine ho amato tantissimo la struttura intricata e ben dosata delle informazioni date, che creano un’atmosfera di tensione unica. “Light Shop” è una piccola perla luminosa, in uno scenario crepuscolare di drama tutti uguali, che regala ansia, paura, dolore e domande in egual misura. Vorrei dire che c’è un lieto fine per tutti, ma mentirei. Il finale del drama è aperto, lasciando il posto a innumerevoli domande e forse a una seconda stagione, anche se secondo me non servirebbe. E’ giusto lasciare del mistero, come in ogni istante di questi otto episodi adrenalinici. Attraverso la fotografia, i colori, i suoni e interpretazioni magistrali degli attori, nonché una regia da brivido, “Light Shop” è sicuramente uno di quei prodotti che vale la pena vedere e che rappresentano una novità rinfrescante in un panorama di drama un po’ tutti uguali che iniziavano a stancarmi. Armatevi di forza di volontà e guardatelo, perché ne vale la pena e poi vorrei la vostra opinione riguardo al finale della coppia di amanti. Ho qualche teoria che non voglio spoilerare, ma se qualcuno l’ha guardato, aspetto i commenti e le speculazioni!
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“Di turno per tutta la vita”
Recensito da: Effe IG: _Dramalia_Avete presente quelle pellicole o quelle serie tv che stuzzicano sapientemente il piccolo eroe che risiede in ognuno di noi? Quelle produzioni che parlano di supereroi, talvolta con e talvolta anche senza superpoteri, che si rendono artefici di azioni inimmaginabili, incredibili, quasi epiche. Leader carismatici, spesso sensuali, abili in troppe cose per essere veri; sicuri di sé, veri condottieri e risolutori assoluti. Ecco, “The Trauma Code” è esattamente quel tipo di drama, quello che ti fa pensare “ehi, perchè nella vita non sono diventata esattamente come il/la protagonista? Perchè non ho studiato medicina? Perchè non sono lui/lei?” E’ quel drama che suscita entusiasmo e ammirazione, che ti fa quasi piangere per l’emozione di un momento esaltante o terrificante che vivono i personaggi, è quella serie al cui interno si crea una squadra affiatata, coesa, invincibile, mai arrendevole. E’ anche quel tipo di drama che ti fa sperare che prima o poi una seconda stagione venga annunciata, perchè di quegli 8 miseri episodi non ne hai abbastanza, anzi, ne vorresti di più, molti di più. Vorresti più storie, più interventi al cardiopalma, più salvataggi eroici, e magari, perchè no, anche una storiella d’amore nel mezzo. Insomma, “The Trauma code” è esattamente la realizzazione di un prodotto estremamente esaltante. Un difetto purtroppo ce l’ha, ma, ad essere sincera, è qualcosa che viene sommerso da tutto il resto e, alla fine, non ha alcun peso: gli effetti speciali. Che i coreani abbiano bisogno di un corso intensivo di post produzione dagli americani, lo sappiamo da sempre, così come sappiamo che anche gli americani (e molti, molti altri) avrebbero bisogno di una full immersion nel sentimentalismo coreano, ma questa è una storia troppo lunga per parlarne qui. In ogni caso, alcune scene hanno degli effetti speciali di bassa qualità, ma il bello è che non solo la trama cardine li lascia passare sostanzialmente inosservati, ma chi ha creato questo drama ha avuto l’abilità di rendere quelle scene divertenti. Sì perché questo drama fa ridere. Così come esalta il nostro animo da eroi mancati, così come ci strappa qualche lacrima, così come ci fa tremare di angoscia, ci fa anche ridere da matti. Joo Ji-hoon ci regala un personaggio strepitoso, un eroe a pieno titolo, Baek Gang-hyeok, un traumatologo di enorme esperienza che ha servito nelle zone di guerra più difficili del mondo, sia come membro dei corpi di pace, sia come black wings, ovvero il più grande esercito privato esistente al mondo di mercenari strapagati che in zone di guerra vantano attrezzature avanguardistiche e professionisti di tutti i tipi estremamente preparati ad affrontare ogni situazione. E Gang-hyeok è esattamente quel tipo di persona: la sua esperienza sul campo l’ha reso abile in ogni cosa mentre la sua genialità incontrollata interviene laddove i mezzi mancano. Novello MacGyver della medicina, è quel genere di medico che davanti ad una lesione cardiaca, nel mezzo di un intervento a cuore aperto, sutura lo squarcio con un guanto di lattice, che poi rimuove con un endoscopio una volta sistemata correttamente la ferita. E noi lì, incollati a guardarlo manovrare guanti, forbici e filo da sutura come se fossimo esattamente accanto a lui in quel momento. Ed è questo il potere di questa serie, quello di trascinarti al suo interno. Ma torniamo alla trama: dopo un incipit iniziale dove vediamo Gang-hyeok scorrazzare in mezzo ad un bombardamento con la sua motocicletta, il nostro impavido eroe viene chiamato personalmente dalla ministra del welfare e della salute coreana a prendere le redini dell’unico reparto di traumatologia presente in km e km di territorio, ovvero presso l'ospedale universitario di Hankuk. Peccato che il reparto sia allo sbando, senza fondi e soprattutto senza personale: i turni vengono infatti coperti a rotazione da specializzandi completamente impreparati ad affrontare vere emergenze. E’ così che il nostro super dottore incontra per la prima volta il dottor Yang Jae-won, uno specializzando in proctologia che corre disperatamente da un corridoio all’altro per provare a salvare la vita di un uomo in condizioni critiche, pur non avendone chiaramente le capacità data la sua inesperienza. Fortunatamente però Gang-hyeok lo segue e riesce a intervenire per tempo. Il loro approccio iniziale è abbastanza comico ma il dottor Baek comprende subito che Jae-won, sebbene abbia molto da imparare, ha quella scintilla che serve per essere un vero, buon traumatologo e Jae-won, dal canto suo, non riesce a non rimanere affascinato dalla maestria di Baek. E’ così che decide di cambiare improvvisamente specializzazione e votarsi ad una branchia della medicina che, nonostante sia fondamentale, è snobbata da tutti e fortemente in crisi. La traumatologia infatti può contare solo su loro due e su una infermiera, Jang-mi, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Una follia per chiunque, ma non per chi, come Baek Gang-hyeok ha una missione di vita: non lasciare mai nulla di intentato, fino all’ultima possibilità. Iniziamo dunque a vedere i due correre a perdifiato per corridoi, scale e padiglioni, caso dopo caso, imbrattati di sangue, vestiti eleganti, appena usciti da un altro intervento, Baek e Yang corrono per salvare vite, e ci riescono fin troppo bene. La sanità coreana infatti è al collasso, i primari sono costretti a fare più attenzione al budget che ai pazienti, spinti dai piani alti che parlano continuamente di numeri e bilanci, mentre i feriti gravi finiscono per essere rifiutati ospedale dopo ospedale finché la morte rimane l'ultimo passo dovuto. Baek scombina chiaramente tutte le carte, ben appoggiato dalla ministra, usa ogni mezzo a sua disposizione, che sia un elicottero, un’ambulanza o un’eliambulanza, portando il bilancio tanto amato dal direttore in rosso. Chiaramente chi di dovere prova di tutto per boicottarlo, da accuse di negligenza al fermo dell’elicottero che costa la vita ad un paziente, ma la squadra di Baek, grazie al suo fascino incontrastabile, diviene giorno dopo giorno più salda, con l’aggiunta dell’anestesista Park Gyeong-won e del primario di medicina generale Han Yu-rim che deve la vita della propria figlia proprio a Baek. Insomma 8 episodi da 50 minuti circa ciascuno che vedono una vera e propria squadra affrontare la morte e l’avidità umana accendendo una fiamma di orgoglio ed esaltazione dentro di noi puntata dopo puntata. Devo essere onesta, non sono una grande amante dei medical, la mia ipocondria mi precede, ma ci sono delle serie, come questa, che vanno oltre. Il senso di squadra, l’eroismo, il sacrificio, la volontà primeggiano e incantano. Se siete facilmente impressionabili, non posso mentirvi dicendo che non vedrete organi maneggiati a destra e a sinistra, crani bucati o petti squarciati, ma posso garantirvi che nell’insieme non sono così fastidiosi come in altri prodotti televisivi, sarete distratti da ben altro e finirete per rimanere incollati allo schermo. Qualora invece cerchiate una storia d’amore in stile Dr Romantic, fermatevi subito. Secondo me ci sono delle scintille, ma la trama, almeno per questa prima (e speriamo non unica) stagione, non prevede alcun tipo di romance. Ne ho sentito la mancanza? Assolutamente no!
Serie strepitosa, assolutamente imperdibile!
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Recensito da: Jade IG: _Dramalia_“Come risolvere tutto in venti minuti.”
Secondo voi perchè ho iniziato questo drama? Perché una persona che non ama affatto le storie di solo romance si è buttata nella visione di una storia d'amore in ufficio? Proprio io, che di solito prediligo morte, sangue e violenza? Bhè, ovviamente perchè sempre io sono facilmente influenzabile dai reel di Instagram e quindi, non appena ho visto quei montaggi ad arte di una green flag suprema, mi ci sono buttata a capofitto, senza neanche pensarci troppo! Lo so, ci ero già passata e nonostante questo ho cocciutamente commesso ancora lo stesso errore. Ma se l'altra volta ero rimasta favorevolmente colpita dagli addominali di Do-Hwan ne “I Segugi”, questa volta ho sbadigliato a più non posso e in qualche occasione mi sono messa anche a scorrere i reel per passare il tempo. Il drama parte forte e vi assicuro che c'era del potenziale, eccome se c'era, le puntate erano anche lunghe (qualcuna arrivava anche a 1h e 20 minuti), gli episodi 12, quindi lo spazio per gli approfondimenti era più che disponibile, ma qui hanno scelto coscientemente di fregarsene. Hanno deliberatamente creato un sacco di potenziale per poi buttarlo alle ortiche, cosa che personalmente mi fa arrabbiare molto di più che se avessero scritto un drama mediocre già in partenza e non avessero poi potuto salvarlo.
La nostra storia ruota attorno a una CEO, Kang Ji-yun (Han Ji-min), fredda e feroce, che ha una sua azienda di head hunting (cacciatori di teste o meglio conosciuti come reclutatori per le aziende). Questa donna si è fatta da sé e si vede. Non dorme, non mangia, respira lavoro e caffeina, si sostiene solo con la pura forza di volontà e non c'è niente e nessuno che possa fermarla. A parte la salute. Infatti finisce in ospedale e la sua socia, per disperazione, la convince ad assumere un segretario. Tale Yu Eun-ho (Lee Joon-hyuk), padre single di una splendida bimba di sette anni, che ha lasciato il lavoro per un anno per occuparsi della figlia, ma al suo rientro lo hanno incastrato, costringendolo ad andarsene. Quest'uomo è la rappresentazione vivente di una green flag. Avete presente tutte le altre di cui ci siamo innamorate nel corso degli anni? Ecco, buttatele via, perché lui è il Re delle foreste verdi, un uomo che farebbe sciogliere il cuore più gelido. Non solo è un padre amorevole, ma è anche un segretario perfetto. Organizza il caos di Ji-yun e l'aiuta continuamente anche se lei lo odia e vorrebbe che sparisse. È talmente perfetto che le mette i bordi per bambini agli spigoli della scrivania perché non si faccia male, che le sistema la porta visto che ci sbatte sempre contro, che continua a girare in macchina tutta la notte pur di non svegliarla quando dorme. Inoltre è ordinato in modo impressionante e cucina come uno chef professionista. Chi non vorrebbe un uomo del genere al proprio fianco? Bhè, all'inizio Ji-yun non si rende proprio conto di quale somma fortuna abbia avuto trovando il segretario Yu, anzi lo maltratta e vorrebbe farlo dimettere, ma la cosa dura davvero poco. Lentamente e inesorabilmente apre gli occhietti e comincia a provare dei sentimenti forti per lui. È davvero imbarazzante come lo guarda e soprattutto come gli sbava dietro, mentre lui, stoico e all'apparenza inconsapevole, continua a salvarla da sé stessa e dai suoi nemici. Ora, vorrei dire che c'è di più in questo drama, ma davvero non c'è altro. Loro si innamorano, in cinque secondi lo sa anche mio zio e la figlia di lui accetta la sua nuova mamma felice e contenta. I due second innamorati rispettivamente di lei e di lui, sono inutili come un ghiacciolo al Polo Nord e i cattivi così ridicoli che ogni loro tentativo di creare scompiglio è quasi comico. Perciò semplicemente non c'è molto altro da dire. Ogni qual volta si viene a creare un problema, questo viene risolto in venti minuti, di orologio proprio. Come il fatto che il padre di Ji-yun sia morto in un incendio per salvare, guarda caso, il segretario Yu. Cinque minuti di tragedia in cui lei sembrava che non potesse mai più perdonarlo, non potesse amare l'uomo per il quale suo padre aveva perso la vita e poi? Niente, puff tutto finito in una bolla. Innamorati persi come prima. Io vagamente perplessa mi domandavo se lo sceneggiatore non avesse avuto proprio voglia di scrivere quel giorno o se avessero tagliato parti a caso per qualche motivo oscuro. Persino quando i cattivi sembrano avere la meglio dura tipo venti minuti la tragedia e poi niente, fine. Risolvono tutto con quattro frasi in croce, e persino il cattivone dei cattivoni diventa un agnellino. Io boh! Cioè io capisco la necessità di fare i drama romantici, davvero lo posso anche sostenere in un certo senso, ma così no. Questo drama che doveva sulla carta essere epico, è stato relegato in un angolo, a causa di scelte di regia alquanto discutibili. Ji-yun tra l'altro una protagonista bipolare. Prima fredda come il ghiaccio e non appena si innamora di lui diventa un cucciolo di labrador scodinzolante, senza neanche più la capacità di concentrarsi. Fa delle dichiarazioni d'amore che ti fanno venire voglia di scappare dall'altra parte a gambe levate ed è così lucida che pare perennemente sudata. Personalmente non mi ha trasmesso niente, neanche simpatia. Lui è forse l'unica cosa che mi ha permesso di andare avanti con la visione di questo drama. È forte, intelligente, compassionevole, sa sempre cosa dire, come dirlo, come prendere le persone, ha tutto quello che uno potrebbe volere e forse è questa la sua grande pecca: non ha difetti. È persino ordinato al punto che mentre sono ad amoreggiare vola in terra un po' di roba e dopo si mette a sistemare a passare l'aspirapolvere! Cioè l'uomo della vita. Però oltre a lui non c'è altro. I second sono insulsi (anche se ammetto che a me piaceva tantissimo Jung-hoon, il figlio del presidente cattivo) e non fanno il loro lavoro, tentando i nostri protagonisti neanche per mezzo secondo e quelli che dovrebbero essere i cattivi, sono al massimo dei barboncini che abbaiano troppo e mordono poco. Perciò, se proprio non avete altro da vedere, guardatelo pure, ma ci sono romantici molto migliori di questo.
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Drama adolescenziale che parla di tematiche molto attuali
Recensito da: Jade IG: _Dramalia_Seino Sakura viene da una famiglia molto severa e mentalmente chiusa quando si parla di relazioni, sesso e quant’altro. Sua madre è il tipo di persona con cui non si può parlare e lei è cresciuta in un clima di repressione e disinformazioni tali da non avere quasi idea delle basi della sessualità. Purtroppo per lei il suo fidanzato, Ryusei, è il tipo che invece non vede l’ora di arrivare al dunque e quindi la invita a casa sua per fare sesso. Totalmente impreparata sull’argomento, Sakura chiede aiuto alle sue due migliori amiche: Tsumugi, una seria ragazzina inquadrata, senza alcun interesse per le relazioni, e Yuna, libertina e spensierata con alle spalle già cinque amanti. Le due, che in realtà non sono affatto esperte, la incoraggiano ad andare fino in fondo, ma quando si trova al dunque, nervosa e spaventata, scappa via di corsa. Scopre così che il simpaticissimo Ryusei non è altro che un manigoldo della peggior specie, che non solo ha raccontato a tutti che si è depilata le zone intime, ma che ha scommesso con gli amici di riuscire a portarsela a letto entro un mese. Sconvolta e amareggiata, Sakura si rifugia nel laboratorio di biologia, dove incontra Asahi Yu, un ragazzo strano, aperto di mente e assolutamente impossibile da mettere a disagio. Tra i due si instaura subito un bel rapporto e presto l’amicizia si trasforma in amore. Viene dunque fuori che Yu è pansessuale e che prima non ha mai amato una ragazza. Si apre così per Sakura un mondo nuovo, totalmente sconosciuto con cui fare i conti. Attraverso di lei e le sue due amiche ci avventuriamo nella sessualità e in tutte le sue sfumature. Passiamo attraverso l’asessualità, problemi di erezioni, verginità, malattie sessuali, gravidanza tra adolescenti, masturbazione, genitori bigotti e chi più ne ha più ne metta. Le tre ragazze si immergono lentamente nelle acque agitate della loro adolescenza, scoprendo più su loro stesse e sui loro amici e affrontando problemi quotidiani che permettono loro di ampliare orizzonti assai ristretti. Si destreggiano attraverso la scoperta non solo della sessualità, ma anche di come approcciarsi col prossimo, di come il sistema condanni gli adolescenti che fanno sesso, ma non li prepari ad affrontarlo. Ci sono temi caldi, in particolare quando Yu confessa di essere pansessuale e viene bullizzato dagli altri, perchè ha avuto rapporti con altri uomini. Oppure quando una ragazzina con un futuro brillante, per l’errore di una volta, finisce incinta a dover abbandonare la scuola che la rifiuta totalmente. Il tutto è condito di risate e di momenti commoventi davvero ben strutturati. Ogni puntata affronta un tema diverso, ma sono tutte collegate, sfociando nell’ultima in cui si vede veramente quanto Sakura sia cresciuta e sia finalmente pronta a fare sesso consapevolmente, affrontando sua madre a testa alta. Ho trovato meraviglioso specialmente il personaggio di Yu, un ragazzo goffo che sembra vivere nel laboratorio di biologia, interessato a tutto e assolutamente stoico nei suoi atteggiamenti. E’ non solo aperto di mente, ma sempre pronto ad aiutare il prossimo, generoso, comprensivo e delicato nei suoi atteggiamenti, insomma un vero gentiluomo. Ho apprezzato anche il modo in cui affrontano tutte queste tematiche, senza scadere nel banale, nel troppo stucchevole politically correct, o nella volgarità. Infatti, anche quando si parla della disinibita Yuna, con i suoi amanti e le malattie sessuali, non si ha mai l’impressione del troppo, dell’esagerazione o della caricatura. Anzi è tutto affrontato coi guanti bianchi e con parole chiare, quasi come se fosse una sorta di drama per insegnare qualcosa ai ragazzini di oggi. Il che non sarebbe male come pensata, se non che in realtà è tratto da un manga. E’ anche interessante il personaggio della professoressa di biologia che aiuta i ragazzi nella loro crescita, mettendosi sempre a disposizione e anzi, difendendoli a spada tratta nel momento del bisogno. E’ lei che alla fine fa comprendere l’importanza dell’educazione sessuale e di parlare chiaramente di problemi impossibili da affrontare in famiglia. Essendo un drama adolescenziale non ci sono scene spinte ed è tutto lasciato piuttosto all’immaginazione, benché si parli apertamente anche di masturbazione genitoriale. Nel complesso l’ho trovato interessante e scorrevole, anche se magari sarebbe stato meglio prendere attori con un minimo di chimica l’uno con l’altro, ma dopotutto non posso chiedere troppo.
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Un Live Action senza sconti!
Recensito da: Effe IG: _Dramalia_Questo è un drama molto particolare, infatti come tanti è la trasposizione televisiva di un webtoon ma, a differenza degli altri, ha la classica forma di un live action in piena regola che riprende e ripropone in toto le azioni che vengono descritte nell’opera originaria, senza sconti. Quindi abbiamo calci volanti che fanno arretrare l’avversario di qualche metro, pugni che sfondano muri, salti dal quarto piano con atterraggi incolumi, botte a non finire con qualche ferita e nessun morto. Non è quindi un genere che ricerca un qualche realismo ma piuttosto una fedele attinenza con il webtoon da cui deriva, e in questo devo dire che “Study Group” riesce benissimo. La storia gira attorno a Yoon Ga-min, un bel ragazzo (interpretato da un azzeccatissimo Hwang Min-yun) che ha tutto l’aspetto di essere il classico topo da biblioteca, il saccentone primo della classe che prende appunti ininterrottamente e sembra l’unico ad essere davvero interessato alle lezioni. Il tipo che ha un futuro ben delineato davanti a sé, con obiettivi di carriera chiari e un percorso già prestabilito. Un medico, forse un avvocato o magari un futuro professore…peccato che Ga-min in realtà sia l’esatto opposto di tutto questo. Con i suoi occhiali dalla montatura nera spessa è realmente l’unico che in classe ascolta e segue le lezioni, studia dalla mattina alla sera, ed è il re delle ripetizioni che prende sin dalle elementari. Il suo impegno è encomiabile, quasi ossessivo, ma i suoi risultati sono pessimi. E quando dico pessimi, intendo davvero pessimi. Ga-min infatti, nonostante l’impegno, è sempre e costantemente da tutta la vita l’ultimo della scuola. Non si capisce il perché, ma è chiaro che studiare non faccia proprio per lui, peccato che il suo unico sogno nel cassetto sia proprio quello di andare al college. Per quel sogno lui lotta ogni giorno, purtroppo senza alcun successo. Ma se nella parte teorica è davvero un caso disperato, la cosa cambia sul piano fisico. Ga-min infatti, allenato da piccolo dallo zio, è un maestro nelle arti marziali. Possiede una resistenza fisica assurda, la sua forza è esagerata e la sua tecnica è assolutamente impareggiabile, questo grazie anche alle mosse proibite che lo zio gli ha insegnato e che, appunto, gli ha proibito di riprodurre in quanto, se eseguite da lui, risultano mortali. Un vero mostro da combattimento che potrebbe tranquillamente sfondare nell’ambito atletico, ma che però preferisce studiare. Ga-min è la rappresentazione vera e propria della tenacia e della resilienza nell’inseguire un obiettivo nella vita, anche se questo sembra essere assolutamente irraggiungibile. E’ un ragazzo che non molla mai, un vero testardo, un combattente fuori dal ring che è disposto a perseguire il suo sogno con ogni mezzo (lecito) gli venga in mente. E uno di questi mezzi è proprio quello di diplomarsi nel peggiore istituto dell’intera Corea, un Liceo Tecnico dove spera di avere più chance di raggiungere nella classifica degli studenti una posizione sufficiente a garantirgli l’accesso all’università. Peccato che presso quella scuola l’unica lista che conti davvero sia quella degli incontri di lotta, una vera e propria gerarchia di studenti lottatori suddivisa anno per anno. Questo Liceo Tecnico sostanzialmente è la rappresentazione Coreana di Quarto Oggiaro o anche della Stazione Centrale di Milano post tramonto, chi è della zona capirà cosa intendo. Tra i suoi corridoi pieni di graffiti e bidoni per cicche di sigarette, si aggirano orde di bulli con l’unico obiettivo nella vita di classificarsi bene nella lista dei combattenti per essere assoldati da una sorta di gang sovvenzionata da un chaebol che va in giro a dettare legge usando minorenni come criminali, così che la giustizia non possa punirli come farebbe con degli adulti. Un piano ingegnoso che vede questi ragazzi, con alle spalle situazioni familiari disastrose, che per il denaro finiscono per assumersi la responsabilità di qualsiasi tipo di crimine rovinandosi più o meno inconsapevolmente la vita. Ga-min, all’interno di questa scuola, fa amicizia con un gruppo di ragazzi e ragazze con i quali fonda un “gruppo di studio” diretto dall’unica insegnante, una delle ex tutor che lui stesso ha avuto in passato, che crede fermamente in loro e nella possibilità di riabilitare il nome dell’intero istituto scolastico. Gli episodi raccontano solo una prima parte dell’intero webtoon, focalizzandosi più che altro sulla formazione del gruppo e indirizzandosi verso la sconfitta del primo “cattivo” che va delineandosi, ovvero Pi Han-wool, figlio del Ceo sotto il quale l’intera organizzazione criminale si è creata e ha preso vita. Han-wool, così come Ga-min, è uno dei personaggi meglio rappresentati del webtoon, sia a livello fisico che comportamentale. Mè anche una delle tante ciliegine che compongono la torta, è quindi palese che il finale di questa serie sia ben aperto ad altre stagioni, con un “futuro” cattivo che nelle note finali si manifesta chiaramente, sebbene il sentore che potesse essere in qualche modo coinvolto era già percepibile fin dall’inizio. La storia chiaramente in generale è molto artefatta, decisamente cartoonesca, irreale, enfatizzata. Assolutamente in linea con quella di un webtoon o anche di un manga o di un anime. Non è difficile l’accostamento a grandi nomi come quello di One Piece, Naruto o Dragonball. La sua bellezza è che è diverso dal solito, ha pochi episodi, scorre bene (nonostante sia sostanzialmente un dramma adolescenziale) ed è indubbiamente fresco. Tantissime sono le scene di violenza, ma non sono azioni fastidiose proprio perché ricalcano l’esasperazione dei fumetti. A me è piaciuto molto, cast particolarmente azzeccato, non ci sono storie d’amore ma non è una mancanza fastidiosa, anzi. Piuttosto è un drama pieno di significati secondari, di morali. E’ il classico drama che ti spinge a non mollare mai un sogno o un desiderio, che racconta il valore della tenacia e della caparbietà ma anche dell’amicizia, dell’unione e del reciproco supporto. E’ un drama di condivisione, di forza, di unione e di miglioramento. Con un’ost imperdibile, è il giusto intermezzo per una dose di carica e adrenalina che ha un sapore davvero nuovo nel panorama dei drama e, inaspettatamente, non manca nel fornire persino qualche sana risata. Consigliato!
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Il mio amore sopravvive al mio corpo
Recensito da: Effe IG: _Dramalia_La domanda è: può un drama romantico che porta con sé tutti i cliché possibili e immaginabili, e che per di più non è nemmeno nuovissimo, essere accattivante nonostante tutto?
“The legend of the blue sea” è la risposta al nostro quesito. Colosso del mondo rom-com, colonna portante dei drama romantici con quelle storie d’amore scontate sì, ma incredibilmente soddisfacenti, questo drama ci accompagna in una narrazione senza tempo, così come la sua trama che parla di leggende e credenze. La sua forte contaminazione fantasy e quel pizzico di crime lo rendono ritmato e interessante, la storia d’amore invece scalda il cuore. Sarà Lee Min-ho, che con questo drama ha raggiunto vette altissime di successo, sarà l’atmosfera, sarà il racconto in sé, ma questo prodotto è una piacevolissima coccola. La sua forza sta proprio nella sua banalità, nel suo essere scontato ma sorprendentemente mai stucchevole o noioso, sempre dolce, caldo, accogliente, piacevole. E’ un drama che ricalca le favole che ci raccontavano da bambini, le stesse che, nonostante tutto, anche da adulti continuano ad emozionarci e incantarci.
"The Legend of the blue sea” racconta la storia di Sim Cheong, una sirena che, una volta sulla terra, trasforma la sua lunga coda in un paio di gambe umane. Un po’ come la Sirenetta, ma senza Ursula e strane magie o maledizioni all’orizzonte. Cheong infatti parla, è veloce ad imparare la lingua degli umani, ha una forza sovrannaturale e possiede l’abilità di cancellare la memoria. Incontra per la prima volta Joon-jae (Lee Min-ho) in Spagna, durante una vacanza dell’uomo dopo l’attuazione dell’ultima truffa portata a termine con i suoi due amici, il giovane hacker Tae-ho e l’esperto truffatore Park Moo. Joon-jae rimane affascinato da un bracciale che Cheong porta al polso, un bracciale che sembra avere un grande valore economico, tanto da farlo arrivare a truffarla, ma l’innocenza della ragazza, unita alla sua bellezza e alla sua stranezza, lo inducono a tornare sui suoi passi per iniziare ad aiutarla. Cheong infatti non conosce nulla del mondo umano, non essendo mai stata prima sulla terra, e Joon-jae è l’unico a cui si sente di affidarsi. Ma la storia è più complicata, si scopre infatti che i due non sono altro se non la reincarnazione di loro stessi nel passato, un passato con un destino tragico che ha visto il loro immenso amore portarli alla morte. Quel passato che torna anche nel presente, includendo tutti coloro che li circondano. Tra perdite di memoria e incontri voluti dal destino, Cheong e Joon-jae, dopo l’avventura in Spagna, al termine della quale la sirena ha cancellato la memoria al ragazzo, i due si incontrano nuovamente a Seoul dove li aspetta un percorso articolato. Un efferato criminale, amante della matrigna di Joon-Jae e vero padre del suo fratellastro, Chi-hyun, è sulle loro tracce, anche i suoi ricordi infatti, come quelli di Joon-Jae, comprendono spezzoni del passato. L’obiettivo è eliminare il ragazzo per ottenere l’eredità della ricca famiglia da cui proviene e impadronirsi di Choeng, le cui lacrime si trasformano in perle dalla rarissima purezza con un enorme valore economico.
La bellezza di questo drama, oltre che nella fiabesca storia d’amore, sta, secondo me, anche nello stretto e familiare rapporto di amicizia che gli sceneggiatori sono stati in grado di creare. Tae-ho, Park Moo, ma anche Shi-ah (una giovane Shin Hye-sun), il cui iniziale sentimento per Joon-jae si trasforma in amore per Tae-ho, così come la bimba e la mendicante, amiche di Cheong, sono un esempio di unione e di totale assenza di discriminazione. E’ incredibile osservare come la diffidenza iniziale di Park Moo nei confronti di una donna sporca che scava nei cassonetti, sia al contrario assolutamente assente nello sguardo innocente di Cheong che rappresenta la purezza d’animo e la totale assenza di cattiveria, invidia o pregiudizio. Così come è assente anche negli atteggiamenti della bimba che mai in un momento appare sorpresa o spaventata da qualcuno che non viene considerato “normale” per la società. E’ importante anche vedere come lei stessa, nel suo atto di mendicare, mantenga intatta la sua dignità e sia in grado, più di chiunque altro nel drama, di fornire conforto e una visione della vita molto più onesta e coerente di quello che potremmo aspettarci. Il messaggio di fondo dunque, anche per queste storie laterali, è davvero importante e non oscura ma bensì impreziosisce la narrazione principale che ci regala la favola di un amore eterno, un sentimento invincibile per la memoria e persino per la morte stessa.
“Il mio amore sopravvive al mio corpo”
E’ così che Joon-jae ci dona la dichiarazione più bella di sempre.
“The legend of the blue sea” dunque è per me una visione assolutamente raccomandata, una vera e propria favola che non sarà in grado di deludervi ma che vi lascerà piuttosto incantati, come quando prima di dormire da piccoli ci appisolavamo mentre qualcuno ci narrava in modo gentile e leggero delle vite di Cenerentola, di Biancaneve o della Bella Addormentata nel bosco.
Una critica? Forse il ruolo della bambina, un personaggio curioso che avrei voluto veder sfruttato meglio e avrei desiderato vedere entrare nella famiglia di Cheong e Joon-jae. La sua stessa assenza nei minuti finali, è stata a mio parere un errore.
Nonostante ciò rimane per me un drama promosso che rientra senza dubbio nelle colonne portanti di questo universo.
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Un drama di donne per le donne
Recensione di: Effe IG: _Dramalia_Questo è un drama di donne per le donne.
Fresco, divertente, irriverente, moderno! Il suo fulcro è la sessualità, il sesso, la ricerca del piacere femminile.
Non è in alcun modo un drama volgare però, né a luci rosse o vietato ai minori, anzi, sfrutta il sesso come filo narrante ma, alla fin fine, i contatti amorosi sono pochissimi e semplici, questo perché “Virtuous business” ci rende fin da subito chiaro che il suo scopo non è parlare di sessualità sfruttando l’onda dello spicy, ma raccontare semplicemente la sfera intima dell’universo femminile per mezzo delle storie personali di donne in rappresentanza di diverse età ed estrazioni sociali.
E’ un drama senza tabù, libero, ambientato in un momento storico per la Corea fatto di pudicizia e censura ma rimane un drama semplice e in alcun modo perverso. Siamo infatti agli albori degli anni 90 e veniamo catapultati letteralmente nelle diverse vite di 4 donne che però, nonostante le loro estreme dissonanze, sono molto più simili di quello che sembrano: sono donne, con le loro storie, i loro segreti, i loro desideri e la loro voglia di libertà e indipendenza. Han Jeong-suk ha un figlio ed è sposata con un attaccabrighe che non riesce a tenersi un lavoro nemmeno a pagarlo oro. Conosciamo Jeong-suk come una persona timida, morigerata, pudica alla massima potenza, sessualmente sottomessa ai voleri del marito, sempre assertiva, canonicamente inserita nella concezione “normale” di un matrimonio di quegli anni in cui l’uomo decideva e la moglie annuiva. Considerata la “bellissima” del villaggio, la vediamo svolgere piccoli lavoretti reputati poco dignitosi, come attaccare gli occhi a dei pupazzi o fare la domestica per gente facoltosa, il tutto per riuscire a racimolare i soldi dell’affitto. Quando però scopre il marito a tradirla, tira finalmente fuori la grinta e lo lascia definitivamente, chiedendo il divorzio. Rimasta sola, non riuscendo a trovare un lavoro per la sua condizione di donna divorziata, risponde ad un annuncio su un giornale e inizia a vendere biancheria intima sexy e giocattoli erotici porta a porta. Con lei conosciamo anche Lee Joo-ri, giovanissima madre single che lavora come parrucchiera e veste con abiti succinti sfidando la morale bigotta del paesello. Bisognosa di denaro per sé stessa e per il figlio, anche lei inizia a vendere porta a porta con Jeong-suk articoli erotici. La terza donna che si unisce a loro è Oh Geum-hee, moglie del farmacista del villaggio, una benestante ma annoiata signora di mezza età che trova per la prima volta una via di sfogo e di divertimento proprio nell’unirsi alla vendita di articoli per adulti con le altre ragazze, con cui stringe un legame di profonda amicizia e complicità. In ultimo Seo Young-bok, la più dolce e buona, ma anche la persona più sfortunata tra tutte: madre di ben quattro figlie, incinta della quinta, vive in un monolocale con la progenie e il marito, un ex galeotto che nessuno assume, costringendo lei stessa a provvedere al mantenimento dell’intero nucleo. Queste quattro donne insieme rappresentano di fatto ogni spaccato possibile della società e manifestano nel modo più esemplare e puro il concetto che la diversità non separa ma unisce, rendendosi testimoni in prima persona di quanto le loro disparità in realtà siano punti di coesione e di reciproco sostegno e comprensione. Ma questo è solo uno dei tanti messaggi di questo drama, “A Virtuous Business” è pieno di sfaccettature, così pieno che elencare tutte sarebbe difficile, come difficile sarebbe evidenziare tutti i suoi contrasti. Siamo davanti ad un prodotto che racconta tantissime storie viste da più punti di vista differenti: il tema della sessualità è sicuramente la trama cardine che lega ogni avvenimento, ma la narrazione va ben oltre. La genitorialità, ad esempio, è un punto fondamentale degli episodi, ed è trattata sia dal punto di vista degli adulti, che da quello dei bambini: dai figli cresciuti in una famiglia tradizionale a quelli di una famiglia di divorziati, figli cresciuti da madri single che sono riuscite a combattere contro il mondo per loro e figli di madri vinte che non ce l’hanno fatta, preferendo rinunciarvi; figli che cercano affetto, figli incompresi o sottovalutati, figli amati, figli perduti. Oppure il matrimonio: quello che si erge su un mare di bugie, quello che viene mantenuto per apparenza, quello pieno d’amore che va oltre gli ostacoli, quello che si lacera. O ancora l’amore: quello nuovo, fresco e giovane che combatte contro gli impedimenti con forza e spregiudicatezza; quello navigato, forte e maturo che supera ogni momento di crisi portando conforto e comprensione; quello che rinasce dalle ceneri di un fallimento e dona nuova linfa vitale; quello che vacilla ma non crolla persino di fronte agli ostacoli più impervi e alle salite più impetuose. E infine la tenacia: quella di cercare la propria madre sfidando tutto e tutti, di volersi affermare come donna, di voler intraprendere un lavoro, di voler lasciarsi andare all’amore, di afferrare le proprie passioni e di vivere il proprio piacere.
Questo è un drama davvero pieno, pieno di racconti, pieno di sbagli, pieno di speranza e di coraggio. E’ un viaggio attraverso l’affermazione femminile, e quindi possiamo dire che oltre ad essere un prodotto sociale e culturale, è anche un drama politico. Insomma, è davvero tante cose.
Condotto e retto da un cast di vera eccellenza, la sua visione ricca scorre piacevole senza far mancare momenti sì di riflessione, ma anche di grandi risate. Non manca nemmeno la componente maschile, sebbene sia certamente oscurata dalle donne che detengono in maniera indiscutibile lo scettro della narrazione. Tra gli uomini spicca Kim Do-hyun, un detective che si trasferisce nella piccola cittadina da Seoul, la sua storia è commovente e particolare, ma soprattutto lui rappresenta in pieno la classica green flag, il punto di rottura con l’uomo medio dalla mentalità retrograda. E’ infatti un personaggio dalla mentalità aperta, affascinante e prestante ma soprattutto accudente e mai opprimente.
In tutto ciò vi domanderete: difetti? In effetti sì, questo drama ne ha uno che purtroppo ritroviamo in molte altre produzioni: il finale. Si tratta infatti di una conclusione a mio parere ancora una volta raffazzonata, insoddisfacente e non al livello della restante narrazione. L’ennesimo gap temporale di 4 anni non aiuta, così come non aiuta la mancanza di informazioni: come ha fatto Jeong-suk ad aprire un sexy shop? Dove ha trovato i fondi? Come ha acquistato la merce che sembrava introvabile? Il suo rapporto con Do-hyun si è interrotto per 4 lunghi anni e riparte così, con loro che si ritrovano all'inaugurazione del negozio? E la contestualizzazione? E poi, che senso ha chiudere con una protesta di abitanti bigotti che viene fermata con un discorsetto da parte della protagonista senza mordente e con dei palloncini che vengono liberati in aria?
E’ mancato il finale, è mancata una conclusione coerente. E questo mi ha infastidito. Per il resto però questo rimane un drama da vedere assolutamente, a prescindere dai gusti.
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L'hype di questo drama è stato alto tanto quanto rovinosa è stata la sua discesa
Recensito da: Jade IG: _Dramalia_Sono confusa, davvero tanto confusa e continuerò ad essere confusa per sempre. Questo drama è completamente diverso da come pensavo che fosse e se per un po' ha mantenuto un certo senso logico, le ultime due puntate hanno buttato tutto all'aria, catapultandomi in un mondo che non aveva né capo né coda, con un finale talmente fuori da ogni schema e logica che pensavo di essere impazzita io. Sapete bene che mi sono fatta abbindolare dalla promessa di un drama sensuale, erotico e in qualche modo anche più esplicito degli altri, questo non importa che ve lo dica. È ovvio, soprattutto perché c'erano delle simpatiche e allusive scene di Lee Su-Hyeok in stile marpione e seduttore, che in realtà durano mezzo secondo netto. Ma non importa, ormai sono avvezza a farmi abbindolare da stralci di scene trovate in giro per l'internet, quindi in un certo senso mi sta anche bene esserci rimasta delusa. Ora, non fraintendetemi, alcune scene spinte ci sono, ma certamente non del nostro bell'attore che si fa pagare fior fiore di quattrini. Questo mai! Al massimo lui può atteggiarsi a grande seduttore, ma neanche troppo, giusto un accenno. Quindi, se dovete ancora vederlo ed era nella vostra lista per questo, cambiate strada. Lee Su-Hyeok fa il detective qui, o almeno ci prova, è anche bravo in realtà, ma ha proprio l'aria di uno a cui non importa niente di nessuno. E infatti un po' è così, soprattutto con la nipote Seong-A ha uno strano rapporto. I due non sembrano neanche parlarsi e, nonostante lui cerchi di portarla a scuola ogni mattina, non si accorge neanche che la ragazza viene brutalmente bullizzata dalle compagne. La massacrano letteralmente di botte, ha i segni in faccia e lui niente, pare troppo focalizzato sui suoi casi. Il più importante al momento riguarda omicidi di donne sole, nel quartiere in cui abita. Alcune donne infatti, sono state trovate morte soffocate nei loro appartamenti e non ci sono tracce del colpevole. Ad aiutarlo a risolverlo entra in gioco una ragazzina strana, che vive reclusa in un appartamento davanti al suo. Non esce mai, ha tutte le finestre sigillate e una fobia che le impedisce qualsiasi contatto con l'esterno. Sappiamo di lei che però vede delle linee rosse sulla sommità del capo delle persone. Sono appunto le S-line, ovvero le linee del sesso. Una per ogni persona con cui si è entrati in intimità. Quando le due persone sono vicine, le linee si congiungono, rendendo impossibile non notarlo. Per questo e perché a causa di questo suo strano potere sua madre ha ucciso suo padre (un traditore della peggior specie), Sin Hyeon-Hop, vive reclusa, lontana da tutto e da tutti. È una ragazza messa a dura prova dalla vita, che ha provato a uccidersi diverse volte, ma il suo corpo si è rigenerato ogni volta, impedendole di trovare la pace eterna. Per tutti questi motivi è un essere solitario, ma quando la vicina di casa, tanto gentile con lei, rischia la vita, Hyeon-Hop si butta al salvataggio, vincendo la sua paura e facendosi anche accoltellare per salvare la donna. Per fortuna il detective Han Ji-Uk interviene e la salva. Dopo di che la ragazza capisce che i suoi poteri si possono usare per aiutare la gente, torna alla vita e viene ovviamente mandata in classe con Seong-A, sua amica di sempre, la quale riceve degli strani occhiali misteriosi. Indossandoli infatti la ragazza acquista la facoltà di vedere le S-line, esattamente come Hyeon-Hop. Ora, se voi aveste degli occhiali magici che vi permettono di scovare ogni piccolo e sudicio segreto delle persone che vi hanno sempre trattato male e bullizzato, non li usereste? Sinceramente forse non lo farei come Seong-A, che comincia a ricattare professori e alunni in egual misura, per farsi pagare e avere quella popolarità che le è sempre stata negata. Ovviamente neanche a dirlo, questo porta la ragazza a fare una brutta fine. Viene infatti spinta giù dal tetto della scuola, ma non muore, finisce invece in coma e lo zio, neanche troppo devastato a quanto pare, inizia a indagare seriamente sulla faccenda. Gli occhiali a questo punto passano di mano in mano, portando sulla loro scia morte e distruzione. Sembra infatti che nessuna persona normale li possegga, ma anzi, vengano dati a gente spostata, con rotelle fuori posto e una psiche piuttosto labile. Sinceramente non ho capito perché vedere le S-line debba farti per forza impazzire e massacrare la gente. Cioè, neanche se scoprissi che il mio uomo mi tradisce lo accoltellerei come fanno tutti questi spostati. Va bene la vendetta, ma così si esagera. Comunque Hyeon-Hop parla di questa faccenda delle linee al detective, che pare crederle in un primo momento, ma è anche piuttosto scettico, solo che alla fine gli occhiali finiscono proprio in mano sua. Essendo probabilmente l'unico dotato di senno, riesce persino a non uccidere suo padre, un uomo vecchio e malato di mente, la cui S-line si collega alla nipote in coma. Una grande forza di volontà e vorrei anche conferirgli il premio: unico sano in questo drama. Comunque lui, che è un paladino della giustizia, usa gli occhiali in modo sano, ovvero smascherando degli stronzi violentatori di ragazzine. Davvero ammirevole. E fin qui tutto bene, certo, un sacco di domande affollavano la mia mente: da dove vengono gli occhiali? Come fa Hyeon-Hop ad avere i poteri dalla nascita? Perché non può morire? Cosa c'è dietro a tutto questo? La colpevole della situazione l'avevo individuata dal minuto 2 praticamente, ma c'erano ancora centinaia di domande che aspettavano risposta, solo che nel mentre ero arrivata all'ultima puntata e ho pensato: vabbè ora mi spiegheranno tutto! E invece no! Nell'ultima, attesissima puntata, va tutto in vacca. Sì perché gli autori, che si erano trovati a scrivere un drama intricato e complicato, dovevano poi tirarne le fila e non avendo una spiegazione che potesse chiamarsi logica, hanno pensato di creare la puntata più senza senso di tutte. Nessuna risposta alle domande ci viene data, anzi, si creano nuovi interrogativi, ancora più oscuri e complessi, ma visto che il drama finisce, rimaniamo tutti appesi e confusi. Io in primis non appena ho capito cosa stava succedendo, colma di delusione, avrei voluto spegnere tutto e dare un voto molto basso al drama o quanto meno andare in rete e sperare che qualcuno più intelligente di me avesse delle risposte da darmi, ma indovinate? Quei quattro gatti che hanno visto la serie sono tutti a brancolare nel buio come me. Perciò vi consiglio caldamente di lasciar perdere, di saltare proprio a piè pari e virare verso lidi più rosei, perché S-line è stato davvero una grande delusione. Certo, ci sono scene hot, alcune anche un po' disturbanti, certo la prima parte è anche appassionante e tiene col fiato sospeso, benché abbia già dei piccoli buchi di trama, gli attori sono bravissimi ed espressivi, l'atmosfera dark-noir tiene incollati allo schermo con l'ansia che qualcosa accada ogni due secondi, ma a conti fatti, alla fine, una sola puntata è bastata per rovinare tutto. Creare un drama con elementi fantasy, non significa solo arricchire una trama, deve avere uno sviluppo e una conclusione, con un senso compiuto, non può essere solo un raffazzonamento di scene al limite del sensato tipo “Lost”, bisogna pensarci bene e prima, senza lasciare la gente indignata e offesa per il tempo perso. Sì, ovviamente parlo di me. Ma vi sfido a guardarlo e a non provare le stesse sensazioni. Anzi no, che poi vi rovinate la giornata.
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Un drama in grado di cambiarci emotivamente e umanamente.
Recensito da: Effe IG:_Dramalia_“Solo due animali sono utili dalla testa ai piedi. Gli esseri umani…e i maiali. La gente pensa che i maiali siano sporchi e puzzolenti, ma non è così. Non solo fanno i bisogni in un posto specifico, ma dormono solo dove è pulito. Fanno spesso il bagno nel fango per rinfrescarsi ed eliminare gli insetti. Ma gli umani iniziarono a rinchiuderli nei porcili. Così i maiali non potevano più lavarsi nel fango e iniziarono a strofinarsi sui propri escrementi. Così sono diventati sempre più sporchi e aggressivi. Non è triste? Ma la cosa davvero triste è questa: i maiali non possono alzare la testa, perciò vivono per tutta la vita fissando il suolo. C’è solo un modo per un maiale di guardare il cielo: cadere. Cadere è un modo per vedere un altro mondo, un mondo che non si è mai visto prima, sia per i maiali che per le persone.”
“Good Bad Mother” nei primissimi minuti ci consegna strettamente tra le mani la sua intera anima, catturandoci fin da subito all’interno di un racconto che, nell’arco di 14 episodi, ci porterà inesorabilmente a mettere in discussione le nostre certezze, le nostre scelte e le nostre emozioni, finendo con il cambiarci, umanamente e sentimentalmente.
Ci sono tanti tipi di drama, tante categorie, alcune più semplici e immediate come i thriller o le romcom, altre più complesse, come quelle che vengono gestite dalle emozioni. Ne fanno parte i drama sentimentali, dolceamari, profondi nella loro delicata narrazione, estremamente commoventi nel loro racconto fatto di dolci risate e amare lacrime. “Good Bad Mother” è uno di questi drama, è un prodotto difficile, intenso, emotivo, doloroso; è un viaggio attraverso noi stessi, è una discussione imparziale tra la nostra mente e il nostro io. E’ uno di quei drama con cui piangere senza freni e ridere a crepapelle. E’ anche un drama che ribalta le convinzioni iniziali, che piega le certezze, che racconta di quanto il dolore possa cambiare una prospettiva, di quanto la paura possa sovrastare l’umanità ma soprattutto di quanto l’amore, alla fin fine, pur nel male, sappia sempre rinascere in qualche modo. “Good Bad Mother” ci narra di una donna, Young-soon, la cui vita è stata ingiusta fin dal principio, privata prima della sua intera famiglia e poi del marito, ucciso per non essersi piegato davanti a chi voleva portargli via il porcile, l'unica fonte di reddito per la quale aveva lavorato sputando sudore e sangue una vita intera. Ferita nell’orgoglio e nell’animo, ostacolata dalla criminalità e dalla corruzione della legge, si ritrova a crescere l’amato e tanto desiderato figlio, frutto di un amore puro e dolcissimo, con estrema durezza e intransigenza, divenendo a tutti gli effetti una “pessima madre”. Il primo sentimento che si incontra, iniziando questo viaggio, è l’umano giudizio con cui è facile puntare il dito contro questa donna dai modi eccessivi che impedisce al piccolo Kang-ho di crescere normalmente e, soprattutto, di perseguire i suoi sogni. Ma la vita è così, nonostante tutte le buone intenzioni, nonostante la si cerchi di prendere con il sorriso, nonostante si canti a squarciagola “Sono Felice”, qualche volta il suo percorso si interseca con il dolore, con la paura, con l’ingiustizia e, inesorabilmente, ci cambia. Cambiano le prospettive, cambia l’umana percezione di ciò che è giusto o sbagliato e allora si comprende che cantare non basta, che sognare non è sufficiente. Si inizia a pensare che si può vivere bene solo se si ha la possibilità di essere più forti degli altri. Ma è davvero così? Mentre vediamo Kang-ho decidere persino di farsi adottare da quello che sappiamo essere l’assassino del padre, mentre in un certo senso capiamo la sua scelta nonostante tutto ed empatizziamo con lui contro l’atteggiamento oppressivo di sua madre, un incidente cambia tutte le carte in tavola, per Kang-ho, per Young-soon e persino per noi. Vediamo davanti ai nostri occhi un ragazzo di 35 anni che torna all’età mentale di un bambino di sette, privato totalmente della mobilità e incapace di prendersi cura di sé stesso da solo. Osserviamo quella pessima madre mettere da parte il suo cuore spezzato e accorrere al suo capezzale, piangiamo con lei mentre i dottori le dicono che dovrà occuparsi da sola persino di cambiargli il sacchetto per le deiezioni. Singhiozziamo davanti a quel cucchiaio di riso che Kag-ho si ostina a rifiutare finché, un giorno, arrivano parole che suonano più dolorose di uno schiaffo in pieno volto, sia per noi giustiziatori della prima ora, che per lei, Young-soo, colpevole senza sconti di essere stata una vera pessima madre: “non mangio perché la mamma dice che se sono troppo pieno, non riesco a studiare.”
Young-soon crolla e noi crolliamo insieme a lei, piegati dalla vita che torna come un boomerang a chiedere il proprio conto, a rinfacciarci i nostri errori, a farceli subire e patire. Quel cucchiaio di riso che un tempo era un impedimento al successo, oggi diviene il sottile confine tra la vita e la morte. Tutto torna ad essere messo in discussione e allora le priorità e le prospettive cambiano ancora una volta. Young-soon cade come cade il maiale e, finalmente, intravede il blu del cielo che non era mai stata in grado di visionare. Il successo e il potere vengono rimpiazzati dal bisogno di vedere quella ciotola di riso venir ripulita per saziare la fame; poi da quelle bacchette che, piano piano, tornano a sollevarsi tra le mani incerte di un ragazzo che non ha mai smesso di combattere; più tardi ancora dalle gambe che tornano a percorrere, seppur con difficoltà, il loro pesante cammino. Infine arriva il rimorso accompagnato da un sentimento di materna protezione, la paura folle di perdere quel figlio recuperato per i capelli e la consapevolezza di aver rovinato i migliori anni con lui, di averlo spinto, inconsciamente, verso il più pericoloso dei percorsi. Ed è allora che il giudizio iniziale si trasforma in compatimento prima e in comprensione poi. Non esiste giustificazione per il modo in cui Young-soo cresce Kang-ho: le privazioni, la sua durezza, l’intransigenza difficilmente possono essere scambiate con amore puro. Ma la realtà non è mai bianca o nera, Young-soo è stata vittima della vita stessa, della paura di vedere quel figlio un giorno schiacciato e ignorato come lo era stata lei in passato, del terrore di non poterlo difendere e del tormento di pensare che lui stesso non avrebbe potuto nulla contro i più forti. È qui che si innesca l’umana comprensione e sì, si intravede anche un pizzico di amore in quella ragazza, madre e donna che ha visto la sua intera famiglia cadere davanti ai suoi occhi. Ma la vita non ha ancora finito di riscuotere il suo salato conto, e Young-soo si ritrova a dover scendere a patti anche con una nemica improvvisa, infida, imbattibile: la malattia. Il tempo inizia a scorrere più veloce mentre prova a cambiare le sorti di quel figlio tanto amato eppure tanto ferito. Ma Kang-ho è forte, e il destino, forse per ricompensarlo, gli viene in soccorso. Quando i suoi arti tornano alla normale funzionalità, la mente li segue, riportando i ricordi intatti. E’ in quel momento che scopriamo davvero quanto un figlio possa amare anche una pessima madre e quanto una pessima madre possa essere in realtà una “buona pessima madre”.
“Una madre può sostituire chiunque, ma nessuno può sostituire una madre”.
Ad accompagnarci in questo viaggio doloroso eppure bellissimo, troviamo gli abitanti di un villaggio rurale, uno stretto gruppo coeso di agricoltori dal carattere apparentemente burbero ma dal cuore gigante. Accanto a Kang-ho invece scopriamo l’incredibile forza e integrità di Mi-joo, il suo grande amore e madre dei suoi bambini. Una donna che è stata in grado di sostenere il suo uomo e persino di lasciarlo andare. Una donna che osserviamo dolorosamente destreggiarsi, divisa tra il risentimento per l’abbandono, la pietà e l’amore mai sopito. Una donna ferita che vede i suoi figli affezionarsi ad un uomo che non sanno essere il loro padre, lo stesso uomo che impara ad amarli senza sapere chi siano e che, seppur privato della memoria, non riesce a non provare dei sentimenti per lei, dimostrando ancora una volta che l’amore va oltre tutto, persino oltre la mente umana. Mi-joo ci insegna la capacità di comprendere, patire e perdonare. Ci dimostra come sopportare e supportare qualcuno. È l’esatta contrapposizione al ruolo di Young-soo, ci regala l’amore incondizionato, univoco, eterno ma libero da tutto, soprattutto dalla paura. “Good Bad Mother” ci parla di amore, un amore che è in grado di vincere la morte, l’ingiustizia, il dolore. Un amore che è ovunque: nell’innocenza dei gemelli, nella preoccupazione dei genitori di Sam-sik (amico-nemico d’infanzia di Kang-ho), nel conforto di una cittadina che è in grado di stringersi attorno agli altri, umile e benevola come solo la pietà umana può esserlo. Un amore che è nell’attesa estenuante di Mi-joo, negli occhi di sua madre che ha paura di vederla ancora ferita e abbandonata, nel cuore di Kang-ho che, per riscattare la sua famiglia, ha finto di abbandonare tutti ma in realtà ha rinunciato solo a sé stesso.
L’amore è nella semplicità del sostegno reciproco, nella cooperazione, nella comprensione, nel dolore, nelle risate, nelle lacrime, persino nella morte. È anche nell’atto di alzarsi in piedi durante il funerale di Young-soo e unirsi, tra i singhiozzi, al canto di “Sono Felice” perché lei, nonostante tutto, ha vissuto con amore e per amore.
“La vita è così affascinante e ti rende infinitamente grata. Quando ti toglie una cosa, la sostituisce sempre con un’altra. Perdere i miei genitori, mi ha insegnato ad apprezzare mio marito; perdere mio marito, mi ha insegnato ad apprezzare mio figlio; rischiare di perdere mio figlio, mi ha insegnato ad apprezzare me stessa per prendermi cura di lui al meglio. Sono stata fortunata a vivere questa vita così preziosa.”
Ho pianto disperatamente con Young-soo, ho riso a crepapelle con Sam-sik, ho cantato a squarciagola con i cittadini durante il funerale, ho sofferto in silenzio con Mi-joo, ho vissuto l’orgoglio di Kang-ho, ho sognato accanto a Ye-jin e Seo-jin (i gemelli), ho cambiato idea insieme a Seung-eon e Ji-seok (due tirapiedi pentiti). Ho giudicato, ho compatito, ho compreso, ho sofferto, ho riso, ho pianto, ho odiato e ho amato.
“Good Bad Mother” non è un drama facile, ma è un drama da vivere almeno una volta nella vita.
Kang-ho, Mi-joo, Young-soon, Sam-sik, Ha-yeong, Ye-jin, Seo-jin, Ji-seok, Seung-eon e tutti gli abitanti del villaggio, non sono in grado di dirvi addio, mi limiterò ad un “ci vediamo”.
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Recensito da: Jade IG: _Dramalia_Cosa può andare storto quando un chaebol illegittimo, viziato e arrogante, viene mandato a fare il detective? E cosa può succedere quando quel libertino senza remore nello spendere il denaro altrui incontra una bella detective dura, intelligente e dal cuore grande? Bhè semplicemente la ricetta perfetta per un drama con i fiocchi!
La storia è semplice, lineare e chiara. Jin I-soo (Ahn Bo-hyun) è quello che tutti chiamerebbero uno scansafatiche con più soldi che cervello. Secondogenito di un conglomerato che fattura triliardi, passa le sue giornate a bighellonare e le sue notti a giocare a guardie e ladri in centri commerciali dove distrugge tutto a suon di pallottole a salve, in nome di un divertimento piuttosto opinabile. Durante una delle feste post gioco, un suo amico viene ferito da un malvivente che scappa a gambe levate. I-soo, ancora vestito da poliziotto, lo insegue e lo pesta pesantemente, finché almeno non arriva la detective Lee Gang-hyeon (Park Ji-hyun), la quale lo arresta e lo porta in centrale. Lei lo vuole incriminare, ignorando le rimostranze dei suoi superiori che vorrebbero il ricco ragazzo in libertà, ma viene fuori che l’uomo pestato da I-soo non è altro che un criminale ricercato dalla stessa Gang-hyeon. Per salvare la faccia sia delle forze armate, sia del padre di I-soo, candidato alle elezioni a sindaco di Seoul, il fratello maggiore di lui e la polizia si mettono d’accordo per fingere che il ragazzo stia collaborando con loro. Immaginate la gioia della detective Lee che si trova un chaebol viziato da dover gestire! Lei e la sua squadra già sono odiati da tutti, con lui al seguito diventano lo zimbello della centrale, senza contare che tra di loro non scorre propriamente buon sangue. I-soo se ne frega delle regole, pensa che con i soldi si risolva tutto, è spericolato e irrispettoso, perciò i suoi colleghi faticano a sopportarlo. Il fatto poi che abbia un sesto senso incredibile e che le sue intuizioni si rivelino quasi sempre giuste, non aiuta affatto il clima. Caso dopo caso, lo vediamo affrontare cattivi di tutti i generi, aiutando i suoi colleghi in tutti i modi possibili, persino tirando fuori grosse quantità di denaro di tasca propria. Si caccia sempre nei guai, ma ha anche un cuore grande, uno spirito di osservazione unico e il suo umorismo strappa risate a più non posso. La prima parte della storia è principalmente incentrata su loro che vanno in giro a caccia di birbaccioni della peggior specie, ma il plot twist era ovviamente dietro l’angolo. Durante le puntate infatti veniamo informati che la detective Lee ha un padre che ama tantissimo, ex impiegato della stessa stazione di Gangha, radiato in seguito a una tangente che sembrerebbe avesse intascato da parte di un’associazione tutt’altro che pulita. La figlia non ha mai creduto alle accuse e negli anni ha sempre cercato di ripulire il suo nome, per riportare il padre al posto che gli appartiene. Oltre a questo anche I-soo sembra avere degli scheletri nell’armadio tutt’altro che tranquilli e simpatici. La morte di sua madre è un mistero tutt’ora da risolvere e il ragazzo soffre di incubi e buchi di memoria su quel giorno fatidico. I due, insieme spalla a spalla, si districano dunque tra i fantasmi del loro passato e gli omicidi del presente. Ammetto che non avevo grandi aspettative, ma Ahn Bo-hyun mi ha piacevolmente colpita, andando oltre ogni aspettativa con la sua recitazione. Riesce perfettamente a incarnare il ragazzo spensierato con troppi soldi, per poi crescere, diventare un uomo responsabile e affidabile, un compagno di squadra di valore a cui i suoi compagni possono affidare la vita, per poi approdare a una parte più introspettiva e dolorosa, quando deve affrontare i suoi demoni e il suo passato. Davvero bravo, espressivo, divertente e commovente. Con lui un plauso anche alla sua collega, che viene un po’ messa in ombra dalla sua carismatica presenza di scena (soprattutto quando è nudo), ma cerca comunque di tenergli testa, ingaggiando con lui un vero e proprio braccio di ferro. Hanno una grande intesa e mi è sinceramente dispiaciuto non vedere uno sviluppo sentimentale tra i due, che avrebbe potuto dare al drama quel punto in più che invece gli è mancato. Nel complesso però vi consiglio vivamente di vederlo (se la violenza non vi infastidisce), perché è un concentrato di risate, lacrime ed emozioni davvero ben fatto. La lunghezza di sedici episodi da un’ora non appesantisce affatto, volando via senza quasi che uno se ne accorga.
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Un romantico giusto, sia nella durata che nella trama!
Recensito da: Effe IG: _Dramalia_“Serendipity Embrace” è uno di quei drama che io definirei “giusti”. E’ giusto nella sua durata, appena 8 episodi che raccontano una bella storia d’amore in modo completo e senza appesantirla con clichè, storie secondarie inutili, sottotrame campate per aria all’ultimo o con l’espediente di familiari troppo invadenti che farebbero saltare la pazienza anche ad un Santo. E’ giusto nel suo genere, è un romantico nudo e crudo che non viene tirato per le lunghe e riesce così ad esprimere la sua essenza in modo estremamente piacevole e coinvolgente. E’ giusto anche negli attori utilizzati che sono in questo caso 2 volti noti al pubblico, Kim So-hyun e Chae Jeong-hyeop, che dimostrano una bella chimica e appassionano in fretta il telespettatore. E’ giusto nella tipologia di trama che racconta, proponendo una narrazione completa che si interfaccia egregiamente con dei flashback ad hoc davvero apprezzati. Ed infine è giusto nello spazio che dedica ai personaggi secondari, che non vengono più utilizzati come tappabuchi ma semplicemente come arricchimento del racconto.
La storia è quella di Lee Hong-ju, che conosciamo come aspirante produttrice di cartoni animati, e Kang Hu-yeong, un genio della matematica che lavora per una grossa società in America.
I due si incontrano durante il periodo scolastico, mentre Hu-yeong è il miglior studente della scuola e si destreggia tra premi e apprezzamenti, Hong-ju, accompagnata dall’amica bruttina Hye-ji, è la scavezzacollo della scuola. Indisciplinata, entusiasta, sempre attiva, scopre che l’amica ha una cotta per Hu-yeong e, per aiutarla, inizia a inseguire il ragazzo consegnandogli di volta in volta delle lettere d’amore da parte di Hye-ji. Questo però fa avvicinare i due che iniziano ad affrontare delle avventure insieme, una delle quali vede Hu-yeong seguire Hong-ju durante una fuga dalla scuola per andare a consegnare un regalo romantico al ragazzo, arruolato, di cui è innamorata. I vari momenti insieme portano i due inesorabilmente a creare un legame prima d'amicizia e poi forse d’amore, forse perché improvvisamente Hu-yeong viene trascinato dalla madre in America. Passano 10 anni e i due si incontrano di nuovo in modo casuale quando, Hong-ju, erroneamente, scambia in un bar Hu-yeong per il suo appuntamento al buio. I contatti tra loro si riallacciano e si riaccende anche la scintilla di un tempo. Hong-ju però deve fare i conti con ben due problematiche: da una parte il trauma dell'abbandono che l’accompagna sin da bambina, dall’altra l’ex fidanzato che riappare dal nulla dopo essere sparito 3 anni prima. Hong-ju deve quindi comprendere se i sentimenti che prova per Hu-yeong sono davvero d’amore e se quel sentimento che ha provato per il suo ex per più di 10 anni, è finalmente sparito. Dal canto suo Hu-yeong invece è perfettamente certo di essere innamorato della giovane, così come del resto lo è sempre stato, scopriamo infatti che Hong-ju è stata il suo primo vero, grande amore. Ovviamente di contorno abbiamo gli amici dei due: Hye-ji in primis che ritroviamo anni dopo la scuola trasformata in una professoressa bellissima, il suo amore per Hu-yeong ha resistito nel tempo ma, appena si accorge che il ragazzo in realtà è innamorato dell’amica, ed è anche corrisposto, non ci mette nemmeno un secondo a decidere di farsi da parte; impossibile non nominare Baek wook, lo zio di Hu-yeong, la quota indiscutibilmente comica di questo drama che rende alcuni momenti incredibilmente esilaranti, personaggio irrinunciabile; e poi c’è Sang Pil, il cui ruolo è solo apparentemente marginale, lui è l’amico dei tempi della scuola di Hu-yeong che, dopo la sparizione di quest’ultimo, ha sofferto la sua assenza e si è attaccato a Hong-ju e Hye-ji, andando a costituire un trio molto dolce di amici. Sang Pil è l’unico che sembra non avere un interesse amoroso, appare infatti interessato solo al suo ristorante e al rapporto di amicizia che coltiva con gli altri protagonisti, in realtà però, durante una scena finale, condivide con noi telespettatori (e solo con noi, cosa molto particolare e apprezzata) una piccola rivelazione non detta che non ci stupisce poi così tanto: il suo primo amore sembra essere stata proprio Hye-ji, e questo fatto, non banale, aggiunge un certo spessore alla trama. In questa narrazione infatti ho colto qualcosa in più di quello che in apparenza sembra trasparire dagli episodi che, di fatto, raccontano una favoletta romantica. In 8 puntate viene raccontato, in modo molto soft ma pur sempre chiaro e con varie sfaccettature, il concetto di “amore”. “Serendipity Embrace”, nei suoi minuti, ci racconta di tanti tipi di amore: il primo amore che si concretizza, il primo amore che scompare per lasciare il posto ad un altro, il primo amore che semplicemente non viene ricambiato. Ma anche l’amore abbandonato, vinto dalla paura o forse semplicemente non così forte come avremmo potuto pensare. L’amore sofferto, l’amore vissuto, l’amore ritrovato, l’amore mai sopito. E poi l’amore successivo, maturo, nuovo, quello che può anche dimostrarsi più forte e determinato del primo. E’ un drama piccolo, ma che da tanto. Una visione leggera, piacevole e godibile per delle serate in tranquillità, ma con anche qualche significato nascosto che io amo sempre ricercare e trovare, e che mi porta a quelle riflessioni che mi lasciano sempre un qualcosa in più del classico e canonico “carino”e basta.
Per me è un bel drama e vi consiglio assolutamente la visione.
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Un drama inaspettato che parla dell'accettazione di sé stessi!
Recensito da: Jade IG: _Dramalia_Benvenuti nella rubrica: a Jade piacciono cose senza senso!
Voi lo sapete quanto io sia critica, quanto io detesti alcuni dei drama più famosi per motivi oscuri e incomprensibili a persone dotate di un cervello reattivo e vi ammorbi continuamente con le mie lamentele o critiche. Eppure poi, senza un motivo apparente, senza una logica degna di questo nome, all'improvviso ecco che mi appassiono a un drama che non avrebbe alcuna ragione di catturarmi, che proprio non dovrebbe neanche passarmi per la mente di vedere, e invece eccoci qui, a soffrire tutti insieme!
La storia parla di una ragazza di provincia, tale Fukunaga Haruka, che si trasferisce a Tokyo per studiare (non l'ho mai vista aprire un libro ma ok) e vivere la sua vita al massimo. Invece finisce per lavorare in un ikazaya ventisette milioni di ore a settimana, andare a lezione e collassare nel suo microscopico quanto disordinato appartamentino. Alla soglia del suo ventesimo compleanno, Haruka però si prende una sbandata enorme per il suo collega Kurotaki Keisuke, un tipo allegro e spensierato, che sembra il classico farfallone ma non lo è. A causa di un malinteso (in realtà è lei che si fa i film campati per aria), Haruka pensa di avere un appuntamento con Keisuke e presa dal panico per il suo aspetto sciatto da maschiaccio, cerca di correre ai ripari con scarsi risultati. Mentre si reca a fare shopping però, incontra, o si scontra, con Kamiyama Hikaru. Ora, bisognerebbe proprio essere ciechi e anche un po' tonti per non accorgersi che la persona davanti a lei non è altro che un uomo, ma Haruka è la classica ragazza un po' svampita e ingenua che piace tanto a tutti, perciò è convintissima che Hikaru sia la sua fata madrina, nonché nuova migliore amica appena eletta. Questo pover'uomo, la trucca e la veste, neanche avesse una bacchetta magica e facesse incantesimi di bellezza, preparandola al meglio per il suo appuntamento. Purtroppo Haruka viene a patti con la realtà e capisce che Keisuke non aveva alcuna intenzione di chiederle un appuntamento, ma quando la vede tutta in ghingheri cambia idea. Vorrei sottolineare la superficialità di questo uomo, ma lasciamo perdere, mi pare davvero inutile. Comunque Keisuke si rivela anche un ragazzo a posto, sorridente e divertente, ma ogni volta che Haruka deve uscire con lui, corre in lacrime da Hikaru, chiedendogli aiuto. I due diventano inseparabili, anche quando finalmente viene fuori la verità, ovvero che la sua dolce amica alla moda non è altro che un ragazzo a cui piace vestirsi da donna. Ovviamente il fatto che Haruka accetti la cosa così serenamente, senza battere ciglio e continui a comportarsi con lui normalmente, fa sì che Hikaru si innamori di lei, ma il ragazzo (un martire a mio parere) continua comunque ad aiutarla a finire tra le braccia di Keisuke. Io non so con quale forza di volontà, vi dico la verità, ma è davvero ammirevole. Mette sempre la felicità di lei davanti alla sua e nonostante a volte si veda lontano un miglio che ha il cuore a pezzi, sorride e la trucca, senza mai farla sentire a disagio. Quindi la nostra eroina alla fine si mette con il ragazzo dei suoi sogni e io ero tipo: ok, ma seriamente? Cioè, tutto molto bello, ma possiamo smettere di ingarbugliare la storia? La risposta è stata un sonoro: NO. Infatti buttiamo nel mezzo anche la ex fidanzata di Keisuke, un amico fin troppo interessato a Hikaru e una serie di malintesi che aiutano a rendere il drama piuttosto carino e divertente. Però io vi giuro che ancora non ho capito perché Keisuke e Haruka si siano lasciati, ma non importa. Cioè in realtà ai fini della trama importa, ma il risultato è comunque che lei, aiutata anche da tutto il concerto di gente attorno, capisce quanto davvero Hikaru sia importante per lei e che la loro è molto più di un'amicizia. Sono entrambi imbranati e a disagio nel loro primo appuntamento, come due cuccioli che cercano di capire come passare da migliori amici ad amanti, senza rovinare tutto e distruggere un rapporto importante. Lui dolcissimo che si libera dei vestiti da donna per lei, cercando di non farla sentire a disagio, anche se comportarsi in maniera virile mette a nudo una fragilità immensa. Sono dolcissimi i loro primi approcci, quei baci dolci e teneri e anche le problematiche di essere una coppia che deve sopportare le critiche della società. Forse avrei preferito che venisse approfondito il rapporto di Hikaru con i suoi genitori, che viene solo accennato come teso ed evitante, ma in fin dei conti ho apprezzato comunque la storia che rimane sempre scorrevole e mai pesante. Non è un drama introspettivo, ma porta con sé dei messaggi davvero belli. Credo che l'accettazione di sé e dell'altro sia sicuramente il fulcro di tutto, ma è anche piuttosto interessante il nascondersi di Hikaru dietro i vestiti da donna, come se fossero uno scudo contro la realtà e la durezza del mondo in cui viviamo. Avrei sicuramente apprezzato qualche puntata più strutturata in questo senso, invece il concetto viene solamente abbozzato e sono sicura che la maggior parte degli spettatori non ci abbia fatto caso. Ci sono dei punti in cui i dialoghi sono un po' oscuri e alcune situazioni un po' forzate, in cui hanno proprio voluto spingere per creare problemi tra i due, ma nel complesso è un drama che scorre bene, piacevole e divertente. Non vi aspettate la trama della vita e neanche le interpretazioni del secolo, ma se avete un pomeriggio in cui non sapete cosa guardare, io ve lo consiglio.
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L'happy ending è passato di moda?
Recensito da: Effe IG: _Dramalia_A questo drama potrei dare numerose definizioni.
E’ un po’ come il palo dell’attraversamento pedonale che spunta a sorpresa mentre siete in bicicletta con la musica sparate nelle cuffiette (non fatelo, è pericoloso!). E’ come il panettone (lo specifico per Jade che evidentemente ha trovato la patente nelle patatine: quel coso tondo solitamente giallo e in cemento, chiamato anche dissuasore stradale, che viene messo in determinate aree per evitare accessi o soste delle auto) che appare all’improvviso dietro il vostro paraurti mentre ingranate la retromarcia. E’ come il comodino alle 3.00 di notte quando vi svegliate con l’arsura in bocca manco foste stati un giorno intero in mezzo al Sahara, lo stesso comodino che mentre assonnati vi dirigete al frigorifero vi colpisce dritti sul mignolino. Sempre il mignolino, solo lui. E’ anche un po’ come quando dopo una giornata infernale sai che l’unica consolazione è un dannato cucchiaio di Nutella ma, non appena ti accingi ad affacciarti al mobiletto delle meraviglie, l’assenza del barattolo che hai opportunamente buttato nella differenziata una settimana prima ti travolge e ti sconvolge come uno schiaffo in pieno volto. Più doloroso della ciabatta di tua madre, del cucchiaio di tua nonna e della consapevolezza che l’età avanza perché sì, l’hai proprio scordato mentre facevi la spesa.
Insomma, per farvela breve, il finale è disastroso. Il punto è che non te lo aspetti, ma proprio no. Per niente. E questo è ancora più fastidioso.
"You are the apple of my eye” si presenta come un drama soft, con premesse romanticose e un'aura sognante, tipica dei drama teen. L’ultimo che si era presentato allo stesso modo era stato “20th century girl", maledetta me che ci casco sempre e mi faccio infinocchiare da premesse fasulle. No, tranquilli, stavolta almeno non ci scappa il morto, gli unici a rischiare un collasso sarete voi, ma nulla che dei sali non possano sistemare per tempo, quindi, armatevene.
La trama è semplice: Seon-ah è la classica studentessa modello: bravissima, intelligentissima, bellissima, altissima, purissima e levissima. Ovviamente è l’irraggiungibile che tutti desiderano, la cotta di ogni studente maschio etero e non, il futuro della nazione intera e bla bla bla. L’unico apparentemente immune al fascino della donzella è Jin-woo, un suo coetaneo molto carino, non il classico bulletto ma piuttosto un mezzo genio totalmente svogliato e abbastanza belloccio. A lui di lei interessa poco, anzi si chiede perché tutti i suoi amici sbavino letteralmente su di lei, questo finché un giorno Seon-ah gli si avvicina decidendo non si sa bene perché di aiutarlo. Oddio, “non si sa perché” no, è chiaro che sia attratta da lui. Quando poi Jin-woo inizia ad avere ottimi risultati a scuola grazie al suo aiuto, la cotta di lei diventa ancora più evidente e pure Jin-woo ci casca con tutte le scarpe. Sicché i giorni tra i banchi passano, gli anni pure e loro si diplomano ma succede un fattaccio. Jin-woo, grazie ai miglioramenti ottenuti, finisce a studiare a Seoul in una grande e prestigiosa università, l’infallibile Seon-ah invece fallisce proprio l’ultimo esame, il più importante, e viene scartata ovunque, tranne che in una università di provincia. Cambiano quindi sogni e prospettive dei due che in ogni caso si scambiano il braccialetto dell’ammmore e finiscono insieme (no, niente baci, né ora né mai, mettetevi l’anima in pace. Tragedia nella tragedia). I due dunque si separano e la lontananza non aiuta la relazione. Seon-ah inizia ad essere infastidita da tutto mentre Jin-woo, dal canto suo, sviluppa nuove passioni e interessi come lo sport da combattimento, cosa che però, non si capisce bene come mai, a Seon-ah sta letteralmente sulle palle, emozione che non tenta nemmeno di nascondere davanti a lui. Insomma i due, l’unica volta che Jin-woo reagisce e tenta di ribellarsi, finiscono per litigare e si mollano. Qui intervengono gli amici che più o meno simpaticamente cercano di conquistare lei ma nada, non c’è storia, quindi alla fine consolano lui. Passano gli anni, Jin-woo sta svolgendo il servizio militare, una perturbazione meteorologica si scaglia sul paese e colpisce la zona dove sta Seon-ah, lui quindi dopo anni di silenzio stampa trova il modo di chiamarla e, nonostante il telefono di lei si scarichi, i due si confessano reciprocamente ancora i loro sentimenti mai sopiti. E noi felici perché ormai ci avviamo al finale e si prospetta una bella conclusione molto happy. Passa del tempo (sì, ancora, non l’ho mica scritto io il drama, non prendetevela con me), Jin-woo è al lavoro e gli arriva una chiamata, è Seon-ah che lo attende fremente. Cambio dell’inquadratura. Sala matrimoniale. Entra Seon-ah in abito bianco, siamo a 3 minuti dalla fine.
Frase finale: “Se un uomo ama davvero una donna, le augura la felicità quando trova qualcuno che la ama.”
Jin-woo entra nella sala ricevimenti e si siede tra gli invitati mentre Seon-ah prosegue verso lo sposo.
Fine.
Allora, io non sono conosciuta per essere una persona calma, anzi. Quindi non so quale Santo sia intervenuto e mi abbia fermato dal lanciare pc e piattaforma raffreddante (sì, quella per evitare che i portatili si surriscaldino) fuori dalla finestra. Chiunque sia, io, il mio portafoglio, il mio pc e la piattaforma ringraziamo sentitamente. Però non ho potuto trattenere una sequela di parolacce. Io lo so che di questo drama andrebbe apprezzata l’atmosfera fine anni 90 inizio 2000, perfetta per i nostalgici di natura come me, so anche che le scene sull'amicizia dei personaggi sono bellissime, anche queste studiate ad hoc per suscitare nel telespettatore ricordi di un’adolescenza volata via troppo in fretta, riconosco persino che l’idea della rappresentazione che il proprio primo amore non debba necessariamente essere anche l’ultimo è davvero interessante, così come il fatto che nella vita sia importante andare oltre, crescere e maturare, non arenarsi sulle prime impressioni o le prime emozioni. Che poi è una regola fondamentale della vita, no? Ebbene, io da semi-adulta coscienziosa tutte queste cose le so, le comprendo ma rimango comunque e dignitosamente un essere semplice. L'happy ending per me è come la cioccolata a fine giornata, come il piumoncino in una notte di pioggia, come il mio cane che si accoccola accanto a me quando mi viene da piangere, come il tramonto d’estate…ma che vuol dire che questa tizia mi sposa un altro così, all’ultimo secondo? Ma in che senso? Ma perché? Ma chi è sto qua? Cos’è successo dal “ho sempre amato solo te” per arrivare al “ehi, sposo un altro!” perdindirindina?! Ha preso una botta in testa la fanciulla? E’ stata minacciata? Non si capisce.
Amare è lasciare andare, amare è libertà propria e altrui. Urliamolo pure perché è sacrosanto. Ma santa pazienza non siamo mica davanti a “It end with us”, questo è uno stramaledetto film coreano per teenager, fate sposare sti due disgraziati e lasciate in pace i miei nervi!.
In tutto ciò mi sono resa conto che c’è un’emozione mancante all’interno di “Inside Out”. Io pensavo di essere gestita dalla cara vecchia “Ansia” e invece no, manca la mia emozione capo: ESAURITA.
Questi drama mi esauriscono.
Io e i film coreani non andiamo d’accordo. Proprio no.
Siete avvisati, occhio al finale! Non venite a lamentarvi con me poi eh…
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La terza stagione è quella del colpo di grazia, e non in senso positivo!
Recensito da: Jade IG: _Dramalia_Attenzione la recensione contiene spoiler in abbondanza!
Attenzione la recensione contiene un sacco di malcontento dell'autrice!
Attenzione la recensione contiene fin troppi consigli di andare a vedere altre serie!
Come Jade aveva previsto e ampiamente già detto nella recensione della seconda stagione, la terza è quella che ha dato il colpo di grazia a una serie che non doveva esistere, fermandosi con la prima, meravigliosa, stagione. Quando la gente diventa avida di denaro e comincia ad arrampicarsi sugli specchi, poi raccoglie ciò che ha seminato: un bel niente! Le critiche a questa terza stagione sono fioccate, ma io, che mi reputo imparziale e un giudice che pensa con la propria testa, non ne ho letta neanche mezza, quelle che leggerete sono tutte farina del mio sacco! Essendo io un'appassionata di questo genere, vi sconsiglio caldamente di vederla, in realtà potete fermarvi alla prima, o magari guardarvi “Alice in Borderland” o “The 8 show” che sono decisamente prodotti migliori. Dalla cima della mia saggezza, come preannunciato, la scelta di dividere i giochi in due parti per me è stata decisamente una scelta infelice, ma non il colpo di grazia, quello ce lo regala il finale. Avendo spezzato così di netto il fluire della storia, si fa fatica a entrare in empatia con i personaggi e perciò quando muoiono come mosche durante il primo crudele gioco del nascondino, si rimane quasi indifferenti alla loro dipartita, anche se diciamolo: ci hanno provato di brutto a farci piangere. Purtroppo per loro le lacrime che ho versato sono state più che altro per me stessa che mi sono dovuta sciroppare un'ora a puntata di noia. Sì, lo ammetto, in più di un'occasione mi sono annoiata e posso giurarlo in tribunale. Ho trovato davvero noiose tutte le parti relative alla ragazza nord coreana in cerca della figlia perduta, così come quelle della ricerca dell'isola da parte del nostro meraviglioso Wi Ha-Joon. Diciamocelo sinceramente: minutaggio sprecato che poteva essere usato meglio. Né lei né lui portano davvero qualcosa in più alla storia, anzi entrambi sono ripetitivi nelle loro scene e anche un po' scontati. Lo capiva anche uno scemo chi era il traditore su quella barca! D'altro canto però i giochi organizzati dai malvagi sono davvero belli e pieni di pathos. Si vede che hanno dato il massimo sia nella regia che nella realizzazione, e anche con la sceneggiatura, che però dobbiamo dirlo: fa acqua da tutte le parti. Come ho già ampiamente criticato nella seconda stagione, continuo a dire che quattro storie raffazzonate senza flashback siano davvero ridicole. Ma perchè non hanno tagliato qualcosa della nord coreana per farci vedere Jo Hyeon-ju e la sua vita? Per chi non sapesse i nomi è il trans interpretato da un magistrale Park Sung-hoo, uno dei miei personaggi preferiti che fa davvero una fine meschina e anche un po' senza senso. Chi mi ha sorpresa positivamente però è Si-wan, il padre maniaco delle crypto, che ha mandato tutti in bancarotta. È stato incredibile, magnifico, un attore superbo che con la sua recitazione mi ha fatta davvero tremare e sospirare. Peccato che il suo ruolo sia per la maggior parte marginale e che alla fine non si comprenda davvero bene cosa gli passi nella testa. Avrei davvero voluto un approfondimento sulla sua psiche e ciò che gli stava succedendo, così come ho sentito la mancanza di più informazioni sul Frontman. Un personaggio ambiguo, complesso, intenso e a tratti umano, che però non capiamo mai fino in fondo. Rimane un mistero, sia la sua storia, sia ciò che gli accade dopo e persino il suo comportamento alla fine. Decisamente si è sentito il vuoto in quel caso. Ma affrontiamo i due elefanti nella stanza: numero uno la bambina. Ora, una donna incinta era lì a partecipare ai giochi, cosa che di per sé era già abbastanza stupida, soprattutto che fosse riuscita a sopravvivere, ma che nel mezzo di nascondino, in cui c'erano persone a darle la caccia, questa partorisca e nessuno, ripeto nessuno, la senta, è fantascienza. Evidentemente gli sceneggiatori non hanno ben presente come funziona il parto. Questa in tre spinte mette al mondo una bambina, con una caviglia rotta e una vecchia a farle da levatrice. Nessuno la sente, fa la bambina e come niente fosse riprende il gioco, neanche fosse stata alla spa. Già per me era no. Non solo, per salvare lei e la bambina la vecchia uccide il proprio figlio! Udite, udite, una madre che accoltella il sangue del suo sangue per salvare la pelle a due sconosciute...potete chiedere a chiunque, ma mai nella vita risponderebbero che potrebbero compiere un atto tanto abominevole. Certo, lui probabilmente sarebbe morto comunque, ma non per mano sua. Hanno poi cercato di rimediare alla faccenda, facendola impiccare, ma per me il danno era già stato fatto. E poi hanno pensato di calare l'asso di briscola: ma perchè non facciamo partecipare la bambina appena nata (nessuno la cambia, mangia due volte nel corso di due giorni e non piange mai, tra l'altro fatta in CGI malissimo) al posto della madre morta? Certo, mi pare proprio l'idea migliore, una genialata insomma. Lo sceneggiatore non so cosa si fosse calato quel giorno ma ecco, nel momento in cui la bambina entra in gioco, affidata alle cure di 456, per me hanno suonato le campane a morto per annunciare la dipartita di “Squid Game”. So che loro l'hanno pensata come una forma di riscatto per Gi-hun, so che volevano aggiungere pathos, ma per me è risultata solo una scelta ridicola. Ha portato sicuramente a momenti di alta tensione, ma sono dell'idea che si sarebbero comunque potuti ottenere senza aggiungere un elemento così discordante. Chiaramente le storie collaterali di Wi Ha-joo e la nord coreana sono state completamente inutili, il che è già abbastanza fastidioso, ma il finale gli ha proprio dato il colpo di grazia: risulta infatti ovvio che i giochi continueranno made in America. Lo guarderò? Assolutamente no. Mi è bastata questa coreana. Purtroppo questa terza stagione non mi è piaciuta molto, chiaramente non tutto è da buttare e ascoltando anche l'intervista con il regista, ho capito molte delle sue scelte, anche se purtroppo non posso condividerle. Vi consiglio di ascoltarla, se come me non siete uscite da questo finale col sorriso sulle labbra. Non vi consolerà, ma almeno potrete iniziare a capire. Personalmente vi consiglio caldamente di non guardarla, ma so che molti lo avranno già fatto, se non altro per non incappare in spoiler ovunque, ma se siete ancora indecisi davvero non fatelo.
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